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Reazioni avverse agli alimenti: la sensibilità al glutine. Le nuove ipotesi scientifiche e il ruolo dell'infermiere nell'educazione terapeutica del paziente.

Strategie terapeutiche alternative alla dieta senza glutine

Attualmente l’unica terapia esistente per la sensibilità al glutine è l’eliminazione completa del glutine dalla dieta: questa va seguita in modo rigoroso e per tutta la vita perché qualora vengano reintrodotte anche minime quantità di glutine nell’organismo si può riattivare il processo di danneggiamento della mucosa intestinale con conseguente ripresentazione della sintomatologia. Però la ricerca scientifica sta sperimentando nuove strategie terapeutiche dal momento che l’adesione alla GFD risulta difficile per molti pazienti ed influisce negativamente sulla qualità di vita, infatti:
- Il glutine può contaminare il cibo durante la preparazione
- C’è una forte pressione sociale verso il consumo del glutine soprattutto nei giovani pazienti
- I prodotti senza glutine di solito sono più costosi e non sempre disponibili in tutti gli esercizi commerciali
- L’adesione alla dieta è solo parziale in molti giovani e adulti
- Alcuni prodotto con il marchio “senza glutine” in realtà ne contengono delle tracce
- Esiste una ampia variazione individuale della sensibilità al glutine
- Una dieta senza glutine non è efficace in un numero ridotto di pazienti con celiachia refrattaria
Inoltre bisogna tener conto del fatto che una non completa o non adesione alla dieta senza glutine espone il soggetto a complicazioni come bassa statura, deficit nutrizionali, osteoporosi, malattie autoimmuni secondarie, tumori, infertilità, difficoltà a portare a termine una gravidanza.
Per questo motivo recentemente è stata realizzata la “pillola anti-celiachia” che è nella fase finale di sperimentazione, la quale blocca l’aumento della permeabilità intestinale indotta dal glutine inibendo la zonulina, una proteina che regola le tight-junction. Inoltre questa proteina risulta essere il precursore di un’altra proteina, l’aptoglobulina 2, che è stata per lungo tempo considerata un marcatore dell’infiammazione e che ora si ipotizza possa rivestire un ruolo importante nelle malattie autoimmuni. Infatti nello studio condotto su 200 pazienti dall’Università del Maryland a Baltimora (USA) sono stati osservati due gruppi di pazienti: ad uno veniva somministrata la pillola 3 volte al giorno prima dei pasti associata al consumo di alimenti contenenti glutine, all’altro veniva somministrato un placebo. Dopo sei settimane si osserva che nel primo gruppo solo il 14% dei pazienti ripresenta la sintomatologia classica, nel secondo gruppo invece è il 75% inoltre nel secondo gruppo si rileva un aumento di specifici anticorpi che indicano la presenza di un processo autoimmunitario in atto mentre nel primo gruppo non si registra alcun aumento: da ciò si evince che il farmaco previene l’insorgenza di autoimmunità. Occorre però sottolineare che la pillola non ha lo scopo di sostituire la dieta ma soltanto di consentire al soggetto intollerante al glutine di poter assumere alimenti di cui abbia il sospetto che possano contenerne [Tratto dalla pubblicazione Proceedings of the National Academy of Sciences].

Un’altra strategia denominata “detossificazione del grano” consiste in interventi di bioingegneria sul DNA al fine di privare suddetto cereale della componente immunogena che stimola la risposta linfocitaria. Questa strategia trova però una forte opposizione nel pubblico contraria all’introduzione degli OGM nell’alimentazione umana per il rischio di permanenza di sostanze attive, il cui effetto sull’organismo umano è ancora attualmente sconosciuto ed inoltre risulta ancora difficoltoso rimuovere totalmente le sequenze tossiche. La “terapia enzimatica” consiste nell’utilizzo di una serie di enzimi assunti oralmente che degradano il glutine bloccando la sua attività immunogena e tossigena prima che raggiunga l’intestino in modo da ridurre o addirittura evitare l’attivazione dei linfociti e l’avvio dei processi infiammatori. Tra questi enzimi il primo candidato è la Prolil-endopeptidase (PEP) ma si è anche provato a pretrattare la farina di grano con transglutaminase microbica e lisina metil-estere ottenendo il blocco dell’attività della gliadina cellule T - mediata. Il “blocco della tTG” rappresenta un’altra strategia d’intervento ritenuta utile per due motivi:
- la deaminazione del glutine attraverso la tTG potenzia nei celiaci la risposta immunitaria verso il glutine mentre bloccarla si tradurrebbe in una riduzione della risposta;
- bloccando la tTG si avrebbe il controllo della sua attività pro infiammatoria. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Reazioni avverse agli alimenti: la sensibilità al glutine. Le nuove ipotesi scientifiche e il ruolo dell'infermiere nell'educazione terapeutica del paziente.

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Informazioni tesi

  Autore: Patrizia Bertorello
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Renzo Pietro  Tarocco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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Parole chiave

allergie
infermiere
celiachia
glutine
intolleranze alimentari
sensibilitá al glutine
enteropatia glutine sensibile

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