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Nativi Digitali: adolescenti sempre in contatto

I nativi digitali tra privacy e condivisione

Molti ricercatori, nei più svariati campi, stanno cercando di fornire un senso a tale attitudine dei nativi digitali.
Gli psicologi hanno elaborato il modello decisionale della divulgazione, secondo cui l’attività di pubblicare i propri dati personali, dal numero di cellulare alle foto delle vacanze, attività volontaria e consapevole, è volta all’ottenimento di determinati obiettivi che possono essere l’approvazione sociale, la solidarietà o il semplice divertimento. Secondo il modello, gli individui, in qualità di attori razionali, stabiliscono se divulgare o meno informazioni personali in una data situazione, rappresenti una buona strategia per raggiungere gli obiettivi desiderati, e se i benefici previsti superino i rischi derivanti da tale diffusione.
Ora abbiamo ragione di credere che i giovani o buona parte di essi (basta fare un giro su YouTube per rendersene conto) sottovalutino questi pericoli agendo in maniera più irrazionale rispetto alle persone mature. Fra i pericoli che corre una sedicenne vi è la possibilità che le proprie informazioni diffuse da lei o da terzi, siano accessibili ad altri per un lungo periodo di tempo e in contesti che lei non si aspetta.
Mai prima d’ora nella storia dell’umanità le informazione su di un giovane sono state così accessibili a tanti altri e in modo così libero e pubblico.
Esiste inoltre un rischio enorme: quello rappresentato dall’uso che terzi potrebbero fare di tali informazioni in futuro. È recente la notizia di un file, accessibile a tutti tramite torrent, contenente più di cento milioni di profili Facebook, scaricato da mille persone in un solo giorno. Nomi, cognomi, telefoni, e-mail e amici, sono di fatto disponibili nei normali processi di ricerca e quindi a rischio di un uso illegale. La raccolta, conservazione e soprattutto utilizzo dei dati personali è regolata da norme più o meno severe a seconda dei paesi, ma questo non esclude un uso improprio degli stessi, magari per aggiornare o integrare banche dati già esistenti e autorizzate.
Chi non cerca di tenere sotto controllo o adattare la propria identità digitale, perché magari non è abbastanza esperto per farlo o semplicemente perché preferisce rendere i suoi dati accessibili a tutti, potrebbe in futuro imbattesi in datori di lavoro restii ad assumerlo, dover affrontare discorsi imbarazzanti con i propri figli su ciò che ha fatto in gioventù, potrebbe essere trovato da persone con cui non vuole avere niente a che fare ecc….
La nostra nativa digitale esperta è pienamente consapevole del fatto che pubblicando una foto sulla sua pagina di MySpace, questa sarà immediatamente visualizzabile nel mondo intero e che lo resterà per molto tempo. Ma sa anche che, rimanere al di fuori dell’espressione di sé nello spazio digitale costituisce un rischio: quello di essere meno in contatto con i suoi amici informatizzati, quello di non poter sviluppare le abilità sociali che derivano dall’interazione online o ancora quello di non potersi dedicare a forme di gioco e di sperimentazione dell’identità.
I nativi digitali esperti conoscono molto bene il funzionamento dei paradossi del mondo digitale ma questo non è sufficiente. Tanto per cominciare, molti di essi non sono consapevoli delle scelte che possono operare nel momento in cui iniziano ad usare un servizio online. Perfino i più esperti ammettono di non aver quasi mai letto linee di condotta sulla privacy dei vari servizi o di aver effettuato un confronto fra le diverse linee di condotta.
Fatto ancora più sconcertante è costituito dalla libertà dei fornitori di tali servizi di stravolgere tali linee guida in qualunque momento. Man mano che un sevizio vede crescere la sua base di utenti può infatti subire pressioni da parte delle aziende per attirarne sempre di più. Un esempio emblematico è quello di Facebook. Il famoso social network inizialmente non permetteva che i profili dei suoi utenti comparissero nelle ricerche su Google, ma nel settembre 2007 le cose cambiano: attualmente cercando il nome di una persona su Google, ci apparirà, fra i tanti risultati, la sua pagina di Facebook. Spostandoci nella sezione immagini del sito, vedremo addirittura le foto in cui l’utente è stato taggato da terzi e magari senza che l’interessato ne sia a conoscenza.
A meno che non cambi qualcosa, la capacità dei ragazzi di tenere sotto controllo le informazioni che li riguardano diminuirà anno dopo anno. Finora, nessuno nato-digitale, è vissuto ancora nell’età adulta. Nessuno ha sperimentato una vita intera vissuta con la rete: i nativi digitali saranno i primi a farlo. I giovani necessitano della guida di genitori e insegnanti ma raramente la ricevono. I genitori sono spesso i primi a pubblicare online foto e informazioni riguardanti il loro bambino fin dai primi attimi di vita o a pretendere di seguirli ovunque attraverso la tecnologia in nome della sicurezza e del controllo. Cosa si può fare dunque per la privacy nell’era digitale? [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Nativi Digitali: adolescenti sempre in contatto

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Informazioni tesi

  Autore: Claudio Maturi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Pubblicità e comunicazione d'impresa
  Relatore: Lucilla  Rami Ceci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 142

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