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Irreggimentazione delle masse, consenso e politica estera nella Germania Nazionalsocialista

Dittatore per consenso

Quel “signor nessuno” venuto dall’Austria, che nel 1933 assurse al potere insediandosi nella carica di cancelliere del Reich, non divenne – ad un certo punto della propria parabola di vita – l’uomo più potente, decisivo e conosciuto della Germania per un caso o per un coup de théâtre.
Egli iniettò alla Nazione la fiducia nel futuro, base essenziale per la ripresa economica.
Segno tangibile della nuova rotta intrapresa dal governo del Reich fu la accresciuta credibilità guadagnata dalla Germania, attraverso la stipulazione di accordi commerciali e l’ottenimento di linee di credito, ad opera di Hjalmar Schacht, l’autocratico presidente della Reichsbank.
Nel 1933 il potere hitleriano si basava – molto di più di quanto si sia sottolineato e riconosciuto da vari fronti – sui lavoratori.
Tra le carte di Walther Hewel, lo studente che divise con Hitler la cella di Landsberg, si può leggere, scritto con la aguzza calligrafia del futuro Führer, un dogma inequivocabile: - “devono imparare a rispettarsi vicendevolmente e ad essere rispettati: l’intellettuale deve rispettare l’operaio e viceversa. L’uno non può esistere senza l’altro.
Da entrambi emergerà l’uomo nuovo: l’uomo del futuro Reich tedesco.”
Dopo il 1933 i lavoratori non furono più i reietti della società.
Come avrebbe detto nel 1945 il successore di Hitler, ammiraglio Karl Dönitz: - “Cosa importava agli operai del problema ebraico e di tutto il resto? Finalmente avevano di nuovo cibo e lavoro, ed erano degli esseri umani rispettati.”
Dopo l’abolizione dei sindacati venne fondato il DAF (Deutsche Arbeitsfront), che divenne il più grande sindacato del mondo.
Attraverso le quote di iscrizione dei suoi 30 milioni di membri, Robert Ley – il funzionario dello NSDAP che controllò tale istituzione sino alla caduta del Reich – finanziò, tra le altre grandi opere, la costruzione della fabbrica Volkswagen, i cantieri navali Vulkan e la Banca Tedesca del Lavoro.
La costruzione di infrastrutture, soprattutto strade, è sempre stato il segno di un governo stabile e potente, dai Romani agli Incas, fino a Napoleone; tale fu il progetto fisso e martellante di Hitler.
Attraverso tali autostrade, oltre agli espliciti scopi militari, Hitler avrebbe realizzato ed enfatizzato il senso e la percezione della unità nazionale.
I tedeschi videro realizzarsi i progetti e le promesse di Hitler dinanzi ai loro occhi: il 23 settembre 1933 a Francoforte (una città che nel 1932 contava ottomila disoccupati) venne inaugurato il primo colpo di badile della futura imponente rete autostradale.
Lo stesso Fritz Todt – ingegnere responsabile della cantieristica autostradale, incaricato direttamente da Hitler – scrisse: - “sono convinto che chiunque stia vicino al Führer, anche per soli dieci minuti alla settimana, diventi capace di fare dieci volte il suo lavoro.”
L’insistenza e la tenacia profuse da Hitler nel ricercare una base forte e coesa di consensi tra le masse dei lavoratori non è casuale.
Una volta perfezionata l’irreggimentazione nel suo nucleo duro, sarebbe stato proprio quest’ultimo a consentire di canalizzare la fase “rivoluzionaria” – dichiarata terminata – nell’alveo di quella “evolutiva”.
La capacità senza pari di giocare d’azzardo su più tavoli, che lo contraddistinse sempre, gli permise di legarsi alla potente oligarchia imperial-conservatrice, ma senza mai perdere di vista il cuore pulsante del futuro tedesco: il popolo.
Egli lo volle indottrinato e preparato al sacrificio, così come alla lotta.
La Nazione sarebbe stata grande, forte e vitale solo se avesse realizzato quella ideale sinergia tra sangue e suolo, tra puro e temprato spirito del popolo e Patria vittoriosa.
Di qui l’incarico al dott. Joseph Goebbels di “educare” il popolo.
Dal suo nerbo vitale sarebbe ripartita la coscrizione obbligatoria, unica via per ottenere il ripristino del giusto rango internazionale della Germania e, in un futuro prossimo, per dare la caccia al Lebensraum.
Ma anche le più lungimiranti prospettive necessitano di una solida Realpolitik che possa creare i presupposti per la loro realizzazione.
Fu proprio una tale considerazione a condurre alla strategica scelta di accattivarsi – ad ogni costo – le simpatie e gli appoggi della Reichswehr e dei suoi alti ufficiali, unica chiave di volta che avrebbe spalancato le porte al potere assoluto dopo la dipartita del morente Hindenburg.
E sulla spina dorsale della futura Wehrmacht il dittatore in fieri avrebbe costruito la modernissima e terribilmente efficiente macchina bellica tedesca.
Il Totalstaat Nazionalsocialista, nella sua triplice articolazione giuspubblicistica, contemplava: - “Stato in senso stretto come parte politica statica, il movimento come elemento dinamico-politico ed il popolo come elemento crescente sotto la protezione e all’ombra delle decisioni politiche.”
Dunque, era ancora una volta sul popolo che occorreva puntare con decisione le proprie fiches.
Il plumbeo scenario economico-sociale che fece da sfondo alla scalata al potere hitleriana agevolò indubbiamente il tentativo dello NSDAP di presentarsi come il portatore del “vero socialismo” nei confronti delle masse. [...]

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Irreggimentazione delle masse, consenso e politica estera nella Germania Nazionalsocialista

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Informazioni tesi

  Autore: Emanuele Bagnuoli
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Nicola Maria  Toraldo-Serra
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 284

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Parole chiave

nazismo
terzo reich
hitler
germania nazionalsocialista
hitler e consenso
nazionalizzazione masse
politica estera nazista

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