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Il problema dell’intelligenza collettiva in Pierre Lévy. Una prospettiva di comunicazione pubblica.

Gli spazi antropologici

La Terra è il primo grande spazio abitato dall’uomo. Uno spazio che non coincide con il suolo fisico, ma rappresenta la totalità del cosmo. In questo primo ambito di azione, che Lévy pone in relazione col Paleolitico, l’uomo è in comunicazione con i paesaggi, con gli animali e con gli spiriti. Mentre gli animali vivono in una nicchia ecologica, gli uomini iniziano a costruire la loro esistenza grazie soprattutto allo sviluppo del linguaggio che inaugura l’evoluzione culturale dell’uomo.

Nel suo libro Le tecnologie dell’intelligenza. Il futuro del pensiero nell’era dell’informatica, Lévy sottolinea quanto gli strumenti a nostra disposizione condizionino il nostro modo di pensare e di organizzare le conoscenze e producano composizioni particolari di tempi e velocità. Nell’epoca precedente la scrittura, che Lèvy definisce dell’"oralità primaria", il linguaggio è l’unico mezzo di comunicazione che l’uomo possiede. In questo contesto è soprattutto il ricordo a veicolare le informazioni e l’intelligenza si identifica, pertanto, con la memoria. Allo scopo di individuare le possibili strategie comunicative delle società orali, Lévy accenna brevemente al contributo della psicologia cognitiva contemporanea a proposito dello studio della memoria umana. Secondo la psicologia cognitiva le risorse psichiche e nervose che permettono di esercitare le facoltà motorie si differenziano da quelle che si attivano quando dobbiamo ricordare una frase o un’immagine.

Quest’ultima facoltà, detta memoria dichiarativa, si suddivide a sua volta in memoria a breve termine e memoria a lungo termine. La memoria a breve termine si attiva, ad esempio, quando leggiamo un numero di telefono e lo componiamo subito dopo. In questo caso la strategia mnemonica più efficace è senz’altro la ripetizione. Nel caso si debba ricordare un evento passato o evocare un’immagine la strategia della ripetizione non è più efficace. In questo caso viene attivata la memoria a lungo termine che, attraverso un reticolo associativo, ricostruisce la rappresentazione di un dato evento che abbiamo elaborato al momento della sua memorizzazione. L’attivazione di schemi durante l’acquisizione di un fatto sembrano agevolare il ricordo, così come l’intensità delle associazioni attivate e il coinvolgimento emotivo.

L’insegnamento della psicologia cognitiva consente a Lévy di esporre quale codifica delle conoscenze fosse più efficace in una civiltà orale la cui più grande risorsa era la memoria. Le rappresentazioni dovevano essere strettamente intrecciate tra loro e mettere soprattutto in campo relazioni di tipo causa-effetto. Le frasi dovevano evocare situazioni familiari e suscitare un forte coinvolgimento emotivo. Questo tipo di comunicazione rispecchia le caratteristiche del mito e dei rituali. Questi ultimi, infatti, drammatizzano sotto forma di racconto e di canti ciò che più sta a cuore ai membri di una comunità. Gli uomini dello Spazio della Terra non sono irrazionali perché credono ai miti e compiono rituali. Essi utilizzano semplicemente una modalità comunicativa più congeniale alle loro facoltà mnemoniche. Inoltre nel Paleolitico, società senza scrittura, la forma del tempo è circolare: un evento ha bisogno di essere continuamente evocato e una frase necessita di essere ripetuta più volte affinché possano essere ricordati e trasmessi. Ogni ripetizione e reiterazione sono un atto di creazione: i racconti si alterano e l’informazione si modifica continuamente, rendendo “il divenire” un’altra importante categoria dello Spazio della Terra.

Il Territorio è il secondo spazio antropologico. E’ in quest’epoca che avviene la grande rivoluzione neolitica con la pratica dell’agricoltura, la nascita dello Stato e l’invenzione della scrittura. L’attività agricola lega maggiormente l’uomo al territorio. I prodotti della terra sono necessari alla sopravvivenza e l’uomo comincia a studiare le stagioni e ad organizzare accuratamente le scadenze. Al nomadismo si sostituisce la dimora in un territorio delimitato e circoscritto. Si delineano i confini, si formano gli Stati e i loro capi erigono templi e monumenti a testimonianza del loro potere e, attraverso leggi scritte e bilanci, lo Stato cerca di strutturare il passato e incanalare il proprio futuro. La scrittura rappresenta il completamento della rivoluzione neolitica. Con essa si inaugura un nuovo modo di codifica del sapere e di trasmissione dell’informazione. Il testo si separa completamente dal contesto di produzione e, in questa comunicazione differita, l’attribuzione di senso diviene l’attività principale del processo di comunicazione. "Il mondo si offre ormai come un grande testo da decifrare" e la tradizione ermeneutica risponde a questa esigenza e aggiunge ai testi interpretazioni sempre nuove.

Il segno linguistico instaura un rapporto puramente convenzionale con ciò a cui si riferisce. I confini e le frontiere che frammentano il Territorio si riflettono nella cesura semiotica che il segno linguistico determina. La scrittura aumenta la durata dell’informazione nel tempo, permette la conservazione del ricordo, ma indebolisce la memoria e fissa il sapere, riducendo le deformazioni dovute alle continue elaborazioni delle civiltà orali. L’intreccio, la drammatizzazione e il racconto cedono il passo ad una organizzazione delle conoscenze più modulare e sistematica. La forma ipotetico-deduttiva e le catene di inferenze sono esempi di organizzazione sistematica delle rappresentazioni e, ricorda Lévy, le prime utilizzazioni della scrittura in Mesopotamia riguardavano la contabilità e l’inventario dei templi. Alcuni studi antropologici hanno dimostrato che gli individui di cultura scritta tendono a pensare per categorie, mentre le persone a cultura orale apprendono soprattutto dalle situazioni. Ciò non significa che la capacità di scrittura determini una forma di intelligenza superiore, ma, come le altre tecnologie intellettuali, favorisce un modo diverso di pensare, più adatto alle nuove condizioni di vita e di apprendimento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il problema dell’intelligenza collettiva in Pierre Lévy. Una prospettiva di comunicazione pubblica.

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Informazioni tesi

  Autore: Graziana Canessa
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Lettere
  Corso: Comunicazione Pubblica, sociale e d'impresa
  Relatore: Adriano Fabris
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 56

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Parole chiave

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pierre lévy
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