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L' ''Ape Ingegnosa'' di Pietro Giannone

La concezione dell’uomo del Giannone tra ''Triregno'' e ''Ape ingegnosa''

L’osservazione VI, che secondo Merlotti è da considerarsi un unico blocco insieme alle tre successive, è una delle parti più salienti dell’opera. Viene ripreso il tema del ruolo dell’uomo nella storia, questa volta sviluppato con caratteri più vicini al pensiero cristiano, complici le letture teologiche di Giannone tra le due opere. La concezione dell’uomo viene sviluppata da due punti di vista, quello dell’anima e quello del corpo. Da quest’ultimo concetto, o meglio dal concepimento dell’essere umano e della vita infusa direttamente da Dio, inizia il viaggio di Giannone, che si avvale come strumenti di analisi autori classici greci e latini e ovviamente le Sacre Scritture (la Genesi, in particolare):

“Non è dubbio che l’esame dell’umana concezione sia la più difficile che s’incontra in Natura, per cui si confusero i più elevati ingegni e non convenendo insieme, diedero in varie ed opposte sentenze” (p. 91).

Alla fine di questo excursus però Giannone riconosce il limite della scienza umana (e soprattutto del sapere dell’epoca) che non riescono a spiegare i meccanismi biologici del concepimento:

“Chi sa se ciò che noi abbiam fatto sopra gli antichi, i nostri posteri non rendono a noi lo stesso, quando saremo antichi? Cotanto sono imperscrutabili le opere di Natura; e che l’uomo ci si rivolge, tanto meno ne saprà […] Tutte queste investigazioni e ricerche a noi riusciranno utili e salutifere, non già perché presumiamo di poterne sapere il vero e come le cose in se stesse siano secondo la loro natura e sostanza, non sapendone che le sole apparenze. Tutti questi nostri studi devono unicamente indirizzarsi per uso di una più colta e ben regolata vita e per meglio conformarci ad una perfetta società civile, non solo per regolar con moderazione e i nostri affetti e costumi, ma anche per giovare gli altri”. (p.108).

Tipico dell’impianto di quest’opera, come abbiamo già appurato, è l’uso delle citazioni che Giannone utilizza per sostenere le sue tesi. Questa volta l’autore attinge all’Antico Testamento, dal libro di Giobbe dove “Iddio acremente riprese la di lui presunzione di ardire di voler sapere i sommi ed arcani modi ed atificii della sua sapienza ed onnipotenza, per li quali fabricò quell’ampio universo e le minute cose”.

Se Giannone da una parte condanna l’esperienza della società civile come causa dei mali in quanto conseguenza dell’allontanamento dell’uomo dal suo vivere semplice e agreste, solo l’educazione e il sapere possono evitare che quest’ultimo segua i suoi istinti animali:

“Ma le vicende varie delle mondane cose ci han fatto conoscere che in ciò vale assai l’educazione, che il clima. […] L’educazione riguarda la buona morale e la disciplina e l’ammaestramento, le scienze e le arti. Se si lasciassero gli uomini crescere così come nascono in balia de’ loro naturali istinti, chi non conosce che adulti riuscirebbero a’ bruti indifferenti? si giacerebbero colle proprie sorelle, i più forti e potenti opprimerebbero i deboli, per l’insita ambizione di dominare ch’è lor propria; vivrebbero di rapina profittando degli altrui, per l’innata loro avarizia. In breve la loro vita sarebbe peggiore della ferale e selvaggia. […] I giovani sono facilissimi, a guisa di una molle cera, di ricevere quelle impressioni che saranno state le prime ad essere impresse nelle pieghevole fibre de’ loro cervelli. […] L’educazione de’ giovani è un passo il più importante dell’umana vita, dalla quale dipende non meno il privato che il pubblico bene ed al contrario lo sconcerto e il disordine, non delle private famiglie che la repubblica” (p.124).

Questo brano è tratto dalla tesi:

L' ''Ape Ingegnosa'' di Pietro Giannone

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Informazioni tesi

  Autore: Emanuele Sanzone
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Foggia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Domenico Cofano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 71

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