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La fortuna dei Bronzi di Riace

La tecnica di costruzione delle statue

La tecnica costruttiva delle grandi statue bronzee di figure umane presenta caratteristiche peculiari, frutto di una tradizione specifica che nelle statue greche del periodo classico raggiunse una completa padronanza dei mezzi tecnici e la capacità di adattarli alle esigenze della creatività artistica. Per quanto concerne la statuaria greca, studi hanno dimostrato5 che la tecnica di costruzione delle grandi statue bronzee greche sia stata solo quella della cera persa cava con anima in terra, applicata con il metodo diretto o con quello indiretto. Il secondo metodo rappresenta un raffinamento del primo e fa uso di calchi negativi ausiliari; esso teoricamente potrebbe offrire le possibilità di costruire statue identiche tra loro, ma non era questo lo scopo principale di tale tecnica, che consentiva un risparmio di materia prima e una maggiore praticità di lavoro, oltre ad offrire una nuova possibilità espressiva.

Alcuni studi hanno dimostrato che la tecnica indiretta non risale, come spesso è stato affermato, al periodo ellenistico, ma vi sono prove della sua applicazione sin dagli inizi del V sec. a.C. Per quanto riguarda i due Bronzi, è possibile affermare con una certa sicurezza che la tecnica impiegata per realizzarli fu quella della cera persa indiretta per tutte le parti del corpo, eccetto che per i capelli e la barba della statua A e la barba e la calotta cranica della B. In questa sede, cercheremo di seguire i passaggi attraverso cui le due statue vennero realizzate e di porre l'accento sui momenti e sugli aspetti salienti di tale processo. In primo luogo, nella tecnica indiretta era necessario costruire un modello iniziale su cui prendere i calchi: di tale modello non restano tracce materiali all'interno della statua, e di conseguenza è molto difficile stabilire con certezza di quale materiale esso fosse fatto.

L'ipotesi più attendibile è che esso fosse modellato in una terra diversa da quella dell'anima di fusione, e fosse sostenuto da un'intelaiatura in legno; esso veniva rifinito in tutti i dettagli anatomici, ma molti particolari ulteriori venivano aggiunti sul modello in cera. Come si è detto, da questo modello venivano ricavati dei calchi ausiliari negativi, sui quali veniva poi plasmato il modello in cera. I calchi ausiliari, di gesso o argilla, erano composti da diversi tasselli, che permettevano di dividere le parti della statua da fondersi separatamente: per formare questi calchi, anche il modello originale in terra veniva sezionato. Nel caso dei nostri bronzi, è facile immaginare che le parti del modello originale che furono sezionare fossero esattamente le stesse che nelle statue sono visibilmente congiunte alle altre tramite saldatura: le mani, le braccia, i piedi, le dita medie dei piedi, il torso, le gambe, la testa e il sesso. Probabilmente, inoltre, nel momento in cui si presero i calchi la testa era sprovvista dei capelli e della barba.

I calchi, come si è accennato, venivano poi ricoperti sulla superficie interna di cera d'api, da sempre usata per le fusioni a cera persa. Essa veniva applicata in almeno tre modi differenti e ciascuno di essi lascia delle tracce particolari sulla superficie interna del bronzo. Nel caso dei Bronzi di Riace, non è possibile stabilire con certezza il metodo applicato, ma gli spessori del bronzo, che corrispondono a quelli della cera, misurati grazie alle analisi di laboratorio, potrebbero dimostrare, secondo la teoria di Bol6, che le due statue, i cui spessori medi sono di 8,5 mm per la statua A e 7,5 mm per la statua B, risalirebbero all'età tardo arcaica e classica. Una volta ultimata la stesura della cera, i calchi negativi venivano riempiti con la terra dell'anima di fusione – una terra che doveva essere abbastanza fluida da penetrare in tutti gli spazi senza lasciare vuoti -, la quale era sostenuta da un'intelaiatura di sbarre di ferro.

Dalle gammagrafie e dagli esami autoptici effettuati sui Bronzi, emerse che l'intelaiatura era costituita non da aste massicce di ferro ma da tubi, sempre in ferro, a sezione quadrata: una lunga lamina di ferro era stata ripiegata su se stessa per martellatura intorno ad un'anima di legno. La sbarra principale della statua A va dal piede fino al collo, fermandosi nel punto esatto dov'era stata eseguita la giuntura della testata; nella statua B, la sbarra si ferma all'altezza del petto: il pezzo mancante fino al collo fu probabilmente estratto in antico, durante il restauro del braccio destro, il quale non era riempito della terra di fusione, così come lo spazio superiore del torace, che fu anch'esso svuotato in sede di restauro. Probabilmente le sbarre al momento della fusione sporgevano dai talloni e se è vero che nell'istallazione delle statue di bronzo si utilizzava, in età antica, la sbarra di ferro sporgente per un certo tratto oltre il tallone, si potrebbe pensare che la rottura ed estrazione della parte sporgente sia avvenuta al momento di una seconda sistemazione delle statue, per la quale si utilizzarono dei tenoni in piombo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La fortuna dei Bronzi di Riace

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Calafato
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Giorgio Bejor
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 94

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bronzi
arte greca
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