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Le misure Coercitive

Provvedimenti aventi ad oggetto gli obblighi non suscettibili d’esecuzione forzata

Da un’analisi svolta, si è potuto agevolmente constatare che né l’art. 474, n. 1, c.p.c. né l’art. 2818, né l’art. 2953 c.c. impongono in alcun modo di instaurare una correlazione normale o necessaria tra condanna ed esecuzione forzata, quindi oggetto della condanna potrebbero essere solo gli obblighi suscettibili di esecuzione forzata nelle forme del terzo libro del codice di procedura civile.

Dall’analisi del nostro diritto positivo emerge invece anche l’esistenza di numerose disposizioni di legge che esplicitamente prevedono la condanna ad obblighi non suscettibili di esecuzione forzata: cioè quelle disposizioni che, dettate con riferimento alla tutela giurisdizionale di singole situazioni soggettive, esplicitamente assegnano alla condanna una funzione repressiva e preventiva che non potrebbe essere garantita attraverso il ricorso alla sola tecnica dell’esecuzione forzata.

Ricordiamo:
- L’art. 7, l’art. 9, l’art. 10, c.c. prevedono esplicitamente il contenuto della sentenza di condanna per l’ipotesi di violazione del diritto al nome o all’immagine. In questi casi si è alla presenza di due tipici diritti della personalità il cui godimento è assicurato attraverso l’imposizione di una serie di obblighi di non fare a carattere continuativo; essendo i diritti della personalità dei tipici diritti a contenuto e funzione non patrimoniale, una loro tutela giurisdizionale adeguata potrà essere fornita solo ove l’ordinamento processuale sia idoneo a prevenire oltre che reprimere la violazione: ciò di cui ha bisogno il titolare del diritto non è tanto la eliminazione degli effetti della violazione già compiuta, quanto l’impedire, la violazione futura.

Il legislatore mostra negli art. 7, 9, 10 c.c di aver avuto consapevolezza di questa esigenza di tutela; negli articoli in esame ha, infatti, espressamente previsto che la condanna possa avere ad oggetto oltre al riconoscimento dei danni, anche l’ordine di cessazione del fatto lesivo. Il risarcimento dei danni è diretto ad eliminare gli effetti della violazione già compiuta: è diretto cioè ad attuare una forma di tutela repressiva. L’ordine di cessazione del fatto lesivo è diretto invece ad impedire la continuazione della violazione: è diretto, cioè, a garantire l’adempimento degli obblighi continuativi di astensione, realizzando in tal modo una tipica forma di tutela giurisdizionale preventiva la cui attuazione non potrà per definizione avvenire attraverso la tecnica di esecuzione forzata, sia perché l’adempimento dell’obbligo di non fare in quanto tale non è suscettibile di esecuzione forzata, sia perché l’esecuzione forzata realizza sempre e solo una tutela repressiva della violazione già compiuta e mai preventiva.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le misure Coercitive

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Informazioni tesi

  Autore: Angela Lauri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Salvatore Boccagna
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 61

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