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Il diritto di voto come diritto umano

Democrazia solida e diritti umani poco rispettati: il contraddittorio caso dell'India

L'India è considerata una delle potenze emergenti, che ha affrontato un vertiginoso sviluppo economico al pari della Cina; è un paese con oltre un miliardo di abitanti, un'età media molto bassa e con immense prospettive per il futuro. Storicamente è una delle ex colonie dell'impero britannico, da cui ha dichiarato l'indipendenza nel 1948, grazie all'opera instancabile di Gandhi, che con la sua non violenza è riuscito ad emancipare il paese dalla dominazione straniera: tuttavia la plurisecolare dominazione inglese ha lasciato visibili tracce nell'organizzazione dello Stato e nel sistema scolastico, che negli ultimi tempi ha visto la crescita di moltissimi studenti meritevoli che hanno raggiunto grandi risultati nel campo della tecnica.

L'India è considerata una solida democrazia, una delle poche nel continente asiatico, e fra le più lunghe e durature: in un'intervista36 al professore indiano Rajeev Bhargava si sostiene che il modello democratico indiano può essere utile per le nascenti democrazie arabe, dopo le vigorose proteste che hanno rovesciato i regimi in Tunisia, Libia ed Egitto. Una caratteristica della democrazia indiana è la particolare concezione di laicità e di multiculturalismo, dato che l'India non ha unità etnica ma linguisticamente è suddivisa in oltre milleseicento lingue, convivono diverse religioni (islam, induismo, sikh, cristianesimo) e moltissime etnie.

La concezione di laicità di Bhargava è ben delineata: egli afferma che ci sono due tipi di laicità entrambi di stampo occidentale, ossia una separazione fra Stato e Chiesa e una separazione a senso unico della religione dallo Stato, che gli garantisce di poter interferire nella sua sfera, in quanto un suo controllo serve a limitare la superstizione e a non ostacolare lo sviluppo scientifico e tecnologico. Egli reputa che nei paesi arabi non è possibile scindere la religione dallo Stato, almeno nel senso occidentale, perché le ultime esperienze autoritarie vissute sono state sotto dittatori considerati laici, quindi la laicità viene strettamente legata alla mancanza di democrazia.

Tuttavia è bene che esse non diventino democrazie maggioritarie nelle quali eventuali minoranze subirebbero discriminazioni; d'altro canto una democrazia religiosa non gioverebbe neanche alla componente laica di ogni Stato, soprattutto gli esponenti principali. Ad ogni modo verrebbe accettato di buon grado la reciproca appartenenza di politici in istituzioni religiose e religiosi in istituzioni politiche, se c'è separazione fra le due sfere; nel caso dell'Egitto ad esempio, Bhargava sostiene che dovrebbero essere tutelati i soggetti più deboli, i copti che sono minoranza religiosa nel Paese, per evitare che subiscano ostilità e violenze, e ne difenda i diritti: per fare ciò è necessario che non subisca influenze da parte della religione maggioritaria. Il modello indiano di laicità, che nega l'istituzionalizzazione di qualsiasi religione, anche se non sarebbe accettato quindi nei paesi arabi, tuttavia sarebbe accolto per la separazione delle istituzioni, per esempio sostenendo le scuole di qualsiasi confessione, in modo imparziale ed egualitario.

Lo Stato dovrebbe anche permettere alle minoranze di essere esonerate alla partecipazione dei riti della maggioranza religiosa, secondo un'idea di distanza di principio, in cui sarebbe ribadita l'imparzialità e la tutela dei diritti di tutti, analogamente non devono esserci discriminazioni per il diritto di voto. Il professore indiano si ritiene ottimista del fatto che il modello indiano possa ispirare le nascenti democrazie arabe, anche se il processo non sarà immediato ed indolore, perché c'è sempre il rischio che gli ex esponenti delle dittature dalle quali si sono dissociate possono manipolare la democrazia secondo le loro necessità. In un documento38 tratto dal sito Juragentium, redatto da Clelia Bartoli si parla del discorso sui diritti umani in India, introducendo il processo che è avvenuto durante la decolonizzazione, in un'unione fra la giurisprudenza coloniale britannica, le leggi tradizionali locali e il pensiero socialista contemporaneo. Gli intellettuali indiani si erano posti il problema di come integrare la cultura tradizionale indiana con i valori occidentali più positivi, cercando di abbandonare però le pratiche più conservatrici e retrograde.

Due studiosi, Jan Nederveen Pieterse e Bhikhu Perekh, attribuiscono il merito di questo risveglio della coscienza nazionale proprio grazie alla dominazione straniera. Infatti gli intellettuali indiani hanno riconosciuto validi i principi occidentali di uguaglianza, libertà individuale e stato di diritto, consideravoli meritevoli ed encomiabili, benché non siano estranei anche alla cultura indiana e che grazie alla sua tradizione culturale spirituale li può integrare bene con lo sviluppo della scienza e della tecnologia. Viene ripreso un articolo del professore indiano Ananta Kumar Giri, nel quale si ricerca nelle dottrine filosofiche induiste il substrato dei diritti civili tipico dell'India, precisamente nel dharma, ossia nel complesso dei doveri individuali e della Legge che governa il mondo; tuttavia l'autrice sottolinea come il dharma sia stato l'ispiratore della rigida divisione in caste, che tuttora permea la società indiana, laddove gli appartenenti al gruppo più basso vengono sistematicamente discriminati. Infatti alcuni movimenti sociali attuali cercano di rovesciare il sistema vigente della divisione, e attribuiscono la responsabilità ai testi sacri, che hanno plasmato la società indiana per millenni; vengono poi illustrati alcuni articoli di uno di questi testi, il Mansumriti, dove espressamente si parla dei Sudra, ossia dei servi, in cui viene legittimata la loro inferiorità: non hanno diritto di proprietà né di parola e subiscono maggiori pene. Accanto alla tradizione brahmanica, viene ricordata anche la tradizione sanscrita, che è più elastica e si contrappone in un certo qual modo al pensiero dominante.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il diritto di voto come diritto umano

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Informazioni tesi

  Autore: Loris Ferrari
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Internazionali e Diplomatiche
  Relatore: Pierangelo Celle
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 84

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diritto di voto
welfare state
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