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Il governo clinico assistenziale nella transizione del paziente pediatrico

Le problematiche evidenziate dagli adolescenti nella transizione al centro per adulti

La transizione all'età adolescenziale è già di per se problematica ma, gli adolescenti con concomitanti problemi di salute, possono vivere questo passaggio in modo più impegnativo soprattutto perché coincide con la transizione alle cure per adulti.
L'adattamento all'età adulta risulta quindi più difficoltosa per il giovane con patologia cronica, come più difficoltoso può essere per i genitori “lasciare andare” i propri figli (Breakey VR, 2010).
Di seguito verranno affrontati i diversi aspetti problematici relativi alla transizione evidenziati dai giovani stessi nei diversi studi scientifici.
Lo studio di Hauser e Dorm incentrato su paure, aspettative ed esigenze dei giovani affetti da anemia falciforme mostra come i giovani pazienti esprimono preoccupazione nel lasciare una struttura familiare, un luogo ritenuto confortevole come il centro frequentato fin dalla nascita, inoltre la paura di
essere assegnato ad un medico non familiare che si prende cura della malattia non fa che aumentare la reticenza al cambiamento che impone la cura per adulti (Hauser E, 1999), pertanto risulta un aspetto chiave l'informazione, la condivisione del programma di transizione oltre che la creazione di un rapporto di fiducia con l'èquipe per adulti.
A dimostrazione di quanto appena citato, un altro studio (Tuckman LK, 2008) in cui sono stati presi in analisi gli adolescenti prima, durante e dopo la transizione, ha mostrato come prima del trasferimento i ragazzi evidenziassero solo aspetti negativi del processo e si sentissero impreparati al cambiamento. Durante il trasferimento i fattori che sono stati ritenuti stressanti erano la paura dell'ignoto, la difficoltà a porre fine ai rapporti con i centri pediatrici e lo spostamento del controllo dai genitori al giovane stesso. Al termine della transizione, la maggior parte dei pazienti ha manifestato di aver stabilito nuovi rapporti con l'èquipe per adulti, anche se alcuni di essi manifestano paura nei confronti della gestione terapeutica e relazionale dei medici per adulti non ritenuti all'altezza delle proprie esigenze (Dommenrgues JP, 2003).
Relativamente all'assunzione di responsabilità, inevitabile nella gestione autonoma della patologia, sono state rilevate resistenze alle attribuzioni di responsabilità effettuate dai genitori (Breakey VR, 2010); probabilmente una gestione graduale degli aspetti che riguardano l'autocura faciliterebbe il giovane nell'assunzione di responsabilità oltre che faciliterebbe il genitore nell'attribuzione della stessa attraverso l'attribuzione di compiti e la delega degli stessi al giovane stesso.
Rispetto all'assunzione ed al mantenimento della compliance vi sono stati più studi, anche se non vi sono contributi con un focus sulla gestione collaborativa nei giovani con patologia cronica; uno studio scandinavo ha mostrato che il 41% dei giovani con emofilia ha riferito di non aver rispettato il piano di profilassi primaria come prescritto (Lindvall K, 2006). Questo dato è in linea con un altro studio (Geraghty S, 2006) effettuato su infermieri di 147 centri di trattamento emofilia che hanno mostrato una riduzione significativa
di aderenza percepita nelle fasce d'età che vanno dai 13 ai 18 anni e dai 19 ai 28 anni.
È interessante focalizzare I'attenzione sui fattori percepiti come motivi di ridotta aderenza che sono legati all'incapacità di comprendere i potenziali vantaggi della cura, alla negazione del problema sanitario, alla scarsa presenza di un genitore e dell'impegno della famiglia oltre a problemi legati all'accesso venoso. Si sottolinea che una scarsa aderenza al regime terapeutico in questi pazienti può portare a sanguinamenti ricorrenti che possono avere un impatto sulla funzione e sulla qualità della vita e che risulta apparentemente semplice non cadere nel meccanismo cognitivo della negazione.
Il contributo offerto (Claritia NA, 2009) in ambito della transizione del paziente con malattia congenita cardiaca, ci consente di affermare che i pazienti che sono stati informati sulle proprie condizioni di salute si presentano più fiduciosi circa la capacità di prendersi cura di se stessi e tendono a muoversi nel sistema sanitario in modo indipendente dai loro genitori.
Inoltre, si pone in evidenza lo studio effettuato da Tuckman LK et al. (2008) che mostra come pochi ragazzi abbiano espresso idee su come facilitare il processo di transizione. Questo aspetto fa riflettere sul ruolo che devono assumere i giovani nel processo di pianificazione della transizione, il loro coinvolgimento dovrà essere precoce e dovrà essere data voce alle esigenze, idee e quant'altro possa essere facilitante la transizione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il governo clinico assistenziale nella transizione del paziente pediatrico

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Informazioni tesi

  Autore: Mimma Moscatiello
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Cognitive
  Corso: Scienze cognitive
  Relatore: Chiara  Guglielmetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 144

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Parole chiave

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transizione
infermieristica
pediatria
malattia cronica
paziente pediatrico
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