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La nuova Russia e la politica di neoegemonia all'interno della CSI

Gli anni di Putin e gli sviluppi della CSI

Vladimir Vladimirovič Putin, nativo di Leningrado, l’odierna San Pietroburgo, visse un’infanzia povera all’interno di una kommunalka, un appartamento condiviso da più famiglie. Figlio di un’operaia e di un sommergibilista della Marina Militare sovietica, nel 1975 si laureò in Diritto Internazionale presso l’Università Statale di Leningrado e si iscrisse al PCUS. Finiti gli studi, entrò nel KGB, organizzazione per la quale lavorò in diversi ruoli fino al 1990 e che lo portò anche a vivere per cinque anni a Dresda, nella Repubblica Democratica Tedesca. Nel 1990 fu richiamato a Leningrado, dove fu inserito nella sezione di Affari Internazionali dell’Università Statale e strinse i rapporti con Anatolj Sobčak, l’allora Sindaco di Leningrado, nonché professore assistente e relatore di Putin ai tempi degli studi. Divenutone Consigliere per gli Affari Internazionali nel maggio del 1990, nel giugno del 1991 fu poi posto a capo del comitato per le relazioni esterne della città. Il 20 agosto dello stesso anno, in seguito al fallito golpe, Putin rassegnò le proprie dimissioni dal KGB.
Nel 1992 gli venne affidata la direzione SPAG, un’agenzia immobiliare tedesca con sede a San Pietroburgo. Nel 1994 venne nominato deputato alle elezioni supplementari della città di San Pietroburgo. Dal 1995 fino al giugno del 1997 Putin guidò la delegazione pro-governo della città nel Partito politico Nostra Casa-Russia; durante questo stesso periodo fu inoltre a capo del Gruppo editoriale del giornale Sankt-Peterburgskie Vedomosti. Nel 1996, in seguito alla sconfitta elettorale di Sobčak ed alla vittoria di Jakovlev come Sindaco di San Pietroburgo, Putin venne chiamato a Mosca e divenne Capo Delegato del Dipartimento per la Gestione della Proprietà Presidenziale, mentre l’anno successivo El’cin lo pose alla direzione del Personale Presidenziale. Tra maggio e luglio del 1998 fu nominato Primo Delegato Capo del Personale Presidenziale per le Regioni e Presidente della Commissione per la Preparazione degli Accordi sulla limitazione del potere alle Regioni, assumendo poi ad agosto la leadership del FSB. Nel marzo del 1999 diventò il Responsabile del Consiglio di Sicurezza della Federazione russa ed il 9 agosto Primo Ministro. Dopo le dimissioni di El’cin, si ritrovò ad essere Presidente ad interim in quanto Capo del Governo ed ebbe modo di accrescere la propria fama dimostrando durezza e personalità nell’affrontare la crisi caucasica. Alle elezioni presidenziali del 26 marzo 2000 Putin vinse al primo turno con il 52,94% dei voti (39.740.467 preferenze), staccando nettamente Zjuganov (29,21%, 21.928.468).
Il neo Presidente federale dovette innanzitutto confrontarsi con le recrudescenze dello scenario caucasico: dopo la pacificazione del Daghestan, realizzata nel settembre del 1999, era riesploso il conflitto tra Mosca e Grozny.
Il 26 agosto, infatti, l’esercito russo lanciò un’offensiva armata, volta alla riconquista dei territori in mano ai separatisti ceceni e basata inizialmente su pesanti bombardamenti. Il primo ottobre Putin, da poco nominato Primo Ministro, dichiarò illegittima l’autorità del Presidente ceceno Maskhadov e del Parlamento a lui sottoposto. Il 10 ottobre Maskhadov presentò un piano di pace, nel quale si prendevano le distanze dai leader della guerriglia Basev e al-Khattab e se ne condannavano gli attentati terroristici, ma Putin non volle aprire nessuna trattativa ed optò per la prova di forza. Il Presidente ceceno, a sua volta, dichiarò la jihad, la guerra santa, contro la Federazione russa, richiamò nell’esercito tutti i riservisti ed istituì la legge marziale. Il 2 febbraio del 2000, dopo mesi di duri scontri, i Russi presero Grozny, ormai un cumulo di macerie, e le ostilità si spostarono nelle zone montuose della regione. Entro maggio, l’esercito russo aveva assunto il controllo della quasi totalità del territorio ceceno: di conseguenza, Putin poté imporre un nuovo Governo filorusso, guidato da Akhmad Kadyrov. La situazione venne così stabilizzata, almeno per il momento, anche se gli scontri fra Russi e ribelli indipendentisti ceceni si protrassero fino al 2009.
La fermezza dimostrata da Putin nell’affrontare la seconda crisi cecena gli valse un’immediata credibilità, sia interna che internazionale. Il Presidente ebbe allora la possibilità di concentrarsi sui problemi salienti della Federazione russa, come il miglioramento delle condizioni economiche e l’affermazione del potere centrale sui gruppi oligarchici di potere che avevano prosperato negli anni el’ciniani.

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La nuova Russia e la politica di neoegemonia all'interno della CSI

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Informazioni tesi

  Autore: Fabrizio Barbon Di Marco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze internazionali e diplomatiche
  Relatore: Cesare La Mantia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 81

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