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La riparazione per ingiusta detenzione

La natura giuridica della riparazione per ingiusta detenzione

Sotto il profilo sistematico, l'istituto della riparazione per l'ingiusta detenzione si colloca in un contesto nel quale l'ordinamento riconosce una tutela risarcitoria graduata per l'ingiusta limitaione della libertà.

Per cui alla limitazione derivante da condotte costituenti reato(del giudice o di altri) corrisponde un risarcimento integrale di tutti i danni patrimoniali e non,in base all'art.2059 c.c. , mentre alla limitazione derivante dal comportamento doloso o colposo del magistrato, non costituente reato, corrisponde una tutela risarcitoria che esclude il danno morale; vi è o la riparazione dell'errore giudiziario, per il quale non vengono indicati limiti massimi e che va commisurato alla durata della pena espiata e dalle conseguenze familiari e personali derivanti dalla condanna; infine, l'ordinamento riconosce un ristoro per la libertà ingiustamente, ma senza colpa, compressa e la quantificazione del pregiudizio è ancorata al parametro dell'equità.

Secondo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, l'istituto della riparazione va separato concettualmente dal risarcimento del danno in senso civilistico; infatti mentre alla base della disciplina risarcitoria vi è il principio secondo cui la vittima ha diritto ad una somma di denaro corrispondente alle perdite economiche subite (danno emergente e lucro cessante), la riparazione per l'ingiusta detenzione , lungi dal perseguire lo scopo di ammortizzare attraverso il pagamento di una somma di denaro le conseguenze immediate e dirette causate al soggetto nel procedimento penale, è volta a compensare quest'ultimo dalle sofferenze personali, di natura morale, patrimoniale, fisica e psichica ingiustamente patite.

Infatti l'identificazione dell'istituto della riparazione con quello del risarcimento del danno civilistico e il conseguente inquadramento dogmatico del meccanismo all'interno della responsabilità aquiliana ex art.2043 c.c. porge il fianco a più di una critica: in primo luogo l'assimilazione delle due categorie condurrebbe fuori dal paradigma applicativo dell'art.314 tutte le ipotesi di errore dovute al caso fortuito, indipendenti cioè dal dolo e dalla colpadel giudice, posto che l'imputabilità soggettiva della lesione è presupposto fondamentale per la configurabilità dell'illecito civile.

In secondo luogo, questa impostazione dovrebbe indurre a prospettare, un onere probatorio a carico del dannegiato esteso non solo all'elemento soggettivo ma anche all'entità dei danni subiti ; a ben vedere mentre nel risarcimento il danno và accertato, nella riparazione la prova è in re ipsa, risultando il relativo diritto ancorato alla constatazione della mera esistenza dell'errore.

Sotto un profilo più tecnico a mettere in crisi l'identità dei due istituti è la difficoltà di configurare un “fatto illecito” quale fonte del diritto riparatorio: infatti l'ingiusta custodia cautelare non è ,ne diventa un “fatto illecito” generatore di responsabilità aquiliana, costituendo esclusivamente il necessario presupposto per l'insorgere del diritto con conseguente esclusione delle norme civilistiche sul concorso del fatto colposo del creditore.

Infine altro elemento che contrasta l'identificazione dei due istituti è la fissazione di un tetto massimo ex art.315 c.2 c.p.p. Assolutamente inconciliabile con il meccanismo risarcitorio, posto che quest'ultimo, avendo come finalità il totale ripristino del pregiudizio subito, non potrebbe tollerare dei limiti di sbarramento imposti a priori dal legislatore. Il giudice di legittimita ha ricondotto l'istituto riparatorio alla figura dell'indennizzo; alcune pronuncie sfruttando i risultati della dottrina piurisalete, hanno individuato una sorta di responsabilita statale che nacerebbe da un'atto legittimo di natura autoritativa che si sostanzia nel prvvedimento restrittivo della liberta personale ; anche la Corte costituzionale con riferimento alla fattispecie di ingiustizia sostanziale ex art . 314 c.1 ha qualificato la riparazione come misura indennitaria introdotta da legislatore per rimediare all'oggettiva lesione del diritto inviolabille alla liberta personale provocata da un provedimento cautelare legittimo, rispetto al quale mancano le condizioni per il riconoscimento di un tutela risarcitoria .

Questo brano è tratto dalla tesi:

La riparazione per ingiusta detenzione

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgia Rinaldo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Angelo Pennisi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 142

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Parole chiave

ingiusta detenzione
errore giudiziario
riparazione per ingiusta detenzione
art.314 cpc
art.315 cpc

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