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Emozioni e Organizzazioni - L'importanza delle emozioni nei contesti lavorativi

Il management delle emozioni: "l'emotional labor" e "l'emotional work

La sociologa americana Arlie Russel Hochschild ha introdotto, verso la fine degli anni Settanta, il concetto di emotional labor (lavoro emozionale), che descrive quel particolare modo con il quale le organizzazioni esercitano il controllo sulle manifestazioni emotive dei lavoratori. Il lavoro emozionale può essere di tre tipi:
1) cognitivo, se tenta di modificare le proprie emozioni attraverso un cambiamento d’immagini, idee e pensieri a esse associati;
2) corporale, quando si intendono modificare i sintomi somatici o fisici connessi alle emozioni (per esempio, respirare più o meno velocemente, tentare di non tremare, ecc.);
3) espressivo, quando si cerca di modificare la propria espressività provando a cambiare anche le emozioni derivanti (ad esempio, sforzarsi di sorridere o piangere secondo la situazione in cui ci si trova) (Hochschild, 1979, 562).

La premessa dalla quale parte Hochschild è che bisogna pensare alle emozioni come fenomeni che si possono educare, fare crescere, dirigere e amministrare, aspirando a farle diventare una risorsa che si può gestire socialmente (Bonazzi, 2008). Il termine emotional labor indica una relazione tra il concetto di emozione e quello di lavoro. A questo punto, sembrerebbe che i sentimenti siano entrati di diritto a far parte della macchina organizzativa solo perché passibili di controllo e di gestione da parte del management, il quale detta precise regole su cosa sentire e su come esprimere determinate emozioni. È necessario, dunque, sia osservare le regole di comportamento imposte dall’organizzazione (display rules), sia soddisfare le attese della società nei confronti di una determinata categoria professionale.
Il lavoro emozionale può anche essere definito come “adeguamento delle proprie emozioni a norme organizzative e sociali” (Hochschild, 1990, 138). Il rispetto di queste condizioni contribuisce in larga misura al buon esito della prestazione lavorativa a scapito della propria salute psicologica. Secondo l’autrice, ciò detto pone le persone maggiormente in difficoltà quando il loro “vero sé” transita nel “falso sé” e viceversa; vale a dire, quella condizione nella quale alle persone viene richiesto di provare emozioni in contrasto con i propri sentimenti interni. In questo modo l’emotional labor si trasforma in emotional dissonance (dissonanza emotiva). Esistono due modalità di regolazione della dissonanza emotiva: l’azione di superficie (surface acting) e l’azione interiore (deep acting). Nel surface acting l’emozione richiesta non è assolutamente avvertita ma solo simulata verso l’esterno con lo scopo di imbrogliare gli altri sulle reali emozioni provate. Questa recitazione è una tra le possibili cause di burnout. Nel deep acting, invece, non sono modificati i sentimenti interiori, gli inner feelings, ma la loro manifestazione esteriore. In altre parole, la persona cerca di provare realmente determinate emozioni cercando di ingannare se stessa a un livello più profondo e immaginando di vivere quelle emozioni. (Hochschild, 1990, 56).
Più tardi, Hochschild ha realizzato alcune osservazioni sugli assistenti di volo con l’intento di dimostrare come, nello svolgimento del loro ruolo, soffrano di un profondo senso d’inautenticità, di disistima, di depressione e di frequenti crolli nervosi. Si tratta, infatti, di professioni che presuppongono soprattutto un rapporto face to face o voice to voice tra operatore e cliente/utente: dove dal primo ci si aspetta sempre un approccio gentile, pazienza, cordialità, mentre i secondi non sono per niente tenuti a essere a loro volta cortesi o perfino cordiali.
Ciò non permette, evidentemente, l’instaurarsi di una relazione simmetrica. Specialmente in questi casi, ma anche in altre professioni, l’azienda può adottare delle misure preventive per contenere gli effetti negativi del lavoro emozionale. Fra queste, una è l’alleggerimento delle display rules che equivale a maggiore spazio decisionale per il lavoratore e una superiore autonomia nello svolgimento dei propri compiti. Questa maggiore libertà del singolo si può facilmente ottenere anche attraverso il consenso, il coinvolgimento, la motivazione e la creatività; tutti elementi che dovrebbero far parte di una cultura aziendale che tenga conto di una conoscenza più approfondita delle persone, portatrici di emozioni, di affetti privati, di storie personali e di personalità uniche.
I membri delle organizzazioni utilizzano anche un’altra forma di regolazione emozionale, l’emotional work. Con questo termine si fa riferimento a un processo psico-sociale che descrive lo sviluppo e la gestione di emozioni estranee. Ciò significa che gli individui lavorano sulle proprie emozioni cercando di modificarle secondo le richieste che provengono dall’ambiente. Questo nuovo concetto è molto più complesso: esso si lega, infatti, al bisogno di suscitare un’emozione o, al contrario, alla necessità di sopprimerla perché ritenuta socialmente inaccettabile. In questo modo, le emozioni diventano oggetti da interpretare, da regolare e manipolare per mantenere di sé e del proprio ruolo un’immagine sociale degna di consenso e di stima da parte della collettività. La quantità di energie emotive necessarie per questa “manipolazione” dei sentimenti dipende da diverse variabili tra cui, ad esempio, l’identità professionale, la competenza emotiva, la personalità e il sesso. Oltre a ciò, quando si parla di emozioni come oggetti passibili di manipolazione, di gerarchizzazione, di controllo da parte dell’individuo, non si può trascurare che si tratta pur sempre di sentimenti con una propria logica e conformità; proprio questo aspetto li rende talvolta compatibili o incompatibili, altre volte, flessibili o resistenti al controllo. In sostanza, è proprio questa antinomia che caratterizza l’uomo emozionale differenziandolo da quello razionale, la cui prevedibilità risponde a regole molto precise e rigorose in linea con le indicazioni imposte dalla società.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Emozioni e Organizzazioni - L'importanza delle emozioni nei contesti lavorativi

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Scuteri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Pontificia Università Salesiana
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Giuseppe Brondino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 96

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