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Proposta irrevocabile e patto d’opzione

La natura giuridica della proposta irrevocabile e la ricostruzione della fattispecie

La determinazione della natura della proposta irrevocabile, come regolata dall’art. 1329 c.c., con la conseguenza del suo inquadramento nel procedimento formativo del contratto, è stata molto discussa in dottrina. In questa, sin dalla prima applicazione del codice vigente, si è notato l’affermarsi di due distinte teorie: la c.d. "Teoria binaria" e quella "Unitaria".
La prima teoria, sostenuta da parte della dottrina, ritiene che la proposta irrevocabile ponga in essere due atti giuridici connessi: un atto prenegoziale di proposta ed un negozio unilaterale di rinunzia al potere di revoca.
Questa idea parte dal presupposto che la legge, nel disciplinare i vari procedimenti formativi del contratto, ha previsto una regola ed una eccezione, entrambe ancorate al principio dell’autonomia delle parti nella fase precontrattuale.
La regola è per la libertà delle trattative e per la revocabilità della proposta, regola che è insita nel normale procedimento di formazione del contratto, nel senso che non è necessaria alcuna dichiarazione ed è sufficiente che sia emessa una proposta od offerta di contratto perché essa sia ipso jure revocabile fino alla conclusione del contratto (art.1328 c.c.).
L’eccezione è data dalla irrevocabilità, concessa dall’autonomia contrattuale, e che non può non discendere da una apposita manifestazione di volontà, il che appare chiaro dalla dizione dell’art.1329 c.c. che parla espressamente di una "obbligazione" a non revocare assunta dal proponente. È quindi necessario, per avere la irrevocabilità, che il proponente la manifesti, è necessario cioè che egli dichiari di volere la irrevocabilità, dichiarazione che non può che essere volontaria ed unilaterale tendendo allo scopo riconosciuto dalla legge di non revocare e mantener ferma la proposta.
Dalla lettura congiunta dell’ art. 1328 c.c. ed dell’art. 1329 c.c., cioè tra regola della piena revocabilità ed eccezione della irrevocabilità, discende che la sostanza dell’atto non può che essere data da una rinuncia da parte del proponente alla sua posizione (normalmente riconosciuta dalla legge) della revocabilità automatica della proposta.
Questa teoria è stata giustamente criticata perchè si rivela artificiosa e non trova sostegno nel testo legislativo il quale indica un unico atto e non una duplicità di atti.
La seconda teoria, prevalente in dottrina e in giurisprudenza, ritiene che la proposta irrevocabile consti di un solo atto. È invece discusso se questo atto abbia natura di una promessa unilaterale, atto prenegoziale o negozio unilaterale.
Nel primo caso si fa discendere l’irrevocabilità da una promessa unilaterale obbligatoria del solo proponente ma efficace appena giunta a conoscenza del destinatario ed avente un oggetto non definitivo (quello del futuro contratto) ma un oggetto preparatorio, costituito dalla obbligazione di non revocare: la teoria è inaccettabile, perché la promessa unilaterale è atto (o negozio) immediatamente obbligatorio e produce immediatamente gli effetti definitivi e non si inserisce, come la proposta irrevocabile, nella formazione del contratto.
Nel secondo caso, si attribuisce alla proposta irrevocabile natura prenegoziale in quanto la si considera un atto strumentale e perciò privo di effetti negoziali. Di conseguenza non può essere assoggettata alla disciplina propria dei negozi e in particolare a quella del contratto, perché, sarebbe antieconomico imporre al proponente l’onere di promuovere un giudizio per sciogliersi da un vincolo (che, oltre ad essere strumentale, è anche per sua natura provvisorio) quando potrebbe cautelarsi in maniera adeguata comunicando all’oblato l’esistenza delle circostanze che, nel caso in cui il contratto si formasse, lo legittimerebbe ad agire o per la sua risoluzione o per il suo annullamento. Infatti, una volta informato di tali circostanze nonché dell’intenzione del proponente di invocarle, l’oblato, qualora il contratto fosse per risultare invalido, no potrebbe più lecitamente accettare quella proposta (art. 1338 c.c.), mentre se il contratto fosse per risultare risolubile per eccessiva onerosità potrebbe anche accettarla, ma dovrebbe al tempo stesso offrire all’altra parte di modificarne le condizioni al fine di ricondurre il contratto all’equità.
In realtà sembra preferibile l’opinione che attribuisce alla proposta irrevocabile natura negoziale in quanto sostiene che l’atto prenegoziale si ha quando la volontà è ancora in movimento ed è diretta a produrre un effetto provvisorio che si esaurisce nella predisposizione del negozio; quando, invece, l’atto tende a creare un vincolo stabile per il suo autore, diventa un negozio giuridico. Tale è, perciò la proposta ferma, che non si limita a predisporre il futuro negozio, ma realizza subito un effetto, per così dire, definitivo: l’irrevocabilità. È lampante la contraddizione dell’intera dottrina che attribuisce natura negoziale alla proposta irrevocabile e la nega alla proposta pura e semplice.
L’orientamento tradizionale, ad oggi prevalente, riconosce alla proposta irrevocabile una efficacia obbligatoria, poiché all’obbligo del proponente si correla il diritto di credito del destinatario della proposta. A favore di questa soluzione depongono il dato testuale, che fa riferimento ad un obbligo, ed il risarcimento dovuto all’oblato in caso di revoca tacita della proposta (ossia in caso do trasferimento del bene a terzi da parte del proponente).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Proposta irrevocabile e patto d’opzione

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Informazioni tesi

  Autore: Giovanna Vallefuoco
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Biagio Grasso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 201

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