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La figura dell'eroe in ''Un uomo'' di Oriana Fallaci

Come Alekos Panagulis è diventato un eroe

Alekos Panagulis ripete spesso la frase "Quel che deve essere è, quel che dovrà essere sarà" la ripeterà anche poco prima della sua morte, la morte che lo ha accompagnato in mille sogni e presagi per tutta la vita, Un Uomo è la sua storia, è un romanzo-verità come spesso è stato definito, è la cronaca di una vita-morte, è il grido di dolore di Oriana Fallaci, è tutte queste cose insieme. La scrittrice, sua compagna, "unica compagna possibile" come si definisce e come viene definita da Panagulis, ci presenta questo libro come una fiaba, una favola che parla di un grande eroe, di come è diventato tale, delle prove che ha dovuto superare, del suo viaggio verso la sconfitta certa ma necessaria, e come in tutte le favole moderne gli ingredienti non possono che essere l'amore, la tragedia, il dolore e la morte. Il messaggio di questo libro però non ha nulla di negativo, al contrario, è incredibile come leggendo le torture e le atrocità vissute dal nostro eroe ci riempie un senso di tranquillità, è come sentire per la prima volta una buona notizia che abbiamo aspettato per tutta la vita. Nella nostra epoca, come nella dittatura dei Colonnelli, o nel periodo in cui scrive la Fallaci, le atrocità sono sempre in agguato e questo ci spaventa, ma la serenità nasce dal fatto che esistono anche degli eroi moderni, e che questi esistono per combatterla. Alekos Panagulis non ha fatto quello che ha fatto per sè o per la sua compagna, anzi, tutto quello che ha fatto gli è tornato contro in mille occasioni e ha l'odore dell'odio ha accompagnato la Fallaci sino all'ultimo dei suoi giorni, quello che è narrato nel libro è stato fatto per noi, per farci sapere che esiste ancora la lotta che non stanca, che esistono ancora dei politici che credono nella libertà e nella verità. Chi non lo ha mai provato non può capire come si possa vivere sotto una dittatura, ma loro lo sapevano, e hanno voluto raccontarlo per farlo sapere a chi per fortuna queste cose non le aveva mai provate. È giusto conoscere. È giusto sapere. È giusto parlarne. Ogni volta che si prende tra le mani questo grandissimo libro ci si sente grati, perchè si ha la fortuna di non vivere tutto questo ma di poterlo conoscere. Vivere certe esperienza dà una grande forza e ricchezza ma anche un rischio, la realtà e la politica spesso deludono i sognatori cone Don Chisciotte e Panagulis, e questo può far perdere la fede. Entrare però in queste vicende protetti dalle pagine di un libro può dare sia la forza di conoscere che la forza di sperare. E si spera. Si spera che non si ripetano storie simili, ed in questo ci si sente un pò don Chisciotte, ma si spera anche che se ne continui a parlare, perchè quello del mondo è un grande passato, reale e letterario che sia, è un passato di grandi lezioni e non possiamo permetterci il lusso di dimenticarle. Ed è qui che allora inizia una grande favola, l'eroe in questione è già stato presentato, la favola generalemente è un sogno, questa purtroppo è reale, ma per non deludere i sognatori e per il rispetto del libro che si sta trattando, si comincerà come nel libro, con un sogno. La notte precedente al 13 Agosto 1968 l'eroe, Alekos Panagulis, sta sognando un gabbiano che voleva nell'alba, ed era un gabbiano bellissimo, con le penne d'argento. Volava solo e deciso sulla città che stava dormendo, e sembrava che il cielo gli appartenesse tanto quanto l'idea della vita. D'un tratto aveva virato in discesa, per tuffarsi a picco nel mare, aveva bucato il mare sollevando una fontana di luce e la città s'era svegliata piena di gioia perchè da molto tempo non vedeva una luce. Nello stesso momento le colline s'erano accese di fuochi, dalle finestre spalancate la gente aveva gridato la buona notizia, a migliaia erano scesi nella piazze a far festa, inneggiando alla libertà ritrovata: "Il gabbiano ha vinto! Il gabbiano ha vinto!" Ma l'eroe sapeva che tutte quelle persone si sbagliavano, il gabbiano non aveva vinto, perchè sceso in mare miriadi di pesci lo avevano aggredito, lui cercava di combattere, e alla fine con un grido di dolore, s'era inabissato insieme alla luce, i fuochi sulle colline si erano spenti e le persone erano tornate a dormire nel buio. Alekos Panagulis credeva che sognare i pesci fosse di cattivo augurio e questo si verificherà molto spesso nella sua vita e scritto nelle pagine del libro che la Fallaci gli ha dedicato. Anche se questo eroe sapeva che sognare pesci fosse di buono auspicio, il piano non si poteva più rimandare, era già stato a Roma per cercare aiuto e non lo aveva trovato, i suoi compagni contavano su di lui, lui era il gabbiano che avrebbe dovuto riportare la luce, non poteva deludere tutte quelle persone, a qualunque costo avrebbe ignorato il sogno, fatto finta di non conoscere il cattivo presagio, e da buon eroe moderno avrebbe compiuto la sua sua missione e accettato il suo destino.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La figura dell'eroe in ''Un uomo'' di Oriana Fallaci

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Informazioni tesi

  Autore: Tea Marino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Giancarlo Quiriconi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 66

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alekos panagulis
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