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Eleonora Duse epistolografa: le lettere alla famiglia Orvieto (1901-1908)

Una scrittura da palcoscenico

In una lettera a Giovanni Papini, Eleonora Duse confessa che la sua vocazione alla scrittura è un'eredità della madre Angelica, coltivata fin dai primi anni d'infanzia:

Questo di parlare, così, o con la matita che va o col pensiero, è, anche questa, una antica ricchezza (per me!) lasciatami da Mamma mia, che, in me, vedeva chissà quali doni di magia, povera cara e … s'estasiava quando vedeva, me, bambina, che bastavo a me stessa, e parlavo, con la seggiola, o con altri oggetti.

Quella vocazione si esprime innanzitutto nella scrittura epistolare, mentre rifugge la consuetudine degli attori e delle attrici dell'epoca di affidare all'autobiografia il ricordo delle proprie esperienze teatrali. Questa idea non sfiorò mai la Duse, che ribadisce il proprio rifiuto in una lettera ad Adolfo Orvieto:

Io so che quando uno s'illude di scrivere le sue "memorie"; ebbene "memorie" vuol dire: salvare dall'oblio "dunque: teniamole a mente, quel tanto che basta, per non accettare più una falsa ospitalità.

E poco più oltre aggiunge: "Le giuro caro amico di Borca e Cortina, che io non scriverò mai le mie memorie! glielo giuro!".

Ma la scrittura della Duse è in realtà difficilmente inscrivibile all'interno di un genere preciso. Anche nelle lettere il suo stile rivela un'assoluta originalità, e allo stesso tempo una debolezza sintattica e strutturale che lo rende del tutto inadeguato a qualsiasi tipo di scritto destinato alla pubblicazione.
L'arte scenica dell'attrice "contamina" anche lo stile dell'epistolografa. Eleonora scrive come se stesse recitando, utilizzando lo spazio della lettera quasi come se fosse un palcoscenico, ma comunicando spesso con una platea inesistente: il destinatario delle sue lettere è formalmente dichiarato, ma in realtà esse diventano il luogo di frequenti e angoscianti monologhi sul suo dolore di vivere. Tali monologhi sono scanditi dall'uso insistito di puntini di sospensione, simbolo di frequenti silenzi e di omissioni reiterate, dall'uso dei trattini, dai grandi spazi bianchi collocati tra le parole, dagli a capo continui; ne deriva una scrittura emotiva e recitata, che non deve essere esclusivamente letta ma alla quale è necessario prestare ascolto. Si vedano, a conferma di ciò, alcuni esempi tratti dalle lettere agli Orvieto:

Stasera undecima recita … - Un foglietto di carta da lettera per dire la Vita e la morte, - un atlantico da traghettare - e un'arte, da portar per il mondo!! - Da che parte cominciare? Dire la Vita? - Dire la pena?


-Per quanti, mai anni dovrò trascinare l'angoscia di un prestito,
- con l'età che declina, e con la impossibilità d'una illusione" nel mio lavoro????
? ? -
Ora - io domando -
Se non era possibile attendere a lasciarmi andar via.
Come io -
e darmi un po' di tempo e pace per lavorare -?


Benozzo -
stamane, bisogna mandarmi una paroletta …
("sorrisa e breve")
ma bona -
Stamane mi sveglio. e devo rispondere a dei telegrammi che mi porteranno lontano … - è la mia sorte -
- vorrei essere pari alla sorte e andarmene … senza soffrire.


Tanto, tanto Bene,
anch'io
anch'io - mi creda mi creda!
Ho tanta sete
di Bene e d'amore, che il darmene quanto me è come sogno.



Emerge una scrittura caratterizzata dall'oralità, dall'inclinazione al parlato, in cui i segni di interpunzione assumono la funzione di mutamenti di tono. Questo comporta, all'interno della prosa dusiana, una tensione continua tra silenzi e sfoghi improvvisi, tra detto e non detto, confermata anche dalle continue sottolineature, da alcune parole scritte con caratteri più grandi e dall'uso abnorme di punti esclamativi e interrogativi.
Sembra quasi che la Duse, oltre a sovvertire la tradizione teatrale del suo tempo, faccia lo stesso con le regole convenzionali della scrittura. Le lettere agli Orvieto, in questo senso, si rivelano una fonte ricca e preziosa di elementi che contraddistinguono la sua scrittura. Prendendole in esame emerge innanzitutto una personalità di scrittrice estrosa, dai forti accenti emotivi ed egocentrici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Eleonora Duse epistolografa: le lettere alla famiglia Orvieto (1901-1908)

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Informazioni tesi

  Autore: Giovanna Sansone
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Letteratura, Filologia e Linguistica italiana
  Relatore: Beatrice Manetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 134

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Parole chiave

scrittura
amicizia
lettere
palcoscenico
epistolare
eleonora duse
famiglia orvieto

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