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Studio del mercato finanziario: efficienza, analisi tecnica e il caso del Banco Popolare

La teoria del mercato efficiente di Eugene Fama

Nonostante i primi tentativi di formulare una teoria relativa al formarsi del prezzo di equilibrio sui mercati mobiliari risalga ai primi anni del secolo scorso, l'elaborazione completa sulla teoria dell'efficienza del mercato viene fatta risalire ad un articolo dell'economista statunitense Eugene Fama.
Fama si propone di formulare in termini matematico-quantitativi (quindi verificabili) l'assunto proveniente dall'esperienza empirica secondo cui "in un mercato efficiente i prezzi riflettono completamente l'informazione disponibile". Tale assunto, secondo Fama, ha rilievo solo a condizione di essere inserito all'interno di un modello che specifichi la natura dell'equilibrio di mercato quando i prezzi riflettono l'informazione disponibile. I movimenti dei prezzi dipendono, quindi, dall'arrivo di nuove informazioni e non ad un ritardo di aggiustamento verso l'equilibrio. In altre parole, i prezzi di mercato devono essere tali da fornire a chi utilizza tutte le informazioni disponibili un rendimento atteso esattamente pari al rendimento di equilibrio richiesto dagli investitori.
Gli studi empirici a disposizione di Fama all'epoca della stesura dell'articolo (1970) sono basati sull'assunto che le condizioni dell'equilibrio di mercato possono essere interpretate in termini di ritorni attesi. Gli investitori sfruttando l'informazione disponibile sono in grado di crearsi aspettative sul futuro andamento del titoli. La differenza tra il valore attuale e il valore futuro del titolo non è altro che il ritorno atteso dell'investimento.
L'acquisto di un titolo risulta conveniente fino a quando il suo valore non sarà uguale o superiore al suo valore atteso futuro. Pertanto vi è la tendenza ad incorporare nel prezzo di mercato ogni oscillazione che l'informazione disponibile oggi lasci presagire nel futuro.
Stando così le cose, strategie di mercato basate sullo stesso fascio di informazioni –e sullo stesso schema di interpretazione- non possono avere ritorni attesi o profitti superiori a quelli previsti nel prezzo di equilibrio di mercato, frutto della proiezione sul futuro delle conoscenze attuali sul titolo: questa è la definizione di fair game, gioco equo.
Fama, considerando il mercato strettamente compatibile col modello del fair game, cercò di individuare le condizioni di mercato che permettono di far reagire in maniera efficiente il prezzo all'informazione.
Condizioni sufficienti (ma non necessarie) per l'efficienza del mercato finanziario sono:

a) assenza di costi di transazione nella negoziazione dei titoli;

b) tutte le informazioni esistenti sono gratuitamente disponibili per tutti gli operatori del mercato;

c) tutti gli operatori del mercato concordano sull'interpretazione dell'informazione attuale per quanto riguarda sia il prezzo attuale che le distribuzioni future di prezzo per ogni titolo.

Si tratta peraltro di condizioni difficilmente riscontrabili nella realtà dei mercati finanziari e come si diceva sopra, sono condizioni "sufficienti" all'instaurarsi di un mercato efficiente, ma non "necessarie". L'informazione non è infatti disponibile a tutti gli operatori nello stesso momento di tempo: vi sono agenti che la ottengono anticipatamente rispetto ad altri o riescono a crearla mediante filtrazione di notizie già note. Non è neppure vera la convinzione che l'informazione sia sempre gratuita, dato che può essere acquisita da chi già la possiede o derivare da un'analisi piuttosto onerosa. Allo stesso modo, non è possibile supporre la totale assenza di costi legati alla negoziazioni di titoli, così come non è corretto pensare che le aspettative degli investitori siano omogenee poiché le informazioni sono interpretate in maniera dissimile e possono quindi condurre a comportamenti eterogenei.
L'ipotesi di efficienza elaborata da Fama prevede che, malgrado la presenza di elevati costi di transazione, di investitori non perfettamente informati o comunque in possesso di differenti interpretazioni dei dati di mercato, si avrà comunque un mercato efficiente purché:

. un numero sufficiente di investitori abbia accesso all'informazione e questa non sia monopolio di pochi;

. il disaccordo sull'influenza delle notizie disponibili sul prezzo e il rendimento futuro (diversità nelle aspettative) non permetta a taluni agenti di battere costantemente il mercato;

. La presenza di tasse e costi di transazione non sia tale da scoraggiare gli scambi (alcuni non avranno luogo ma quelli posti in essere potranno avvenire al prezzo di equilibrio del momento).

