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Distribuzione personale del reddito e Top Incomes

Distribuzione del reddito e diseguaglianze: l’Italia e gli altri

La preoccupazione di una crescita economica distribuita in modo diseguale è diffusa. In febbraio 2008, un sondaggio della BBC indicava che circa i due terzi della popolazione di 34 paesi consideravano che “gli sviluppi economici degli ultimi anni” non fossero stati condivisi in modo equo. In Corea, Portogallo, Italia, Giappone e Turchia, oltre l’80% delle persone interrogate condividono la stessa opinione. Numerosi altri studi hanno messo in luce la stessa preoccupazione.
L’opinione pubblica avrebbe quindi ragione di pensare che “i ricchi siano diventati ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri”? Come succede spesso con le domande semplici, la risposta è molto più difficile. Indubbiamente, i paesi più ricchi si sono arricchiti ancora di più e la situazione di alcuni paesi più poveri è relativamente peggiorata.
In compenso, la rapida crescita dei redditi in Cina e in India ha consentito a milioni di persone di superare una condizione di povertà. Si potrebbe quindi considerare che una visione pessimista o ottimista della disuguaglianza dei redditi e della povertà nel mondo sia paragonabile al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Le due percezioni sono esatte.
Ammettendo che il mondo stia diventando meno equo, la globalizzazione non spiega tutto. Ci sono altre spiegazioni attendibili –il cambiamento tecnologico skill-biased (chi sa sfruttare le opportunità dell’Internet è vincente, per esempio, mentre chi non le conosce, è perdente) o il cambiamento dei costumi politici (sindacati più deboli e lavoratori meno protetti rispetto al passato) -- che potrebbero spiegare l’accentuata disuguaglianza. Tutte le suddette teorie sono difese da autorevoli rappresentanti del mondo accademico. In realtà, è molto probabile che l’insieme dei fattori sopradescritti contribuiscano all’aumento della disuguaglianza.
Il rapporto OCSE esamina 30 Paesi industrializzati dell’OCSE ed evidenzia che dalla metà degli anni ottanta la disuguaglianza di reddito si è accentuata. Tale ampliamento della disparità sarebbe però sin dalla metà degli anni settanta. L’accentuarsi della disuguaglianza è riscontrabile nella maggior parte dei paesi (ma non tutti). Di recente, la disuguaglianza di reddito è notevolmente aumentata in Canada e in Germania, mentre è diminuita nel Messico, in Grecia e nel Regno Unito.
Tuttavia, la tendenza all’aumento della disuguaglianza del reddito –nonostante sia diffusa e significativa -- non ha mai raggiunto livelli tali da essere ritenuti spettacolari come probabilmente pensa la maggioranza della gente. Difatti, l’aumento medio per un periodo di 20 anni è stato di circa 2 punti dell’indice di Gini (il coefficiente di Gini è il miglior metodo per misurare la disuguaglianza di reddito). Un aumento equivalente a quello della differenza della disuguaglianza del reddito fra Germania e Canada – senz’altro degna di nota, ma che non ci autorizza a dire che si tratti di una grave crisi della società. La differenza fra la realtà evidenziata dai dati e quello che pensa la gente è indubbiamente ascrivibile al così detto effetto "Hello magazine" – ossia alla lettura di notizie spettacolari sulle vicende dei plurimiliardari, che si sono arricchiti ancora di più e che perciò attirano l’attenzione dei media. I redditi dei plurimiliardari non sono stati esaminati nel rapporto, giacché non possono essere adeguatamente misurati con le abituali fonti di dati sulla distribuzione dei redditi. Ciò non significa che i loro redditi non siano importanti – se la gente è preoccupata dalla dalla disuguaglianza è principalmente perché annette importanza alla giustizia e molte persone pensano che i redditi di alcune persone siano eccessivamente ingiusti.
Il contenuto aumento della disuguaglianza registrato negli ultimi venti anni maschera una più ampia tendenza soggiacente. Nei paesi industrializzati i governi hanno aumentato le tasse e la spesa per compensare la crescita della disuguaglianza. In realtà, oggi la spesa governativa nel settore delle politiche sociali ha raggiunto i suoi più alti livelli storici. Ovviamente, i governi devono spendere di più a causa del rapido invecchiamento demografico – sono necessarie più risorse per finanziare le cure sanitarie e le pensioni.
