Dalla Sonoterapia all'Effetto Mozart, quello che la musica non può fare

Quello che emerge dai lavori di Schellenberg e di Costa Giomi è che non vi sono differenze nei test scolastici di chi da una parte ha seguito lezioni di canto o pianoforte, e chi al contrario non ha svolto queste attività. Tale risultato però non è da intendersi nel senso che nessuno dei bambini esaminati ha sperimentato dei miglioramenti, al contrario, tutti i soggetti hanno riportato degli incrementi nei risultati dei test; sono le differenze tra i punteggi dei diversi gruppi a non essere così significative.

In alcuni studi i bambini in esame sono stati osservati per anni, e nel periodo in cui era in corso l'esperimento i soggetti hanno ovviamente continuato ad andare a scuola, a studiare, alcuni hanno praticato sport di squadra, sono cresciuti e sarebbero maturati comunque, con o senza corsi aggiuntivi di musica o teatro. Forse monitorare un cospicuo campione per la durata dell'intera vita dei soggetti (e far compiere a tutti gli individui le stesse identiche attività) potrebbe limitare le interferenze imputabili agli eventi che accadono al di fuori della realtà sperimentale, ma è chiaro che uno scenario simile è possibile solo nella finzione cinematografica.

Studiare invece specificamente l'attività mentale di musicisti professionisti ha permesso di individuare alcune peculiari differenze tra il funzionamento del cervello di questi ultimi, e le modalità di reazione di chi invece non ha una formazione musicale.