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Gli immigrati di seconda generazione nel territorio calatino

L'intercultura a scuola tra accoglienza e barriere mentali

L'idea di prevenire i conflitti e valorizzare la diversità, oltre ad essere chiaramente esplicitata in diverse norme nazionali ed internazionali, è stata sottolineata in occasione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e del Piano d'azione del Terzo Vertice del 16 e 17 Maggio 2005 del Consiglio d'Europa a Varsavia.
Probabilmente, la sfida più ardua è tradurre in una progettualità consapevole ed efficace quanto contenuto in dichiarazioni ed approcci teorici.
La paura del 'diverso', infatti, offusca ed ostacola la curiosità e la voglia di conoscenza, lasciando spazio a idee che svalutano, costruiscono confini mentali, mettono limiti alla capacità di riconoscere e di rispettare culture diverse dalla propria.
In tal senso, la scuola potrebbe rappresentare un ambiente privilegiato per concretizzare l'obiettivo dell'interculturalità. Si tratta, infatti, di un luogo di fondamentale importanza per la formazione, per l'acquisizione di conoscenze e di competenze, ma anche per la definizione della propria identità, personale e sociale. Ciò vale sia per gli adulti che per bambini ed adolescenti.
In altri termini, bisognerebbe pensare ad una formazione che abbia come oggetto la triade 'Sapere', 'Saper fare', 'Saper essere' e che consenta di sviluppare competenze relazionali (empatia, capacità di ascolto, apertura mentale ecc.) funzionali non solo a favorire il decentramento cognitivo e psicologico, ma anche ad evitare i rischi dell'identificazione e, per questa via, del distress (ovvero stati di angoscia e di turbamento particolarmente spiacevoli).
Il 'Saper fare', infatti, è la capacità di interpretare adeguatamente il ruolo in relazione al 'Sapere', cioè alle conoscenze specifiche, ed al 'Saper essere', ovvero alla consapevolezza delle personali modalità di affrontare le situazioni problematiche (o, comunque, vissute come tali) sul piano interpersonale, gruppale organizzativo/istituzionale.
Gelpi afferma che 'i nuovi paradigmi si costruiscono attraverso una partecipazione attiva e creativa dell'individuo all'avventura educativa e culturale'; l'ambiente scolastico, in questo senso, rappresenta un terreno da coltivare e seminare secondo i principi dell'accoglienza e della cooperazione. In termini lewiniani, un ambiente psicologico in cui e attraverso cui ciascun individuo costruisce la propria immagine di sé, nonché il proprio futuro.
Certamente, in alcuni casi ci sono delle difficoltà oggettive da dover affrontare, come l'insegnamento e l'apprendimento della lingua italiana, la cui conoscenza rappresenta un fondamentale strumento di comunicazione e il fondamento per la costruzione di relazioni più 'intime'. Si tratta, comunque, di una questione che riguarda una piccola fetta di giovani di seconda generazione dal momento che la maggior parte di essi è nata in Italia o vi è giunta in età prescolare.
Inoltre, quando si parla di attività di tipo interculturale si fa riferimento ad iniziative che si rivolgono a tutti i soggetti coinvolti nel percorso formativo e non solamente agli alunni di origine straniera.
In tal senso, in molte scuole italiane sono state proposte: sperimentazione di alcune modalità espressive di altre culture come danze, giochi, cucina, feste; gemellaggi, adozioni a distanza, scambi di lettere con scuole di altri Paesi; narrazioni di racconti e fiabe tipiche di altri sistemi sociali, come occasione di confronto delle differenze e delle somiglianze; studio di popoli e culture, ponendo attenzione alle culture di provenienza prevalenti all'interno della scuola; approfondimenti di alcune tematiche inerenti le migrazioni e analisi di alcuni dinamiche specifiche connesse a pregiudizio, razzismo, intolleranza.
Altre iniziative, come quelle realizzate in alcune scuole di Catania, si fondano sulla metodologia della ricerca-intervento e su un contatto che riproponga le condizioni definite da Allport.
Nel caso specifico di questa ricerca condotta da Licciardello e Damigella, ci si propone di realizzare attività di tipo interculturale (laboratori di cucina mediterranea condotti da chef tunisini), fondate sulla similarità e sulla differenza e svolte in modo da coinvolgere i destinatari, per operare un cambiamento (in termini di minor uso di pregiudizi e stereotipi) nella rappresentazione della 'diversità'. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gli immigrati di seconda generazione nel territorio calatino

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Informazioni tesi

  Autore: Flavia La Gona
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Psicologia
  Relatore: Orazio Licciardello
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 101

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Parole chiave

sicilia
immigrati
intercultura
immigrati siciliani
seconde generazion
territorio calatino

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