Un'importante conseguenza dell'efficienza riguarda il fatto che se il set informativo è il riflesso completo e corretto del prezzo allora non esistono titoli sovra o sotto quotati dato che la quotazione è la migliore stima del valore intrinseco. In assenza di azioni mispriced (prezzate male) non si possono realizzare sistematici profitti speculativi dall'attività di negoziazione e ciò permette di ottenere dall'investimento un risultato coerente col suo livello di rischio.
Le ricerche empiriche hanno invece dimostrato l'importanza della presenza delle condizioni sub a) b) c) affinché un mercato possa considerarsi efficiente ed in equilibrio secondo l'ipotesi di Fama. Se ipotizziamo che in un mercato efficiente i prezzi siano in grado di adeguarsi rapidamente al sopraggiungere di nuova informazione (senza anticipare quindi il mercato realizzando extra-profitti), allora non vi sarebbe nessun bisogno sentito di acquisire tale nuova informazione, a maggior ragione se questa necessita di costi per l'acquisto. In questo modo l'attività di trading non avrebbe più senso di
esistere e non vi sarebbe più convenienza a negoziare titoli azionari non potendo migliorare la propria performance rispetto ad una strategia di buy&hold. Inoltre il mercato subirebbe un continuo impoverimento capace di condurre lo stesso al limite della sopravvivenza.
In conclusione, un mercato efficiente non può esistere, per lo meno nella sua strong form; è necessaria la presenza di un processo interattivo dinamico tra mercato ed informazione, alimentato da un costante alternarsi di equilibri e squilibri. E lo stesso Fama ha apprezzato tale critica al suo modello di efficienza. Vi è poi una seconda versione dell' Efficient Market Hypotesis (EMH), ritenuta forse più aderente alla realtà, che vede i prezzi come mezzo in grado di riflettere l'informazione fino al punto i cui i benefici marginali (derivanti dall'agire sulla base delle notizie disponibili) non eccedono i rispettivi costi marginali.
Fama, con il contribuito di altri studiosi, definisce il concetto di "prezzo che riflette pienamente l'informazione" in termini di rendimento atteso derivante dalla detenzione di una determinata attività. Il rendimento atteso, che caratterizza il processo di formazione efficiente del prezzo e che è pari ai dividenti attesi più la variazione attesa dei prezzi divisa per il prezzo iniziale, è considerato da Fama (nei suoi studi empirici) come una variabile stocastica all'interno della quale è già incorporato il set informativo rilevante.
Gli studi per la ricerca empirica del processo di formazione efficiente dei prezzi sono condotti con lo scopo di verificare se è possibile o meno generare rendimenti "anormali", intesi come differenza tra il rendimento effettivo e rendimento atteso. Si tratta quindi di un rendimento atteso che si trova implicito in un qualsiasi modello di equilibrio del mercato (ad es. il CAPM), ma a differenza di questi modelli che nel calcolo del rendimento effettivo tengono conto dei costi di transazione e considerano un rischio sistematico pari a beta, le ricerche empiriche pongono i costi di esecuzione e quelli di opportunità pari a zero.
L'evidenza empirica viene poi messa a confronto col "rendimento anomalo" per verificare se quest'ultimo è positivo. Tuttavia, anche se esso dovesse risultare diverso da zero, non sarebbe sufficiente e corretto per dichiarare l'inefficienza del processo di formazione del prezzo. Questo perché il test empirico dipende in larga parte dal rendimento atteso calcolato sulla base di un pricing model e se quest'ultimo non è ben specificato, è chiaro che le conclusioni possono essere discutibili.
Il prezzo di equilibrio di una attività finanziaria riflette in modo completo e continuo tutta l'informazione disponibile e rilevante (posseduta in maniera disomogenea dai diversi agenti del mercato) al fine di eliminare qualsiasi possibilità di extra profitto da parte degli operatori che raccolgono direttamente l'informazione sul mercato rispetto a quelli che osservano unicamente le oscillazioni del prezzo sul mercato di riferimento. In altre parole, il prezzo di equilibrio aggrega l'informazione posseduta dai singoli agenti e si adegua di continuo all'arrivo di nuova informazione. Ma nei mercati finanziari reali questa caratteristica esisterebbe solo se gli operatori fossero in grado di accedere liberamente a costo zero a tutta l'informazione disponibile del mercato. Poiché questa situazione non è realistica test empirici hanno proposto diverse misure del grado di efficienza di un mercato in base al tipo di informazione che viene trasmessa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Studio del mercato finanziario: efficienza, analisi tecnica e il caso del Banco Popolare

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Informazioni tesi

  Autore: Tamara Nicole Burato
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Commercio
  Relatore: Veronica De Crescenzo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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