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Le politiche per la Salute Mentale e il caso del Centro Diurno di Manfredonia

I servizi per la salute mentale di comunità del futuro

L'O.M.S. ha indicato nel programma per la salute mentale tra i ventuno obiettivi per il 21° secolo proprio la questione dell'organizzazione dei servizi, ribadendo che per l'anno 2020 il benessere psico-sociale di tutta la popolazione dovrebbe essere migliorato e migliori servizi dipartimentali dovrebbero essere disponibili e accessibili per le persone con problemi di salute mentale. (2001).
L'OMS considera di notevole importanza che i suddetti servizi debbano soddisfare i bisogni dell'intera popolazione, considerando le specificità delle fasce d'età e della patologia nell'ambito della continuità dei percorsi.
Occorrerà definire una scienza interdisciplinare della salute mentale di comunità, passando dagli attuali dipartimenti di psichiatria, centralizzati e sostanzialmente monoprofessionali, o meglio egemonizzati da una cultura subalterna, a una psichiatria parcellizzata, cioè a dei veri dipartimenti di salute mentale interdisciplinari, capaci di sviluppare sul campo una cultura interdisciplinare. Essi devono passare dal prevalente momento terapeutico-riabilitativo a quello terapeutico-preventivo. Tra l'altro, la stessa fase terapeutico-riabilitativa si è sviluppata a macchia di leopardo sul territorio nazionale.
Come risulta dalla recente ricerca del gruppo di Napoli di Lorenza Magliano (2007), i servizi italiani utilizzano l'approccio riabilitativo in meno del 30% dei casi e tecniche di provata efficacia come quelle psicoeducazionali in meno del 10% dei casi. Se tale dato fosse confermato su larga scala vorrebbe dire che l'approccio biologico-farmacologico è largamente dominante. È necessaria, allora, una nuova deistituzionalizzazione, cioè il superamento in avanti della logica delle strutture per praticare un approccio di "riabilitazione mobile nella comunità", capace di intervenire precocemente sui processi di desocializzazione o di disabilità sociale appena essi iniziano, senza aspettare che essi si stabilizzino, o peggio si cronicizzino.
Il tema degli interventi precoci è oggi all'ordine del giorno in Italia, ma andrebbe esteso e valutato per tutti gli altri disturbi.
La necessità di una nuova deistituzionalizzazione è affermata con forza come completamento della rete dei servizi e come proiezione verso il futuro.
Un modello che si fonda sui principi di riabilitazione mobile nella comunità attraverso il sistema delle reti dei servizi è stato realizzato nella regione Toscana grazie al lavoro di molti psichiatri che costituiscono il CPT (Coordinamento degli Psichiatri Toscani). Essi hanno lavorato in sinergia con il gruppo regionale dei coordinatori dei DSM e dei funzionari della regione Toscana addetti al settore per ridefinire il cosiddetto modello toscano dei servizi di salute mentale.
Tale modello si fonda sull'idea che il progetto individualizzato vada costruito su misura per il paziente e per la sua famiglia, esso può essere richiesto a gran voce dalle associazioni degli utenti e può nascere dall'incrocio della continuità terapeutica, attraverso la rete dei presidi del servizio con il gruppo multiprofessionale che utilizza le risorse della rete informale.
L'idea centrale è quella di una rete di servizi, garantita da un'unica équipe multidisciplinare, che gestisce tutti i livelli uniformi ed essenziali di assistenza.
Il banco di prova di questa idea è la sua capacità di articolarsi sui tre livelli del sistema sanitario toscano: le Aree Vaste, le Aziende ASL e soprattutto le costituende Società della Salute Zonali, dove il settore della salute mentale può tornare a essere una priorità all'interno dei processi di integrazione con gli altri servizi comunitari.
La preoccupazione è che il disagio psichico e il malessere nelle comunità siano destinati ad aumentare e che sarà necessario approntare risposte sufficientemente civili.
Le strade percorribili sono due: a) la sanitarizzazione del malessere che comporta l'uso massiccio, in continuo aumento, di psicofarmaci; b) la prevenzione del disagio psichico che comporta una nuova radicale riforma dei servizi di salute mentale, nel senso inteso dall'Organizzazione Mondiale della Sanità di costruire dei servizi di comunità dipartimentali, aperti a tutta la comunità di riferimento, per tutte le patologie e per tutte le classi di età, i quali privilegino nella loro pratica l'approccio preventivo primario, secondario e terziario.
La prima strada è quella più facile e sul breve periodo è destinata a prevalere (come attestano i dati di Lorenza Magliano), anche perché è omogenea alle strategie economiche e culturali dominanti, cioè al mercato della salute e al consumismo generale, ma che alla lunga ha un limite ecologico: l'insostenibilità economica della spesa sanitaria che ne deriva, destinata a crescere fuori da ogni controllo.
La seconda, più complessa, implica una nuova rivoluzione culturale che ponga al centro la salute e non la malattia, che allochi risorse economiche e umane qualificate nel settore della salute mentale, in modo da sviluppare la capacità dei servizi specialistici di essere attivamente presenti nella comunità, di cooperare con i servizi socio-sanitari di primo livello (soprattutto i medici di medicina generale), di lavorare con lo strumento del gruppo, in primo luogo con la comunità organizzata per gruppi, a partire da quello strumento potente di attivazione sociale che sono i gruppi di auto-mutuo-aiuto fondati sul protagonismo e sull'esperienza diretta di chi ha superato il problema.
La prevenzione implica programmi universali sul disagio in generale (ad es., per i minori, in particolare gli adolescenti nella scuola), o selettivi, sui gruppi riconosciuti a rischio (ad es., separati, vedovi o pensionati per la depressione), oppure specifici per gruppi a rischio elevato con segni oggettivi di disagio (ad es., vedovi con familiarità per la depressione).
Questa è la scelta che si pone alle nostre comunità e ai decisori che sono quelli delegati a fare le scelte e a renderle operative. Da questa scelta, dal grado di sviluppo del potenziale umano, dall'empowerment dei cittadini e dal capitale sociale delle comunità che ne potrà derivare si misurerà il grado di civiltà che saremo in grado di raggiungere.
E' stato avviato un percorso seminariale verso la seconda Conferenza Nazionale per la Salute Mentale.
Rispettando la riforma del titolo quinto della Costituzione, si può puntare a varare un nuovo Progetto Obbiettivo Nazionale che metta al centro i servizi di salute mentale di comunità, definendo i livelli essenziali di assistenza dove il momento terapeutico preventivo sia prioritario a cominciare dalla certezza delle risorse allocate e istituendo finalmente un sistema informativo nazionale della salute mentale capace di leggere i bisogni emergenti della popolazione, di misurare gli interventi psico-sociali nella comunità e di valutare gli esiti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le politiche per la Salute Mentale e il caso del Centro Diurno di Manfredonia

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Informazioni tesi

  Autore: Grazia Amoruso
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Dora Gambardella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 139

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