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Il partenariato pubblico privato: dal project financing al dialogo competitivo

I presupposti del dialogo competitivo

La partecipazione privata al momento della scelta dell’oggetto dell’appalto resta da considerare, come accennato in precedenza, l’eccezione a una regola che colloca tuttora tendenzialmente in capo al solo appaltante la scelta medesima. Di conseguenza si comprende come l’utilizzo dello strumento sia stato confinato a casi peculiari, che si vorrebbero restrittivi e determinati. Il legislatore ha cercato di vincolare l’utilizzo del dialogo competitivo a circostanze obiettive e concrete, eliminando, o quanto meno riducendo il più possibile, la discrezionalità della stazione appaltante.

Questo perché, nella sostanza, sono poche le ipotesi in cui il dialogo competitivo può apportare all’appaltante quel beneficio che può giustificare la delicata operazione precedentemente schematizzata. Il legittimo ricorso al dialogo competitivo, viene così subordinato al verificarsi di due essenziali presupposti: che si tratti di "appalti particolarmente complessi", che l’appaltante "non sia oggettivamente in grado, per cause ad esso non imputabili, di definire gli strumenti atti a soddisfare le proprie esigenze o di specificare l’impostazione giuridica o finanziaria di un progetto".

Parte della dottrina individua tre requisiti legittimanti: a) che l’appalto sia "particolarmente complesso"; b) che l’appaltante sia nella «impossibilità oggettiva» di definire gli strumenti del soddisfacimento delle proprie esigenze; c) che la impossibilità non sia ascrivibile a carenze dell’appaltante. Pertanto è possibile far ricorso al dialogo competitivo esclusivamente nelle ipotesi di appalti particolarmente complessi, tali da non permettere l’aggiudicazione dell’appalto attraverso un’ordinaria procedura di gara aperta o ristretta.

Diventa quindi prioritario stabilire quando un appalto possa considerarsi “particolarmente complesso” e, quindi, autorizzare la stazione appaltante al ricorso all’istituto del dialogo competitivo. Il legislatore ha voluto codicizzare, nel secondo comma dell’art. 58 del codice dei contratti pubblici, una sorta di definizione di “appalto particolarmente complesso”, prevedendo che ci troviamo di fronte a tale situazione tutte le volte in cui una "stazione appaltante non sia oggettivamente in grado, per cause ad essa non imputabili, di definire gli strumenti atti a soddisfare le proprie esigenze, necessità ed obiettivi; specificare l’impostazione giuridica o finanziaria di un progetto; disporre di studi in merito all’individuazione e quantificazione dei propri bisogni e dei mezzi strumentali necessari al loro soddisfacimento".

Da ciò si desume che per la configurazione del secondo requisito è fondamentale l’oggettiva e non imputabile impossibilità per l’amministrazione di definire, specificare, disporre, individuare e quantificare tali presupposti. Tale forma di gara, dunque, è attuabile nei casi in cui l’amministrazione non disponga e non sia in condizioni di predisporre neppure lo studio di fattibilità dell’opera e, quindi non può utilmente ricorrere alle altre procedure di aggiudicazione. L’assenza degli studi e la connessa impossibilità di attuarli devono avere carattere oggettivo, non potendo ricondursi a carenze o inadempienze dell’amministrazione. Soltanto in presenza di tali presupposti è ammesso il ricorso al dialogo competitivo. Tale previsione sembra introdurre una sorta di obbligo di diligenza in capo alla stazione appaltante nel momento in cui deve valutare l’oggettiva insufficienza delle risorse necessarie a soddisfare le proprie esigenze e l’impossibilità di definire i propri obiettivi facendo ricorso alle conoscenze di cui è in possesso.

Il richiamo all’impossibilità oggettiva sembra costituire, in altri termini, un reale ostacolo all’utilizzabilità dello strumento del dialogo competitivo, inducendo a ritenere che l’amministrazione debba dar conto, qualora vi faccia ricorso, di come abbia adempiuto a tale obbligo di diligenza e in base a quali elementi abbia ritenuto oggettivamente impossibile definire i mezzi atti a soddisfare le proprie esigenze. Tale impostazione, di fatto, circoscrive la possibilità di utilizzare il dialogo competitivo ad ipotesi ad elevatissima complessità, per le quali l’apporto creativo e progettuale dei concorrenti risulta indispensabile fin dalla fase ideativa dell’intervento. L’amministrazione è tenuta a dar conto e pubblicizzare l’impossibilità oggettiva, attraverso la motivazione del provvedimento, con cui decide di ricorrere al dialogo competitivo, come previsto dal comma 3 dell’art. 58. L’obbligo della motivazione è un momento essenziale dell’iter procedimentale necessario per attivare il dialogo competitivo, atteso che da detta motivazione dipenderà la legittimità dell’intera procedura. Ciò costituisce un significativo strumento di controllo in ordine alla legittimità e razionalità delle scelte dell’amministrazione. Pur ammettendo, infatti, che trattasi di un istituto eccezionale e residuale rispetto alle altre forme di affidamento, non si può non evidenziare che il richiamo a criteri non ben definiti e la mancanza di parametri oggettivi di valutazione, lascia ampia discrezionalità nella scelta alla stazione appaltante, con conseguente ed inevitabile possibilità di instaurare numerosi contenziosi al fine di verificare l’esistenza delle condizioni legittimanti il dialogo competitivo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il partenariato pubblico privato: dal project financing al dialogo competitivo

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Informazioni tesi

  Autore: Mario Cipriano
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi del Sannio
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Felice Laudadio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 213

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