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Discorsi intorno alle famiglie di Austis. Un'indagine qualitativa sulla percezione sociale delle diverse tipologie familiari

Il grande mondo delle famiglie polinucleari

La caratteristica della plurinuclearità di una famiglia si contrappone, evidentemente, alla mononuclearità, quella condizione in cui la famiglia e il nucleo familiare vengono a coincidere. Viceversa, nella plurinuclearità ci troviamo in una condizione in cui la famiglia si allarga su più nuclei contemporanei e, nel caso specifico, questo avviene con le famiglie che sono riconosciute dal senso comune come famiglie ricostituite, piuttosto che ricomposte.

Questa posizione, a livello scientifico, fa riferimento a quelle situazioni in cui l’asse genitoriale è disgiunto da quello coniugale e, nel contempo, si creano nuove relazioni che danno vita a nuovi nuclei familiari: il più paradigmatico è certamente l’esempio di un genitore separato, con figli, che va a vivere con un nuovo partner, che può essere a sua volta separato con figli o single, e l’altro genitore è in vita e presente nell’esistenza dei figli.

In questa situazione, a livello sociale si pone una questione molto importante: quella linguistica (Fruggeri, 2001). È ormai noto da anni, infatti, come queste situazioni sono caratterizzate da una serie di lemmi che veicolano chiare connotazioni valoriali, puntualmente negative: pensiamo, a mo’ di esempio, a termini come "matrigna" o "figliastro" nel linguaggio comune, ma anche a etichette come "famiglia incompleta", piuttosto che "senza padre" (più raramente senza madre) che sono state per lungo tempo adottate dal ragionamento scientifico sulle famiglie (Battezzati et. al., 1995). Proprio questa osservazione è stata il punto di partenza per un nuovo discorso sulle famiglie che si fonda sul paradigma delle differenze che evidenzia la normalità nella differenza, e non la disfunzione nella diversità. È da questo presupposto che si è dipanato il chiarimento sui termini "ricomposta" e "ricostituita" che accompagnano le famiglie in cui l’asse genitoriale, disgiunto da quello coniugale, viene agito in presenza di un nuovo asse coniugale tra partner fino ad allora non presenti: differenzieremo poi successivamente le singole situazioni che possono darsi da questa posizione di partenza.

Per quel che riguarda la definizione "famiglia ricostituita", com’è stato evidenziato da più parti (cfr. Van Custen, 1998; Fruggeri, 2001-2005; Théry, 2006; Zanatta, 2003) essa, prima di tutto, non esiste nel linguaggio italiano, ma è bensì la traduzione dall’inglese "reconstituted family", che fa riferimento a quella famiglia in cui, a seguito del divorzio, si riforma attraverso l’unione dell’ex coniuge affidatario dei figli con un nuovo partner, a sua volta con figli o da cui potrà averne di nuovi: il che, evidentemente richiama l’idea stereotipica di nuclearità (Van Custem, 1998; Théry, 2006).

Molti studi sociali, in particolare quello di Théry, ci spiega l’evoluzione delle terminologie utilizzate come conseguenza delle modalità di studio che, negli anni, si sono susseguite su questa tipologia familiare. In generale, la sociologa ci spiega come il discorso sulle unioni coniugali successive a separazione o divorzio ha seguito, negli anni, tre diverse traiettorie, definibili rispettivamente "stepfamily", "reconstituted family" e "blanded family".

Nell’ambito della "stepfamily", l’orientamento dominante negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, gli studiosi lavoravano nella direzione di un costante affiancamento alla famiglia nucleare, nel senso che si esaminava il nucleo familiare che nasceva in seguito ad un secondo matrimonio in termini di adattamento, stabilità, etc. rispetto a quello nucleare precedente. Per tale motivo, non si prendeva minimamente in considerazione la figura dell’ex-coniuge non affidatario dei figli che comunque faceva parte della loro vita, sostituendolo in modo riduttivo e semplicistico con il nuovo partner della coppia coniugale.

È questo il periodo in cui anche i ricercatori parlavano di "famiglia normale", "veri genitori" (Fruggeri, 2001), ed è alla luce di questo paradigma che non si vedeva quindi la famiglia "ricomposta", ma quasi ricreata, nel senso letterale di creata nuovamente, la quale proprio per ciò risultava sistematicamente mancante, deviante, rispetto all’ideale nucleare dominante, piuttosto che "sfortunata", quando l’ex coniuge di uno dei partner (o di entrambi) era morto (post-vedovanza). Successivamente, intorno agli anni Settanta del Novecento, complice anche la legge sul divorzio che ha fatto registrare in quel tempo un’impennata nel tasso dei divorzi, si fa strada l’approccio della "reconstituted family" (Théry, 2006) con il quale si intendeva la famiglia composta da un genitore affidatario dei figli, separato/divorziato da un altro partner, e da un altro nuovo partner, con o senza figli, e la rispettiva prole.
Anche in questo caso, tuttavia, si guardava sempre alla famiglia nucleare come obiettivo più o meno implicito da raggiungere, l’unico in grado di offrire stabilità e benessere per i figli e per il sistema familiare stesso, così che il nuovo partner sarebbe diventato a tutti gli effetti un nuovo genitore, ed eliminando, anche in questo caso, l’esistenza dell’asse genitoriale insieme al decadimento di quello coniugale passati.

Dovettero passare almeno altri dieci anni affinché, intorno agli anni Ottanta, il focus di ricerca allargasse il suo sguardo con l’approccio della "blandedfamily" che ci riconduce poi al concetto di "famiglie ricomposte", che guarda a tutta la complessità di quella costellazione familiare di cui parla Théry (2006) e che, come evidenzia Fruggeri (2001; 2005), mette in luce lo spostamento da una forma familiare nucleare ad una forma familiare plurinucleare, che non considera più la seconda unione come sostitutiva della prima, ma bensì che ad essa va ad affiancarsi. Per concludere, quindi, parliamo oggi di famiglie plurinucleari in riferimento a quelle famiglie composte da più nuclei tra loro intersecati, anche se non conviventi (Fruggeri, Mancini, 2001); all’interno di questa tipologia, si preferisce oggi la dicitura "famiglie ricomposte" piuttosto che "famiglie ricostituite".

Il termine "ricostituito", infatti, pur essendo il più utilizzato a livello sociologico o statistico per indicare quelle situazioni in cui il sistema coniugale attuale non coincide con quello genitoriale, fa sempre riferimento allo "standard" della famiglia nucleare, e non è perciò soddisfacente a designare i multilivelli considerati dalla psicologia sociale delle famiglie che, pertanto, ha introdotto il termine "famiglie ricomposte" dove la ricomposizione, a livello globale, sottintende un "processo aggiuntivo che innesta la funzione coniugale su una già esistente funzione genitoriale, e non un processo riparativo della separazione di coppia" (Fruggeri, 2005, p. 108).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Discorsi intorno alle famiglie di Austis. Un'indagine qualitativa sulla percezione sociale delle diverse tipologie familiari

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Sotgiu
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia dei Processi Sociali, Organizzativi e del Lavoro
  Relatore: Diego Lasio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 158

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