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Bulli e bullismo: società violenta?

L’aiuto al bullo

Perché dovremmo aiutare il bullo, non potremmo semplicemente fermarlo e punirlo? Molte ricerche hanno dimostrato che se il bullo non viene aiutato, sviluppa in adolescenza e in età adulta una serie di problemi a livello scolastico, lavorativo e sociale. Il primo passo consiste nell’incrementare la consapevolezza del problema perché spesso questo soggetto non si rende conto del danno che procura e crede che i suoi atti siano semplici scherzi. Dopo di che bisogna promuovere l’empatia che vuol dire comprendere le emozioni degli altri, ma non provarle in prima persona.

Essere empatici significa comprendere la sofferenza, la gioia, la tristezza del nostro interlocutore, ma allo stesso tempo, essere emotivamente controllati. I bulli sono spesso poco empatici e ciò li porta a ferire emotivamente gli altri senza neanche accorgersene. Il bullo dovrebbe riconoscere che tutti gli individui sono essere umani con molti punti in comune ma anche tante differenze e deve essere educato a rispettare le differenze individuali che portano ricchezza interpersonale. Sarebbe noioso interagire solamente con persone uguali a noi. Il bullo deve imparare a saper discutere perché il confronto con i compagni e con gli insegnanti, favorisce lo sviluppo piscologico e socio cognitivo.

Egli deve imparare a mediare tra il proprio punto di vista e quello altrui, tollerando le differenze e vedendole come risorse e non come inferiorità da prevaricare. Il conflitto di per se non è negativo se si manifesta con il dialogo e permette di evidenziare timori, ansie ed emozioni che il soggetto prova. Diventa distruttivo quando manca la volontà di dialogare, per cui ognuno difende la propria posizione e il conflitto si trasforma in prevaricazione del più forte sul più debole. L’intervento educativo si prefigge di facilitare le relazioni all’interno del gruppo classe. Per riuscire nell’intento è importante fissare delle regole che devono essere condivise dalla maggioranza, la cui trasgressione deve essere sanzionata. Uno degli strumenti più importante per aiutare i bulli è l’educazione alla prosocialità o comportamento sociale positivo.

Esso rappresenta il livello più maturo e costruttivo del comportamento sociale in quanto si avvale di una forma di altruismo egocentrico, mosso da motivazioni interiorizzate ed autogratificanti e volto a migliorare le condizioni altrui. La prosocialità non è una predisposizione, ma un attitudine che si sviluppa e modifica attraverso uno scambio continuo tra il bullo e l’ambiente circostante. La prosocialità e la cooperazione esaltano la comunicazione tra coetanei e la comunicazione a sua volta favorisce il dialogo e permette di spiegare i propri punti di vista in modo da appianare le situazioni conflittuali. La comunicazione pone rimedio al litigio. Promuovere la comunicazione e la cooperazione vuol dire incoraggiare ad aiutarsi reciprocamente. Talvolta il bullo agisce in preda ad intense emozioni di rabbia, che si accorge di avere solo quando esplode. Deve, quindi, imparare a gestire la rabbia attraverso la consapevolezza corporea, cioè saper ascoltare i messaggi pre-esplosione che gli manda il corpo (battito cardiaco, tensione muscolare), individuare quali eventi provocano la rabbia in modo da evitare di trovarsi in quelle situazioni che gli scatenano emozioni troppo intense. Allenarsi a gestire la rabbia attraverso i respiri profondi, immaginando una scena tranquilla, parlare delle proprie emozioni.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Bulli e bullismo: società violenta?

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Informazioni tesi

  Autore: Milena Empolo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Concetta Epasto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

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