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Origini storiche e prospettive nell'ambito della “developmental psychopathology”

Le relazioni come esperienza traumatica

Ogni volta che si parla di trauma psicologico, ci si riferisce ad una manifestazione psichica prevalentemente negativa che ha come conseguenza diretta la disorganizzazione del sistema psichico della persona.
Le esperienze traumatiche, quindi, riguardano un complesso di vissuti emotivi particolarmente dolorosi per la persona che diventano, di conseguenza, non mentalizabili, a causa della mancata simbolizzazione avvenuta nell’ambito delle relazioni primarie trascuranti e che, per tanto, possono avere degli esiti psicopatologici sullo sviluppo della personalità del soggetto.
Ovviamente, come già più volte sostenuto all’interno di questa dissertazione, la psicopatologia dello sviluppo sostiene che per ogni singolo individuo esiste un percorso di sviluppo specifico, e di conseguenza ogni esperienza traumatica avrà degli effetti specifici che dipenderanno dalla vulnerabilità e dalla resilienza della persona.
Le manifestazioni psicopatologiche di una esperienza traumatica possono derivare dai seguenti fattori di stress:
- Da un evento traumatico di natura violenta, come ad esempio un evento di morte;
- Da una serie di microtraumi relazionali avvenuti nelle prime fasi dello sviluppo emotivo e che si sono ripetuti successivamente nell’adolescenza.
L’esperienza traumatica mette in moto le dinamiche soggettive di ricerca di aiuto e di conforto, ovvero le dinamiche che abbiamo già visto nel sistema di attaccamento, e questo suggerisce l’utilità di studiare le esperienze traumatiche in stretta connessione con le relazioni.
La psicopatologia dello sviluppo sostiene, infatti, che una esperienza diviene psicologicamente traumatica, cioè lesiva delle funzioni essenziali dell’apparato mentale, non solo per la presenza di fattori di paura e dolore, ma anche per la simultanea assenza di relazioni sociali che per via innata ci si aspetta che possano intervenire fornendo protezione.
Un forte dolore, o una minaccia alla propria vita, può essere superato senza danni psicologici se intervengono protezione e conforto da parte della figura di attaccamento.
La psicopatologia dello sviluppo ha già evidenziato come vivere in un ambiente relazionale sicuro rappresenti la condizione essenziale perché si possano formare nella mente del bambino delle tracce mnestiche legate al piacere e al calore generate da queste relazioni.
Di contro, gli stili di attaccamento “traumatici”, si accompagneranno ad una capacità di elaborazione cognitiva dei vissuti emotivi prettamente negativa.
In condizioni di relazioni primarie adeguate, cioè in quelle in cui il caregiver si è dimostrato come una “base sicura”, di fronte ad una esperienza stressante, le esperienze di realtà tendono a disorganizzarsi solo temporaneamente, ma nei casi di grave carenza e trascuratezza emotiva, nei casi di maltrattamento e abuso, si assiste ad un fallimento dei processi di integrazione dei modelli di relazione interiorizzati, che daranno origine a modelli operativi interni dissociati.
Per esempio, con il termine di “trascuratezza emotiva” s’intende una tipologia di abuso che potremmo definire “occulto”, ovvero nascosto e di difficile percezione e quindi inosservabile dall’esterno. In questo tipo di abuso i segni fisici possono anche non essere presenti e i segni psicologici sono di difficile rilevazione, ma l’esito di tale esperienza traumatica produce diverse fragilità psicologiche, ed in particolare agisce sul senso d’identità della persona. Nel campo relazionale, quindi, quando si parla di trascuratezza emotiva ci riferiamo ad una specifica configurazione di accudimento caratterizzata da assenza di reciprocità emotiva per cui i bisogni emotivi del bambino vengono svalutati dalle esigenze e dai bisogni della figura di attaccamento.
La trascuratezza emotiva, in questi termini, include i fenomeni tipici dell’attaccamento insicuro, quali:
- Disinteresse o disimpegno da parte dei genitori;
- Rovesciamento dei ruoli;
- Comportamenti diretti al dominio psicologico del bambino;
- Avversione verso l’autonomia e l’esplorazione.
Esperienze ripetute nel tempo di trascuratezza emotiva all’interno delle relazioni primarie, possono provocare nel bambino una fragilità e vulnerabilità del Sé, che diventa a sua volta una incapacità a gestire e modulare psicologicamente le emozioni traumatiche, fino ad aprire la strada all’uso disfunzionale delle difese dissociative.
Holmes, parla nei casi di perdita di coerenza del Sé, di “accudimento traumatico”, di “un’inesauribile trauma catastrofico” e, di “un’intollerabile agonia dell’essere”.
La Main e Hesse sostengono che un legame di attaccamento traumatico genera nel bambino una confusione tra amore e dolore e se, in questa relazione, prevale la mancanza di amore, il bambino tenderà ad introiettare un “oggetto antivitale”, generando confusione, una disorganizzazione dell’attaccamento stesso e, come sostenuto da questi autori, “un terrore senza soluzione”.
Parlando di trauma non possiamo non fare un breve accenno al “Disturbo Post-Traumatico da Stress” (PTSD).
Numerosi studi hanno chiarito che anche i bambini nelle prime fasi dello sviluppo possono sviluppare il PTSD, confermandone la sintomatologia tipica dell’età evolutiva. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Origini storiche e prospettive nell'ambito della “developmental psychopathology”

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Informazioni tesi

  Autore: Armando Biamonte
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Psicologia
  Relatore: Annalisa Scanu
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 184

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Parole chiave

autismo
psicosi infantili
teoria dell'attaccamento
disturbi di personalità
psicopatologia dello sviluppo
strange situation
disturbi delle relazioni
interazione sociale
esperienza traumatica
developmental psychopatology

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