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La comunicazione economico finanziaria della PMI italiana nella prospettiva nazionale ed internazionale

L’impresa caratteristica in Europa e in Italia

Nel mondo occidentale e nel mondo capitalista è noto che si sono sviluppate diverse tipologie di imprese. La grande contrapposizione è generata tra Europa continentale e Mondo Anglosassone. Nel primo blocco di Paesi è maggiormente riscontrabile una tipologia di impresa media e piccola o spesso molto piccola, in Gran Bretagna ed America, invece, vi è una dominanza della impresa grande o medio grande. La differenza fondamentale, però, non è tanto la dimensione delle imprese, ma nella loro propensione ad ingrandirsi. Infatti sia l’impresa continentale, sia quella anglosassone nascono come piccola impresa, ciò che le differenzia è la loro capacità di intraprendere una crescita dimensionale che determina, però, una variazione dei soggetti che partecipano al capitale. Discriminante è, quindi, la struttura del capitale determinata da un’apertura o una chiusura verso il mercato dei capitali e l’accettazione delle conseguenze che questa comporta. Ma qual è il motivo di questo differente atteggiamento? Non vi sono spiegazioni certe ed inequivocabili. Sicuramente la presenza di un mercato più ampio e più libero, rivolto ad una quantità di soggetti sempre più elevata, e quindi con forti tendenze concorrenziali, ha favorito l’accrescimento di tale fenomeno.
La maggioranza delle imprese nasce grazie all’iniziativa di imprenditori che creano un Family Business, la differenza è che in Europa questo business nasce monofamiliare, mentre in America (quasi sempre) bifamiliare. Già da questo si evince l’apertura maggiore da parte del mondo anglosassone. L’imprenditore europeo concepisce la propria azienda, cercando di tenerla come proprio patrimonio e non è disposto a dividerla con altri soggetti, non ponendosi il problema dei finanziamenti finché questo non si presenta e investendo tutto ciò che ha in questa, non creando una netta distinzione tra patrimonio personale e patrimonio aziendale. Quando tutto il patrimonio familiare è stato investito per far crescere l’azienda lo sviluppo si blocca e la piccola o media impresa rimane tale a causa della scarsa propensione all’accettazione di soggetti esterni da parte dell’imprenditore. Tale accettazione potrebbe garantire lo sviluppo dimensionale dell’impresa, così come invece accade nel mondo anglosassone. L’apertura al mercato dei capitali e la propensione ad accettare altri soci, invece, determina la grande dimensione delle imprese Britanniche e Americane. Partendo già da una situazione di condivisione dell’impresa con un altro soggetto, infatti, non vi è la difficoltà a distaccarsi sentimentalmente dall’azienda e a consentire l’entrata nella struttura proprietaria ad altri soggetti che apportano capitale di rischio.
La PMI in Italia assume dei connotati ancora più accentuati rispetto a quella europea. Nel 2007 le imprese attive in Italia nell’industria e nei servizi sono poco meno di 4,5 milioni e occupano circa 17,6 milioni di lavoratori. La prevalenza di micro imprese nel sistema produttivo italiano è confermata dalle oltre 4 milioni di imprese con meno di 10 addetti che rappresentano il 95% del totale ed occupano quasi il 46% degli addetti. Il 21% degli addetti, pari quasi a 3,7 milioni, lavora nelle piccole imprese, mentre la quota rilevata nelle imprese di media dimensione è il 12,6 %. Soltanto 3.630 imprese (0,08%) impiegano 250 addetti e più, assorbendo, tuttavia, il 20% dell’occupazione complessiva (oltre 3,5 milioni di addetti).
Analizzando i dati appena sposti si rileva una percentuale maggiore rispetto a quella europea per quel che concerne le micro imprese, evidenziando una presenza ancor più radicata e capillare sul nostro territorio di tale tipologia di azienda. Inoltre, fattori culturali propri del nostro Paese accentuano ancor più un attaccamento e un senso di proprietà e appartenenza alla propria impresa. La chiusura alle variazioni della compagine sociale risulta molto alta e ciò, come sopra esposto, denota una volontà di creare una azienda piccola e farla rimanere tale senza possibilità di crescita dimensionale, se non in relazione alle possibilità fornite dal patrimonio personale dell’imprenditore.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La comunicazione economico finanziaria della PMI italiana nella prospettiva nazionale ed internazionale

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Informazioni tesi

  Autore: Vincenzo Raimondi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e amministrazione delle imprese
  Relatore: Aurelio Tommasetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 72

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Parole chiave

principi contabili
pmi
ias
ifrs
bilancio in forma abbreviata
comunicazione economico-finanziaria

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