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Cominus et eminus: la tipografia alla Campana. Annali di Vittorio Baldini (1575-1618) e dei suoi eredi (1618-1621)

L’immagine e la pagina

Definito da alcuni repertori (fra cui quello on-line Opal-plus della Bibliothéque nationale de France: “graveur et dessinateur”) incisore, Baldini si occupò probabilmente di intagliare alcuni legni poi utilizzati per arricchire i frontespizi delle sue edizioni. Si ritiene tuttavia eccessivo rivestire lo stampatore ducale di una competenza che si rileva, a seguito del censimento, attestata come marginale e sporadica nella sua vicenda professionale. Bénézit tuttavia lo cita come:
graveur sur bois et imprimeur. En 1598, il était imprimeur ducal et papal. Il s’occupa aussi de littérature, fit quelques sonnets et, en 1591, il publia une chronologie ecclésiastique. Il fit les trentecinq gravures sur bois qui ornent les Profetie dell’Abbate Gioachino et di Anselmo Vescovo di Marsico, ainsi que les planches typographiques de la Difesa par riparare alla sommersione del Polesine di S. Giorgio, d’Aleotti, imprimé en 1601. D’après Papillon, il illustra l’Amynte du Tasse pour l’édition de 1599 et, d’après Nagler, il serait l’auteur aussi des illustrations de l’ouvrage de Guarini, Pastor fido, publié en 1606.
Non vi è però testimonianza certa di un coinvolgimento del tipografo nell’incisione delle raffigurazioni citate più sopra. È probabile che Vittorio si industriasse rozzamente, e in modo piuttosto approssimativo, nell’intaglio di alcune raffigurazioni, più che altro vignette appena abbozzate come quelle delle edizioni sui turchi per esempio, senza lasciare una traccia tangibile della sua paternità.
Del resto Cittadella ricorda “che molti stampatori eseguissero per se stessi gl’intagli per la parte sillografica delle loro edizioni; quali … un Vittorio Baldini ed altri”. Solo in una vignetta però compaiono le lettere VBF che, sebbene non consentano un’attribuzione incontrovertibile dell’opera incisa, quantomeno suggeriscono un coinvolgimento del tipografo.
Le iniziali appaiono per la prima volta nell’edizione 1610 dell’Oratio de laudibus d. Caroli cardinalis Borromei di Gaspare Levalori (apparsa l’anno successivo, con la medesima vignetta, ma in volgare con il titolo: Orazione delle lodi di santo Carlo, cardinale Borromeo), quindi, sempre nel 1610, nell’edizione dei Versi sopra la desiderata canonizatione del già beato, hora santo Carlo Borromeo di Giulio Nuti. Ricompaiono nell’edizione 1612 della Predica in laude di San Carlo di Bartolomeo Cafarelli. La vignetta è sempre la stessa, riutilizzata all’occorrenza in opere il cui contenuto è evidentemente legato alla figura di san Carlo. In essa il santo orante rivolge la propria preghiera a mani giunte al crocifisso incastonato in una pietra con il simbolo della morte (un teschio) posta su un tavolo accanto al cappello cardinalizio. La fattura, seppur grossolana, si sofferma sui particolari del volto, sul panneggio della veste denotando una certa ricerca del particolare. La periodizzazione suggerirebbe l’attribuzione a Vittorio junior, volendo anche interpretare la F del’iscrizione non tanto come FECIT, quanto piuttosto come FILIUS. Nessun dato storico consente comunque di attribuire la paternità dell’opera al figlio, se non una supposizione sostenuta dal fatto che, nel 1615, è Vittorio junior a firmare la dedica de La trappolaria formulando le parole “quanto mio padre ſi | ſtimò auuenturoſo, e felice, tanto | in me, d’incaminarmi con lo ſteſ- | ſo mezzo delle noſtre Stampe”. Vittorio junior lavorava presso e con il padre già da qualche anno e forse fu lui ad intagliare la vignetta di san Carlo avendo appreso dal padre l’arte dell’incisione.
Non è dello stesso avviso Cittadella, il quale riporta:
1610. Disse che Vittorio Baldini (del quale ho parlato all’articolo Stampatori) operava intagli per le opere ch’esso stampava: nel frontispizio dell’Orazione in lode di s. Carlo Borromeo di Gaspare Levalori trad. dal latino in italiano dal nipote G. Francesco Levalori (Ferrara, Baldini: 1610, in 4°) vi è il ritratto del santo con la sigla del tipografo VBF.
Incerta risulta l’attribuzione del ritratto di santa Caterina da Siena nell’edizione 1616 della Narratione della nascita, vita, e morte della B. Lucia da Narni di Giacomo Marcianese. La xilografia è siglata BVN: F, ed oscura rimane l’attribuzione alla lettera N di un qualche significato collegabile alla biografia della famiglia Baldini. La scomparsa nel 1615 di Vittorio junior lo posizione fuori dal gioco delle attribuzioni nel quale però non è possibile identificare nessun altro.
“Mentre la storia della silografia è quasi esclusivamente legata alla storia del libro, quella della calcografia può essere studiata indipendentemente da esso”, infatti caso a parte nella storia della produzione baldiniana rappresentano le illustrazioni calcografiche, eccezionali per la loro rarità e per la cura delle raffigurazioni. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Cominus et eminus: la tipografia alla Campana. Annali di Vittorio Baldini (1575-1618) e dei suoi eredi (1618-1621)

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Sonzini
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in Scienze Bibliografiche, Archivistiche, Documentarie e per la Conservazione e il Restauro dei Beni Librari e Archivistici
Anno: 2009
Docente/Relatore: Marco Santoro
Correlatore: Angela MariaNuovoUgoRozzo
Istituito da: Università degli Studi di Udine
Dipartimento: Lettere e filosofia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 796

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