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L'enfant prodige a cavallo tra gli anni '20 e gli anni '70: personaggi emblematici e influenza storica, dal cinema alla televisione

La morte del bambino angelicato

Le tematiche che hanno in comune i film della New Hollywood si riconoscono facilmente, spesso si ricongiungono ad uno spirito di evasione, di alternatività alla cultura imperante: ribellione alla guerra (Il cacciatore, Deer Hunter, M. Cimino, 1978), agli status sociali (Easy Ryder), ai cliché sull'amore (Harold and Maude, H. Ashby, 1971 e The Graduate), all'ideale di un protagonista perfetto (Manhattan, W. Allen, 1979 o Un pomeriggio di un giorno da cani, Dog day afternoon, S. Lumet, 1979), alla censura della violenza e del “buon costume” (Taxy Driver) Tutti elementi necessari, invece, per dare potenza, personalità e profondità alla trama. Pellicole come un Tranquillo week-end di paura (Deliverance, J. Boorman, 1972) hanno una trama-pretesto per comunicare la pericolosità della civiltà malata che si infiltra anche nella natura più selvaggia e all'apparenza idilliaca, tanto amata dalla realtà sessantottina.
Tutto ciò non può non incidere anche sulla visione del bambino e della giovinezza nel cinema.
Già la Seconda Guerra Mondiale e le conseguenze sociali, politiche e psicologiche che questa portò con sé, avevano fatto emergere, nella seconda metà degli anni Quaranta e lungo gli anni Cinquanta il bisogno di un cinema che denunciasse la condizione infantile. Ciò si esplicitò in particolar modo, come già visto nei due capitoli precedenti, attraverso i film neorealistici con le storie dei sciuscià di Via Veneto o del piccolo Bruno di Ladri di Biciclette (V. De Sica, 1948) ma anche il panorama hollywoodiano rispose con opere sensibili tra le varie Odissea tragica, su un bambino cecoslovacco sopravvissuto ai campi di concentramento.
Ora, con il cinema limpido e ribelle della Nuova Hollywood, non solo non può esserci più spazio per la figura del bambino angelico, quello tipico del cinema classico, che aveva prodotto le tre star Temple, Garland e Mickey Rooney, ma nasce addirittura una tendenza opposta, quella del bambino indiavolato.
Il bambino indiavolato nasce da una consapevolezza sui mali che affliggono la realtà anni Settanta.
Falsità e perbenismo vengono attaccati permettendo di scorgere violenze, ambiguità e soprattutto contrasti tra una modernità in continuo avanzamento e gli errori costanti da parte della classe politica. Gli Stati Uniti e l'Europa del '68 non riuscivano a rimanere indifferenti dinanzi la guerra del Vietnam e a rivolte conclusesi in stragi in paesi come Messico e Cile dove chi protestava rischiava davvero la propria incolumità: arresto, tortura, esecuzione sommaria erano la norma. Un altro mondo rispetto a quello USA, ma solo in parte: se su suolo statunitense, nella realtà sessantottina, si contarono “solo” poche vittime, 4 uccisioni nella protesta all'Università di Kent nell'Ohio e due giovani uomini datisi alle fiamme davanti gli organi istituzionali (oltre ad un paio d'adolescenti deceduti per overdose, nel contesto idilliaco del concerto di Woodstock), in terra straniera morirono 60.000 giovani, tra marines e membri del corpo militare.
Il bambino indiavolato cinematografico non è frutto di una disillusione dilagante né di un rapportarsi alla realtà tragico, fatalizzante e passivizzante perché non è questo lo spirito dell'epoca.
In America convivevano due tipologie di giovane, entrambe a loro modo attive e reattive: il soldato che combatteva in guerra per fermare l'avanzata comunista, spesso compiendo atrocità (tristemente storica la strage di My lai dove in poche ore i militari torturarono e uccisero quasi 500 donne e bambini) e il ragazzo che scendeva nelle piazze, lottava e sperava quotidianamente, e tra le proprie cause aveva prima di tutto proprio il rientro delle truppe americane. Due forze opposte, un contrasto, l'ennesimo. Come lo spirito puramente hippie, non una moda ma uno status e stato di coscienza, che onorava la natura e aveva una visione perennemente positiva, e lo spirito battagliero studentesco (a cui spesso quello hippie si intrecciava), sempre perlopiù non violento e soprattutto propositivo, concreto e informato sugli eventi sociali e la politica.
In questo apparente contrasto si colloca il bambino indemoniato, tra la consapevolezza di vivere in un mondo terribilmente imperfetto e il coraggio di osservarlo per modificarlo.
I film con soggetto la bambina o il bambino americano posseduto non narrano su tale imperfezione nella modalità più classica ed esplicita, come hanno fatto film dal carattere storico tra i quali L'infanzia di Ivan, che ci mostrava i duri anni della fanciullezza di un bambino rimasto orfano di entrambi i genitori per mano tedesca e costretto a fare da staffetta ed esploratore per i russi, ma anzi ci espongono simbolicamente un male che si annida nella società moderna, il più delle volte in una famiglia borghese, all'apparenza sana; pensiamo a Rosemery 's Baby di Roman Polansky del 1968 dove una donna benestante che vive nel Dakota building a Manhattan partorirà un figlio del Diavolo o L'esorcista in cui la piccola Regan è figlia serena di una madre moderna, ex attrice e atea. In questa realtà di partenza apprezzabile in cui ognuno poteva all'epoca identificarsi si insedia il male.
Esso si fa strada pian piano e poi con atroce violenza, possedendo i membri più fragili di un nucleo famigliare. La passione demoniaca non è altro che la metafora di qualcosa di inaccettabile, esistente, per nulla eterico. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'enfant prodige a cavallo tra gli anni '20 e gli anni '70: personaggi emblematici e influenza storica, dal cinema alla televisione

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Informazioni tesi

  Autore: Ketty Coslovich
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Udine
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Sara Martin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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