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La Turchia verso l'Europa: il processo d'integrazione dell'eterno candidato. La tutela dei diritti umani in ambito europeo. Identità turca ed europea a confronto

La libertà d’espressione in Turchia

La situazione dei diritti umani in Turchia è ancora piuttosto critica, come risulta dagli ultimi rapporti di Amnesty International e della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI). A preoccupare è, in modo particolare, l’abuso delle disposizioni del codice penale in materia di libertà di espressione e la situazione delle minoranze presenti nel paese.
Ma non mancano violazioni all’art. 3 della Cedu in riferimento alla Proibizione della tortura, all’art. 6, rubricato Diritto a un equo processo, e all’art. 9, Libertà di pensiero, coscienza e di religione.
Secondo quanto si legge nel Rapporto 2011 di Amnesty International, con le modifiche approvate dal Parlamento nel maggio 2010, “il governo si è impegnato a rispettare molte delle raccomandazioni, ma è da sottolineare il fatto che abbia respinto quelle che chiedevano un maggiore riconoscimento dei diritti delle minoranze e la modifica o l’abolizione degli articoli del codice penale che limitano la libertà di espressione”. Se da una parte non si può negare che qualche progresso c’è stato, come nel caso dell’abolizione della pena di morte e del divieto che colpiva le lingue non turche, dall’altra parte è anche vero che la riforma del codice penale prevede la reclusione per chi faccia riferimento al genocidio armeno o alla situazione dei curdi o chi ammetta l’esistenza della questione di Cipro. Le riforme del codice sono piuttosto vaghe, tanto che permettono ai giudici di “promuovere azioni giudiziarie arbitrariamente e di reintrodurre le pene detentive per i giornalisti, anche se abolite”.
L’art. 10 della CEDU afferma che “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. Ed è proprio questo uno dei principi più violati dalla Turchia. Per fare solo alcuni esempi citati nell’opera di Del Valle, ai sensi dell’art. 125, il fatto di umiliare, disonorare o attentare alla dignità di una persona è passibile di detenzione da tre mesi a due anni, ma la condanna può essere aumentata di un terzo se commessa a mezzo stampa. L’art. 305 punisce da tre a dieci anni di reclusione chi esprime un’opinione in contrasto con gli interessi nazionali della Turchia. La pena può essere aumentata fino a quindici anni se commessa a mezzo stampa. I lavori preparatori fanno riferimento anche al riconoscimento del genocidio armeno e alla questione di Cipro.
A marzo 2011 Goksel Yildirim, capo della sezione di Ankara del sindacato nazionale dei giornalisti, ha parlato di 61 giornalisti in stato di arresto, 39 in carcere in attesa di giudizio e più di 4mila in attesa di conoscere come finirà il loro processo. La libertà di espressione in Turchia è davvero lontana dai canoni richiesti a una democrazia. Uno degli articoli più controversi è il 301 del codice penale che, come modificato nel 2008, punisce chi offende la nazione turca (prima invece si parlava d’identità turca). Questo articolo è stato utilizzato per esempio contro lo scrittore premio Nobel Orhan Pamuk, dopo che aveva affermato che “30mila curdi e un milione di armeni sono stati uccisi in Turchia”. Altro caso emblematico legato all’art. 301 è quello del direttore della rivista armeno turca Agos, Hrant Dink, ucciso nel 2007 dopo essere stato processato per aver definito genocidio il massacro armeno.
L’Unione Europea ha espresso più volte la necessità di eliminare l’art. 301, ma Erdogan ha affermato che la “Turchia necessita di questo articolo perché la sua mancanza condurrebbe all’uso illimitato delle libertà, cosa che non è concessa in nessuna parte del mondo. La vostra libertà finisce ove inizia quella del prossimo. In nessun Paese si può liberamente commettere vilipendio contro lo Stato, il Popolo, la Nazione o la bandiera senza essere puniti”. In un rapporto dell’Istanbul Bilgi University, si è riscontrato che se in passato erano i militari ad avere un’influenza sul controllo delle notizie, ora il potere sembra essersi spostato verso la polizia. Secondo l’89% dei giornalisti intervistati per compilare il rapporto, sono insufficienti le normative di legge per la tutela della libertà dei media. Nella Risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione 2010 sui progressi compiuti dalla Turchia, il Parlamento ha espresso preoccupazione “per il deterioramento
della libertà di stampa, per alcuni atti di censura e per il diffondersi di una crescente autocensura tra i mezzi di comunicazione”. Dubbi sono stati espressi anche per il fatto “che le trasmissioni possono essere interrotte per motivi di sicurezza nazionale, senza un’ordinanza del tribunale o la decisione di un giudice; rileva con preoccupazione la prassi di avviare procedimenti penali – in particolare ai sensi dell’art. 285, Violazione della riservatezza di un’indagine penale, e dell’art. 288, Tentativo di influenzare gli organi giudiziari – contro i giornalisti che diffondono le prove di violazioni dei diritti umani e altre questioni di interesse pubblico”.

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia De Blasis
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli studi Link Campus University
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Franco Ciufo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 84

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