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Giochi d'identità - Il fu Mattia Pascal e Juegos de la edad tardia

Il ritorno all’identità rinnegata

La tanto agognata libertà non genera i frutti desiderati. Gregorio e Mattia si ritrovano in una nuova trappola, quella che hanno creato, ora, con le proprie mani. Entrambi non possono più sopportare il peso delle bugie. D’altronde, gli eventi iniziano a complicarsi.
La morte di Mattia, ad esempio, è solo una morte anagrafica, ma la morte anagrafica diventa una morte storica. Mattia scopre di non aver diritto nemmeno a possedere un cagnolino, per compagnia. Non può permettersi alcun legame, pena l’identificazione. Mattia è vivo per la morte, ma è morto per la vita. È escluso. Adriano Meis ha ottenuto l’opportunità di libertà a cui anelava Mattia, ma non è servito a nulla. Quella libertà non può essere usata, non le si può conferire nessun valore perché è inesistente per gli altri. Adriano salva una donna da un gruppo di malviventi ma non può presentarsi davanti ai poliziotti. Il suo nuovo stato è sì una maniera di avere una vita diversa ma è anche un modo per non avere nulla poiché egli non appare in nessuna storia, non può partecipare a nulla perché lui non esiste. E così Mattia si sente terribilmente solo, anche se la solitudine è la condanna che deve pagare per non essere scoperto, per continuare a vivere la sua seconda vita. Vive solo con se stesso e non c’è testimone della sua vita. È un turista eterno, viaggiatore solitario, incapace di andare più in là della superficialità delle cose. È solo perché non è da nessuna parte. Adriano Meis si converte, quindi, nel desiderio di essere qualcuno (diverso da Mattia Pascal) e il terrore di essere qualcuno.
Dopo che scopre il furto di dodici mila lire, Mattia, che non può denunciare il furto, cammina per le vie di Roma e pensa:
gli occhi mi s’affisarono su l’ombra del mio corpo, e rimasi un tratto a contemplar-la;[…] Chi era più ombra di noi due? Io o lei? Due ombre! Là, là per terra; e ciascuno poteva passarci sopra: schiacciarmi la testa, schiacciarmi il cuore: e io, zitto; l’ombra zitta. L’ombra di un morto: ecco la mia vita. […] Il simbolo, lo spettro della mia vita era quell’ombra: ero io, là per terra, esposto alla mercé dei piedi altrui. Ecco quello che resta-va di Mattia Pascal, morto alla Stìa: la sua ombra per le vie di Roma. Ma aveva un cuore, quell’ombra, e non poteva amare; aveva denari, quell’ombra, e ciascuno poteva rubarglieli; aveva una testa, ma per pensare e comprendere ch’era la testa di un’ombra e non l’ombra d’una testa. Proprio così!

L’ultima parte de Juegos mette in scena la nuova crisi di Gregorio. La repentina notizia dell’arrivo di Gil alla città fa tremare l’intera finzione giullaresca che Gregorio aveva costruito. Finora spettatore lontano, Gil non rappresentava nessun pericolo ma ora che diventa spettatore reale e vicino tutto cambia. Il pusillanime impiegato di una mediocre azienda di vini e olive, di statura anonima, quarantenne che non ha mai viaggiato, non conosce le lingue, non ha finito gli studi, che sua suocera chiama “cataplasma” e l’accusa di non essere in grado nemmeno di avere figli, aveva creato a un Augusto Faraoni, poeta ventenne, romantico, bohème, celebre in tutto il mondo, il membro più importante del fittizio Café de los Ensayistas. Nove anni di conversazione telefonica permettono a Gregorio di costruire un intero mondo fatto di bugie e falsità. Alla fine, però, bisogna fare i conti con la realtà. Gil annuncia il suo arrivo alla tanto desiderata città. La finzione è a punto di sgretolarsi. Allora, Gregorio scappa dalla sua casa, dalla famiglia, dal lavoro e si nasconde in una stanza di un’anonima pensione affinché Gil non lo trovi. Ma la non-vita che ora deve affrontare ben presto non ha più quel fascino che aveva nella sua mente:
la visión de un futuro solitario y mísero lo llenó de espanto. Recordó su casa, la brocha de afeitar, el arroz en su punto, las zapatillas serviciales, el olor de la franela recién planchada [...] Ahora no tenía nada. [...]Palabras, esto es lo que poseía. Solo algunas palabras de uso íntimo, algunos nombres proprio de quitar y poner. Eso era todo. Recordó los tiempos en que el amor y la poesía lo conviertieron en señor del mundo, la época feliz o inverosímil en que bastaba llamar a las cosas por sus nombres secretos, o rimarlas, para adueñarse de ellas. Con un palito trazó unos signos en la arena. Luego los borró. Así era su vida, breve e ilusoria

Gregorio continua nella sua meditazione:
No, la vida vagabunda no era para él, se repitió mientras comía. Había que terminar con aquella pesadilla, al precio que fuera, empeñando en ello si era preciso el oro del orgullo: cualquier cosa antes de precipitarse para siempre en el infierno de la necesidad
Di conseguenza, intrappolati in una via senza uscita, le uniche soluzioni possibili sono due: o il suicidio di se stessi o l’omicidio del proprio doppio. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Giochi d'identità - Il fu Mattia Pascal e Juegos de la edad tardia

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Informazioni tesi

  Autore: Veronica Capasso
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Francesco De Cristofaro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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