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Rappresentazioni di un’eroina ambigua: Giuditta nella Bibbia e in due componimenti medievali inglesi

Modelli biblici femminili: le Giuditte incomplete

Numerose sono le figure femminili cui l’autore di Giuditta fa appello per costruire la propria eroina. Come si legge nell’introduzione alla Bibbia CEI, in Giuditta “ciò di cui si vuole parlare è l'ideale di una donna eroica, che viene descritta mettendo insieme elementi diversi e disparati già noti dalle Scritture più antiche. Giuditta  richiama l'inganno di Tamar (Gen 38,14-15), la fredda determinazione di Giaele (Gdc 4), la perfidia di Dalila (Gdc 16) e l'astuzia di Abigàil (1Sam,30)”. Riferendoci poi alle fonti citate in Otzen, all’elenco non solo si aggiungono “Sarai and Rebekah, […] Bathsheba, Ruth”, ma anche Debora, Ester e Susanna, Dina e perfino una anonima figura di donna che nei Giudici compare solo il tempo di commettere un fugace omicidio. Considerando ora più ampiamente anche le eroine che abbiamo solo introdotto nel paragrafo precedente, la lista è completa.

Nel tentativo di fare ordine in tale tumultuoso insieme di personaggi, abbiamo ritenuto opportuno ordinarli secondo il grado di efferatezza delle loro azioni: per prime coloro che muovono le trame del destino degli Israeliti attraverso le loro azioni o con il solo uso dell’astuzia e dell’eloquio, in maniera via via più incisiva, fino a coloro che, armate di ben più grande coraggio, spingono le proprie gesta fino all’omicidio. Riprendendo le fila dal capito 16 della Genesi, troviamo Sara, che, come anticipato, lascia saggiamente che il proprio consorte Abramo abbia un erede con Agar, la giovane schiava egiziana da cui egli avrà Ismaele, per far sì che il popolo israelita abbia la giusta successione; nel momento in cui però Sara darà miracolosamente alla luce Isacco, ella caccerà sia Agar sia Ismaele, ristabilendo la legittimità della propria posizione di moglie. La maggiore differenza tra l’atteggiamento della sua antenata biblica e quello di Giuditta sta nel dubbio espresso da Sara al momento della chiamata divina: data la veneranda età, sia lei sia Abramo non credono alle parole di Dio, ma anzi ne ridono, seppur bonariamente; Giuditta non avrà invece alcuna incertezza sulla riuscita del suo piano proprio poiché divinamente ispirato.

Ancora, nel capito 27 della Genesi, questa volta è Rebecca a manipolare Isacco per il bene futuro di Israele: con il suo intervento riesce a far sì che egli benedica come primogenito il figlio prediletto, Giacobbe, al posto di Esaù, cui la benedizione sarebbe spettata per diritto di anzianità. Ella predispone un vero e proprio imbroglio ai danni di Isacco, ormai anziano e cieco, ordinando a Giacobbe di vestire gli abiti del fratello maggiore, in modo da averne l’odore, e coprendo a costui le braccia con pelli di capretti, in modo da renderle pelose come quelle del fratello (Gn 27,5-17): come previsto, Isacco, riconoscendo in un primo momento la voce di Giacobbe, viene poi ingannato dall’odorato e dal tatto, che gli indicano invece Esaù. Quando quest’ultimo tornerà dalla sua battuta di caccia, smaschererà l’inganno ordito ai suoi danni, promettendo vendetta. Rebecca interviene qui ancora una volta con arguzia e lucidità, spedendo Giacobbe a Carran, presso suo zio Labano, per sottrarlo all’ira del fratello. Il picco del suo coraggio viene raggiunto con l’esporsi alla maledizione di Isacco pur di rassicurare il figlio sulla validità del piano; il suo ritratto appare comunque appena delineato, la personalità e gli intenti scarsamente sviluppati.

Altro esempio di madre che assicura al figlio favorito il bene maggiore, in questo caso il governo del regno di Giuda, è contenuto nei Libri storici: compare qui Betsabea, sposa di Davide, che seguendo il consiglio del Profeta Natan intercede presso il consorte affinché il figlio Salomone, spodestato dal trono dal fratello maggiore Adonia ancor prima di avervi acceduto, venga fatto re (1Re 1,11-21): nel suo discorso a Davide, che occupa lo spazio di quattro lunghi versetti, ella fa astutamente leva sull’irriverenza dimostrata da Adonia, il quale si era appropriato del titolo di re nonostante la volontà dell’ormai anziano padre avesse stabilito che la successione al trono fosse di Salomone.

È però nell’Esodo che troviamo il prototipo più famoso di madre protettiva e donna sovversiva: per preservare il nascituro Mosè dall’ordine di gettare tutti gli Ebrei nati maschi nel fiume Nilo, impartito dal faraone alle levatrici del popolo ebraico, Iochebed non esita dapprima a disobbedire e nascondere il piccolo, e poi, non potendo riuscirvi per oltre tre mesi, lo affida alle rive del Nilo con la speranza che la provvidenza divina lo salvi. Come Giuditta, ella sfida dunque gli ordini impartiti dall’alto in nome di un moto interiore di ispirazione divina. Il suo ruolo è comunque limitato a questo breve episodio. Un’altra potente figura femminile dell’Esodo è invece Maria, fin da bambina parte della storia di Mosè: se dapprima è spettatrice silenziosa dell’episodio sul Nilo, da adulta ella avrà un ruolo ben più importante, divenendo profetessa e guida di Israele accanto ai fratelli Mosè e Aronne; anch’essa, come Giuditta, è nubile, tratto che, come si è visto nel § 2.1. a proposito della divinità Anat, le connota come donne non destinate a una sorte ordinaria.

Il carisma di Maria è però tale da necessitare una correzione: la punizione divina non tarderà ad arrivare in Num 12,1-16, quando ella, soggiogando il fratello più mite Aronne, si spingerà a mettere in discussione l’autorità di Mosè a causa della scelta di quest’ultimo di prendere in moglie una donna etiope; allontanata dall’accampamento ebraico poiché resa lebbrosa da Dio, verrà riabilitata dopo un isolamento di sette giorni grazie all’intercessione di Mosè stesso. Punto stilistico in comune tra la narrazione di Giuditta e quella di Maria è il canto che entrambe intonano con la popolazione dopo la vittoria: nell’Esodo Maria canta e danza con i tamburelli, spingendo le altre donne a seguirla, dopo che il Mar Rosso si richiude sugli inseguitori egiziani; in Giuditta succede altrettanto a seguito della vittoria dei Betuliani sugli Assiri.

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Rappresentazioni di un’eroina ambigua: Giuditta nella Bibbia e in due componimenti medievali inglesi

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Castellino
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Maria Elena Ruggerini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 175

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sintassi
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