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Unzione degli infermi: prospettive antropologiche e teologiche

Il malato nella società contemporanea

Il tentativo di questo paragrafo sarà quello di mettere in risalto alcune linee di tendenza individuabili nel rapporto esistente tra la malattia e la società nella quale viviamo; tutto ciò colto nella sua valenza positiva. Questo percorso ha lo scopo di discernere meglio quei "segni dei tempi", che mostrano ad ogni uomo le tappe del cammino verso una progressiva liberazione dell'uomo dal male che Dio prosegue nella storia, con la collaborazione dell'uomo stesso.
Risulta evidente che la cultura e la società odierne continuano ad escogitare meccanismi di difesa contro le realtà abnormi della malattia e della morte: si passa dalla congiura del silenzio, all'emarginazione, al rifiuto della vita definita ormai "inutile", sia sul nascere che sul finire.
In realtà, risulterebbe davvero complesso prendere in considerazione tutto il vasto mondo della sofferenza e della malattia; proprio per questo, sceglieremo solo alcune manifestazioni significative.

Un'analisi della malattia non può che prendere spunto dal contesto di guarigione nel quale si muove e, in particolare, dalla capacità della società di confortare il malato con cure mediche adeguate. In epoche a noi vicine la maggioranza delle persone era assistita, nella malattia, a domicilio dai familiari o dai vicini; ciò, non solo per la mancanza o l'inadeguatezza delle strutture sanitarie, ma perché, nella società dell'epoca, esisteva un servizio terapeutico – comunitario più disponibile e capillare. Nella società contemporanea il malato si ritrova a vivere la propria malattia in un contesto completamente diverso: gli agglomerati urbani, le case sovraffollate, il ritmo di vita frenetico imposto dall'attuale regime di lavoro, trovano, nel sistema ospedaliero e nei servizi specializzati, una risposta particolare per una particolare situazione di insufficienza economica e comunitaria.
In medicina, con l'intensificazione della specializzazione, non si ha più la percezione del malato come soggetto e, meno ancora, come una persona che condivide la propria esistenza nell'ambito della comunità. superando gli schemi ospedalieri, che impongono l'accettazione incondizionata della struttura ospedaliera come struttura autoritaria, dove il malato diviene suddito dei suoi "servitori", oggi si ricerca una più profonda integrazione personalistica e comunitaria delle strutture sanitarie e sociali.

In questo contesto, ci si sta avviando ad una maturazione dell'interpretazione della malattia e della guarigione. Un dato rilevante, che bisognerebbe tener presente, è che la malattia è un problema che coinvolge la comunità sociale intera e, quindi, le possibili scelte sulla salute non dovrebbero essere delegate a pochi individui. Il malato non deve assumere più il ruolo di "paziente" passivo e la società intera non può creare delle barriere che separino i sani e i malati, gli utili e gli inutili.
Ci ritroviamo, ormai, incanalati in un flusso di pensiero che turba l'ideale armonia che dovrebbe persistere tra il malato e la società che lo circonda; egli è, ormai, isolato e gettato ai margini della collettività; gli ospedali curano e, allo stesso tempo, segregano i portatori della malattia; le famiglie e l'ambiente sociale si "sbarazzano" del peso della sofferenza del malato "ospedalizzando" la sua malattia. Ci ritroviamo, quindi, su due fronti diversi che hanno come punto di incontro l'indifferenza: da una parte il malato, isolato, quasi un virus da tenere sotto osservazione al microscopio; dall'altra parte la società che vuole ignorare la significazione rappresentativa della malattia e, perciò, si fa assente.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Unzione degli infermi: prospettive antropologiche e teologiche

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Cutolo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Pontifia facoltà Teologica dell'Italia Meridionale - Sezione
  Facoltà: Teologia
  Corso: Teologia
  Relatore: PierLuigi Cacciapuoti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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