L’effetto ridistributivo della spesa governativa ha attenuato l’aumento della povertà dalla metà degli anni ottanta fino alla metà degli anni novanta, ma nel decennio successivo si è riscontrata una tendenza opposta, giacché gli assegni sociali per i meno abbienti sono diminuiti. Se i governi non compensassero più le disuguaglianze, se diminuissero gli assegni sociali o attuassero politiche fiscali e previdenziali meno favorevoli ai poveri, la crescita della disuguaglianza sarebbe ancora più rapida.
Lo studio evidenzia che alcuni gruppi della società hanno migliori redditi rispetto ad altri. Negli ultimi venti anni, i redditi delle classi di età che coincidono con l’età pensionabile (55-75 anni) sono aumentati di più rispetto ad altre classi di età. Difatti, in molti paesi la povertà dei pensionati è diminuita a un ritmo molto rapido, tanto da essere inferiore al livello medio di povertà della popolazione dell’insieme della zona OCSE. Ciò avviene nonostante siano disponibili dati sempre più numerosi che dimostrano quanto il benessere dei più piccoli sia decisivo per il futuro dell’adulto che diventeranno. Le condizioni di vita durante l’infanzia incideranno sul futuro reddito, sulla salute, e su tanti altri aspetti. L’accentuarsi della povertà dei bambini merita una maggiore attenzione dei poteri pubblici rispetto a quanto si osserva oggi in molti paesi. Bisogna prestare una maggiore attenzione allo sviluppo dei bambini (come previsto dalla recente legislazione americana) affinché nessun bambino sia dimenticato.
Puntare sull’aumento delle tasse e della spesa pubblica deve essere solo una misura temporanea.
L’unico approccio sostenibile per ridurre la disuguaglianza è di intervenire per bloccare la soggiacente disparità tra redditi da lavoro e da capitale. In particolare, dobbiamo far sì che le persone siano in grado di lavorare e percepiscano stipendi sufficienti per il proprio sostentamento e per quello della famiglia. I paesi industrializzati devono perciò migliorare notevolmente le politiche che incoraggiano i disoccupati a riprendere l’attività lavorativa e a non dipendere dalle indennità di disoccupazione, di disabilità e di pensione anticipata, mantenendo le persone sul posto di lavoro e offrendo buone prospettive di carriera. Si potrebbero sollevare diverse obiezioni riguardo a quanto illustrato più sopra e suggerire le seguenti osservazioni:
- Il reddito non è l’unico fattore importante. I servizi pubblici quali l’istruzione e la sanità possono ugualmente essere efficaci per ridurre la povertà.
- Tra le persone che percepiscono un basso reddito, alcune hanno molti beni e non dovrebbero perciò essere considerate povere.
- Non bisogna annettere troppa importanza a situazioni di povertà limitate nel tempo – solo le persone che percepiscono un basso reddito per lunghi periodi sarebbero esposte a gravi difficoltà di sostentamento.
- Un migliore approccio per analizzare il problema della disuguaglianza sarebbe di verificare se le persone siano sprovviste dei beni e servizi essenziali quali una sufficiente alimentazione o la possibilità di possedere una televisione o una lavatrice.
- Una società con una perfetta distribuzione del reddito non sarebbe tanto meno auspicabile. Le persone che lavorano di più e che sono più competenti devono percepire un reddito superiore. In realtà, quello che conta è l’uguaglianza di opportunità e non quella dei redditi.
Sempre riguardo all’andamento della disuguaglianza, nell’ultimo quarto di secolo, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ma anche in altri paesi, si è assistito a un forte aumento delle disparità salariali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Distribuzione personale del reddito e Top Incomes

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Informazioni tesi

  Autore: Lucia Abbrescia
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia, industria e istituzioni finanziarie
  Relatore: Stefano  Toso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 57

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