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I reati culturalmente orientati nel dibattito contemporano

Tutela dello straniero nel processo penale

Il problema della difesa dell’imputato straniero assume sempre più rilevanza proprio perché l’incremento dell’immigrazione aumenta il numero dei casi in cui i giudici sono chiamati a giudicare persone immigrate che parlano poco o che non parlano affatto la lingua italiana.
Indubbiamente la barriera linguistica è un ostacolo cruciale giacché l’accusato deve essere in grado di comprendere le accuse che gli vengono mosse e, soprattutto, deve essere posto nella condizione di riuscire a spiegare le sue ragioni in virtù del diritto alla difesa.
Gli stranieri sottoposti ad un processo penale hanno la necessità di usufruire di un interprete linguistico: nella maggior parte dei casi si tratta però non di una persona scelta dall’imputato, ma bensì di un interprete nominato d’ufficio. In tale modo si impedisce sia quella instaurazione di un corretto rapporto fiduciario che si potrebbe creare attraverso un rapporto diretto tra l’accusato e il suo interprete; sia una effettiva difesa dello straniero.
La questione della giusta difesa dell’imputato straniero trova riscontri sia a livello nazionale (artt. 10, 24, 33, 110 Cost.) sia in diverse convenzioni internazionali. Però, nonostante il recepimento di tali accordi nel nostro ordinamento, non solo non vi è alcuna normativa che regoli l’esercizio dell’attività di interprete avanti agli uffici giudiziari, ma non vi è ancora una specifica normativa che regoli la professione dell’interprete in generale.
Sulla questione si è recentemente pronunciata la Corte Costituzionale (sentenza n. 254/2007) la quale, rifacendosi all’art. 14 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ha stabilito che: «la retribuzione dell’interprete è ope legis a carico dello Stato, ed ancor più lo è in caso di ammissione al gratuito patrocinio, com’è nella fattispecie; che l’interprete deve essere interprete professionale e quindi deve avere una preventiva abilitazione all’esercizio della professione di interprete giudiziario; che il diritto ad avere un interprete è dell’accusato e non dell’A.G., che nominerà altro interprete per l’Ufficio con la conseguenza che è in primis l’accusato che ha diritto a nominare un interprete quale ausiliario della sua difesa; che l’interprete dell’imputato e/o indagato è parte attiva del processo quale ausiliario del difensore e quindi non può essere considerata una presenza semplicemente tollerata nel procedimento».
Allo scopo di assicurare un effettivo giusto processo per le persone straniere, si è pronunciata anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4929 del 7 febbraio 2008. In sostanza essa prevede l'estensione dell'obbligo di tradurre, nella lingua dell'imputato, tutti gli atti scritti del procedimento penale, al fine di consentire la più ampia comprensione possibile dell'accusa formulata all'imputato ed una consapevole conoscenza del compimento degli atti a cui partecipa.
Oltre all’aspetto meramente linguistico, indubbiamente importante per giudicare equamente la condotta dello straniero, sarebbe auspicabile l’utilizzo di esperti culturali affinché gli organi chiamati a decidere possano effettivamente comprendere le motivazioni dell’agire degli imputati immigrati nonché il loro effettivo significato. Si tratterebbe,cioè, di esplicare maggiormente il principio dell’uguaglianza giacché tale concetto si riferisce anche all’eguaglianza procedurale in relazione ad una ricostruzione e ad un accertamento veritiero e pertinente dei fatti. A tale scopo si potrebbero consentire delle “perizie culturali” redatte da esperti della cultura a cui appartiene l’imputato. Attraverso tali persone qualificate sarebbe possibile comprendere il punto di vista dell’imputato straniero, evidenziando gli usi, i costumi ed i valori a cui tale soggetto fa riferimento.
Attraverso consulenze culturali sarebbe possibile ovviare a due tipi di problemi. In primo luogo, si agevolerebbe una veritiera ricostruzione dei fatti attraverso l’analisi dell’elemento psicologico il quale è in molti reati un elemento strutturale della fattispecie criminosa. Ad esempio nel caso delle già citate MGF, l’art. 583 bis c.p. richiede, per la sussistenza del reato, il dolo specifico di menomare le funzioni sessuali: per valutare l’elemento psicologico nel caso di specie è molto importante comprendere le ragioni della condotta tenuta dall’agente le cui motivazioni sono strettamente legate dalla cultura di appartenenza nonché dal background culturale.
In secondo luogo, ricorrendo alla competenza di esperti culturali si ovvierebbe il rischio che l’imputato sostenga a sua difesa una cultural defence basata su una pratica in disuso o mai esistita, ovvero che l’imputato si professi appartenente ad una determinata cultura solo per poter usufruire di un trattamento di favore.
Nel caso in cui si ammettesse l’utilizzo di esperti culturali all’interno dei procedimenti giudiziari sarebbe necessario provvedere a creare una disciplina apposita sulla scia di quanto affermato dalla Costituzione all’art. 33. Si potrebbe inoltre creare un elenco simile a quello per C.T.U. contenente le varie competenze dei soggetti abilitati a fornire una consulenza in ambito culturale, in modo tale che la difesa possa agevolmente avvalersi di tali professionisti. Ovviamente prima di tutto sarebbe necessario istituire degli appositi corsi atti a formare la figura dell’esperto culturale; peraltro si potrebbero utilizzare tali insegnamenti didattici anche per ampliare le competenze delle altri parti del processo quali i giudici e gli avvocati. Facendo ciò si consentirebbe una maggior cognizione di causa qualora ci si trovasse ad affrontare i sempre più frequenti casi di reati culturali.
Con questa breve trattazione si è cercato di evidenziare, da un lato, la straordinaria e crescente mole nonché peculiarità dei processi riguardanti gli stranieri, dall'altro, l'urgenza di una maggiore attenzione da parte del legislatore all'adeguamento della prassi giudiziaria ad alcuni degli standard fondamentali che caratterizzano lo svolgimento di un giusto processo, ovvero, la giusta considerazione della tutela dei diritti fondamentali dell'imputato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I reati culturalmente orientati nel dibattito contemporano

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Informazioni tesi

  Autore: Egle Boato
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Ferrara
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Baldassarre Pastore
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 123

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multiculturalismo
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