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Dinamiche occupazionali e disuguaglianza

Sindacati, dispersione salariale e disoccupazione

L'effetto egualizzante delle LMI sui salari è determinato in larga misura dall'azione dei sindacati. Questa, espressa attraverso la contrattazione collettiva, risulta uno dei principali strumenti di autoregolamentazione dei rapporti di lavoro. I sindacati possono essere visti come organismi che cercano di massimizzare il benessere dei loro iscritti appropriandosi di una parte delle rendite generate dall'attività produttiva. Gli incrementi salariali rappresentano una delle vie principali attraverso cui raggiungere questo obbiettivo. In genere, i sindacati puntano ad ottenere salari più alti principalmente per i loro iscritti. Ciò implica che l'effetto dei sindacati sulla dispersione salariale dipende in larga misura da quale categoria di lavoratori questi rappresentano. proposito, Nel 1956 Milton Friedman26 sosteneva che i sindacati, con la loro azione, determinassero ad un aumento della disuguaglianza tra i lavoratori. Secondo la tesi di Friedman, l'azione dei sindacati determina un aumento dei salari solo nel settore sindacalizzato. A seguito di questo aumento le imprese appartenenti a questo settore ridurranno l'occupazione. Ciò determinerà un aumento dell'offerta di lavoro in quei settori che non sono sindacalizzati che a sua volta condurrà ad una riduzione dei salari in questi settori. Nel settore sindacalizzato i sindacati fanno si che si formino salari maggiori rispetto a quelli che si formerebbero in un mercato del lavoro perfettamente concorrenziale. Le imprese del settore sindacalizzato reagiscono riducendo l'occupazione. Ciò determinerà un aumento dell'offerta di lavoro nel settore non sindacalizzato (che passa da O' a O'') e quindi una diminuzione dei salari in quest'ultimo. L'effetto finale sarà quello di aumentare la disuguaglianza salariale. Inoltre, dato che negli anni cinquanta i sindacati rappresentavano maggiormente i lavoratori che si collocavano nella parte alta della distribuzione dei salari, Friedman sosteneva che questi non solo aumentavano la disuguaglianza tra settori sindacalizzati e non (effetto between), ma anche all'interno della stessa industria (effetto within).

Dopo Friedman anche altri economisti sostennero questa tesi. Questa visione iniziò a cambiare solo verso la metà degli anni sessanta quando Jhonson, attraverso uno studio empirico mostra che i sindacati comprimono la distribuzione dei salari riuscendo ad ottenere aumenti salariali soprattutto per i lavoratori meno qualificati. Nel 1984, in uno studio condotto su USA, Gran Bretagna e Canada, Freeman e Medoff ribaltarono completamente la visione di Friedman, secondo la quale l'azione sindacale genera disuguaglianza. I due economisti mostrarono che gli effetti dei sindacati sulla disuguaglianza sono ambigui. In linea con Friedman anche questi due autori sostengono che i sindacali tendono a spingere verso l'alto solo il salario dei propri membri. Tuttavia, empiricamente emerge che l'effetto between è dominato da altre tre conseguenze dell'azione sindacati. Innanzi tutto i sindacati tendono a ridurre la dispersione salariale all'interno dei settori sindacalizzati. Inoltre, grazie alla coordinazione delle politiche sindacali la dispersione salariale risulta minore anche tra diversi settori sindacalizzati. Infine, contraddicendo Friedman, i due studiosi evidenziano che l'azione dei sindacati favorisce soprattutto i colletti blu. Infatti, secondo la loro analisi lo skill premium all'interno dei settori sindacalizzati è minore rispetto ai settori non sindacalizzati. Quindi, secondo questo studio i sindacati hanno un effetto egualizzante solo se l'effetto within domina l'effetto beetween,e ciò dipende da chi i sindacati rappresentano. Se i sindacati rappresentano ilavoratori più qualificati, allora l'effetto dei sindacati è quello di aumentare la disuguaglianza (come mostrato da Friedman), viceversa, il loro effetto è quello di ridurre la disuguaglianza salariale. Lo stesso Freeman nel 1993 trovò che il declino dei sindacati era responsabile del 20 % dell'aumento della disuguaglianza salariale negli USA tra il 1978 e il 1988. In seguito molti studi hanno trovato una relazione negativa tra il tasso di sindacalizzazione e la dispersione salariale.
Ci sono diverse ragioni in base alle quali i sindacati dovrebbero comprimere la distribuzione dei salari. I sindacati potrebbero perseguire intenzionalmente politiche egualitarie, ad esempio Agell suggerisce che l'azione dei sindacati volta a ridurre i differenziali salariali potrebbe cercare di porsi come alternativa alla redistribuzione della tassazione progressiva. Tuttavia tale effetto sarebbe temperato dall'effetto occupazionale. Va poi considerato che i sindacati sono organizzazioni democratiche che riuniscono tra loro diverse tipologie di lavoratori, ne consegue che è lecito aspettarsi che queste rappresentino le preferenze del loro iscritto mediano. Se l'iscritto mediano è rappresentato da un lavoratore poco qualificato30 che percepisce una retribuzione più bassa rispetto al lavoratore medio, il sindacato implementerà politiche orientate alla riduzione della dispersione salariale, soprattutto mediante l'aumento dei salari più bassi. Ciò tenderà quindi a ridurre lo skill premium e le disuguaglianze salariali. Va considerato poi, che nella maggior parte dei casi le politiche salariali collegano la retribuzione alle caratteristiche del posto di lavoro piuttosto che a quelle della persona. È corretto attendersi che le la distribuzione delle occupazione sia molto meno dispersa rispetto a quella delle abilità. Ciò costituisce un'altra ragione per cui l'azione sindacale tende a ridurre le disuguaglianze salariali nei settori coperti dall'accordo. Ad oggi diversi studi empirici hanno evidenziato un forte correlazione tra l'azione sindacale e i la dispersione salariale. Tuttavia anche in questo caso, prima di affermare che i sindacati con la loro azione contribuiscono a ridurre la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, va considerato l'effetto che l'azione dei sindacati ha sul tasso di disoccupazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dinamiche occupazionali e disuguaglianza

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Informazioni tesi

  Autore: Felice Radesca
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Finanza
  Relatore: Giovanni Pica
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

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Parole chiave

mercato del lavoro
disoccupazione
sindacati
occupazione
impiego
cuneo fiscale
progresso tecnologico
reddito familiare
disuguaglianza salariale
dinamiche occupazionali
salario minimo

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