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L'assicurazione della responsabilità civile di enti pubblici e aziende sanitarie

La natura della responsabilità civile della struttura sanitaria e del medico ospedaliero

Il rischio medico professionale nella sanità pubblica e, più in generale, la complessità che caratterizza l’attività sanitaria, hanno determinato negli ultimi decenni un notevole incremento della dinamica conflittuale e risarcitoria tra pazienti, medici e aziende sanitarie. Tale fenomeno è costantemente monitorato dalle compagnie di assicurazione, le quali attraverso la definizione di adeguati programmi di risk management, finalizzati all’individuazione dei rischi, cercano di predisporre le coperture più idonee per fronteggiarlo, tenuto conto che le richieste di risarcimento dei danni da parte dei pazienti o dei loro famigliari sono caratterizzate da sempre maggiore frequenza, e che ciò determina un aumento del costo medio dei sinistri e quindi dei premi per la copertura dei rischi.

Appare opportuno riportare alcuni dati statistici per comprendere meglio la complessità e la gravità, (soprattutto dal punto di vista delle conseguenze per la salute dei pazienti), che possono contraddistinguere il sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie.

Dall’analisi della giurisprudenza dalla Corte di Cassazione, si può notare che negli anni 1948-1990 su 224.619 massime archiviate, soltanto 35 erano casi di responsabilità medica (pari allo 0,02% con una media di 0,83 casi per anno). Al contrario, nei diciannove anni successivi (1991-2009), i casi di responsabilità medica ascendono a 138 su un totale di 263.849 massime, pari allo 0,5%, con una media di 7,26 casi per anno. Ma ciò che rileva ancora di più è non tanto il numero, quanto il trend dei casi di colpa medica portati all'esame della Suprema Corte, che appare in progressiva accelerazione: sempre nel citato periodo di tempo (19912009) si è passati da zero casi trattati negli anni compresi tra il 1991 e il 1996 a punte di 25 casi (anno 2004), con un assestamento negli ultimi tre anni pari a 9, 11 e 14 casi.

Tali dati possono essere confrontati con quelli di alcune ricerche pubblicate: in particolare, secondo un’indagine, nel 1998 in Italia si potevano salvare 78.974 vite umane se si fosse dato maggiore rilievo alla prevenzione primaria (45.586 decessi), alla diagnosi precoce (7.831 decessi), all’assistenza preventiva e all’igiene (25.557); un recente studio del New England Journal of Medicine ha rivelato che un rigoroso lavaggio delle mani, l’uso di maschere e guanti in alcuni reparti di rianimazione del Michigan è bastato a ridurre il tasso di infezioni del 66% in 18 mesi.
Per quanto riguarda più nello specifico gli errori medici, secondo l’Associazione degli anestesisti, fino al 2004 ogni anno in Italia 14 mila persone sono morte per cause riconducibili agli stessi (errori in sala operatoria, dimenticanze nella somministrazione delle terapie, ecc) e 320 mila hanno riportato conseguenze dannose a seguito di inidonei trattamenti sanitari; i settori maggiormente a rischio sono stati individuati attraverso un’analisi dei dati da parte della Commissione Tecnica sul rischio, istituita da ministero della salute con i seguenti risultati: il 32% degli errori sono stati commessi in sala operatoria, il 28% nei reparti di degenza, il 22 nei dipartimenti d’urgenza, il 18% negli ambulatori.

Tra le diverse specializzazioni in campo medico, la concentrazione degli errori professionali è maggiore in ortopedia e traumatologia (16,5%), in oncologia (13%), in ostetricia e ginecologia (10.8 %), in chirurgia generale e in anestesiologia (10%).

È stato sostenuto che il fenomeno della “sinistrosità” della sanità pubblica ha assunto dimensioni eclatanti per una molteplicità di fattori riconducibili alle seguenti cause:
a) una maggiore sensibilità e consapevolezza dei propri diritti da parte dei pazienti/utenti;
b) le denunce pubbliche, anche grazie ad opportune inchieste giornalistiche, sul degrado degli ospedali e la “malasanità”;
c) un’immagine eccessivamente felice della medicina (alimentata anche da alcuni prodotti di fiction dei mass-media), che crea delle aspettative miracolistiche di cura e guarigione;
d) una maggiore complessità del rapporto medico/paziente in tutte le fasi dell’attività sanitaria (prevenzione, prognosi, diagnosi, intervento, trattamento terapeutico), a partire dall’acquisizione del consenso informato;
e) una crescente sensibilizzazione della magistratura verso la tutela dei diritti dei cittadini attraverso la piena operatività dei principi contenuti nell’art.32 della Costituzione e il conseguente allargamento dell’area di responsabilità dei sanitari;
f) una crescita del costo dei sinistri in seguito all’introduzione del danno biologico e morale nella valutazione del danno alla persona.

Viene poi sottolineato che l’ampliamento dei mezzi utilizzati nell’attività medica e la possibilità di poter usufruire di strumenti tecnologicamente sempre più avanzati nella cura dei pazienti, finiscono per aprire nuovi fronti di responsabilità derivanti dall’impiego di macchinari sofisticati e dall’esecuzione di interventi complessi e delicati che possono creare ulteriori potenziali pericoli: si pensi all’uso di valvole cardiache o di protesi d’anca o di lenti intraoculari che dopo l’intervento risultino difettose, creando evidenti danni ai pazienti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'assicurazione della responsabilità civile di enti pubblici e aziende sanitarie

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Olga Millet
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Marino Bin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 312

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