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Il Counseling nel mondo del lavoro: empowerment, progettazione e comunicazione formativa nelle aziende

La formazione aziendale e il counseling

La formazione occupa sicuramente una posizione di rilievo nella gestione dei processi di sviluppo delle risorse umane all'interno delle diverse tipologie di organizzazione. I percorsi formativi, sempre più diffusi nei contesti organizzativi e sempre più specializzati, oltre che diversificati, a seconda dell'ambito di applicazione, possono avere finalità connesse tanto al piano dell'acquisizione di competenze tecnico-operative da parte dei lavoratori, relative al ruolo specifico occupato all'interno dell'organizzazione, quanto a quello del potenziamento di abilità comunicativo-relazionali appartenenti al piano delle relazioni e degli scambi interpersonali. Potremmo considerare la formazione come un processo "completo" e orientato alla persona, proprio perché attenta a quella che è la dimensione soggettiva del lavoro. È evidente che, qualora la formazione esuli da tale dimensione, volontariamente o involontariamente, rischierebbe di ridursi a un processo parziale con conseguenti risultati temporanei e parziali non utili a far fronte alle necessità di cambiamenti duraturi, finalizzati al benessere collettivo. A tal proposito, la formazione sintetizzerebbe in un unico termine due modalità di trasmissione del sapere: quella educativa (attinente per convenzione il mondo dei valori, dei comportamenti, delle finalità) e quella istruttiva o addestrativa.
Il filosofo dell'educazione Demetrio Duccio, ci aiuta a comprendere che la nozione di formazione giunge a sancire un legame inscindibile tra l'educare e l'istruire. Egli sostiene che… [educazione e istruzione coesistono e sono socialmente riconosciute perché hanno il compito di mutare l'umana materia, di plasmarla, di formarla …]. Un'azienda che progetta la formazione con la consapevolezza di questa coesistenza tra finalità di tipo tecnico e finalità sul piano umanistico, può dirsi promotrice di una formazione "completa" la quale ha, come sua componente essenziale, la dimensione personale del lavoratore che opera all'interno dell'organizzazione.
La formazione è lo strumento più conosciuto cui maggiormente si ricorre in casi di problematiche a livello di relazioni interpersonali tra soggetti operanti nella stessa realtà organizzativa, problematiche che, come già sottolineato precedentemente, trovano nel cambiamento una delle cause scatenanti e, insieme, la loro possibile soluzione. Infatti, poiché cambiamento può significare anche un'evoluzione positiva, nella risoluzione dei conflitti interpersonali il cambiamento diventa un concetto chiave. Attraverso un'evoluzione positiva della persona coinvolta nel conflitto, dei suoi valori, dei suoi schemi mentali e dei suoi comportamenti relazionali, è possibile anche un'evoluzione del conflitto stesso. L'evoluzione che deve essere, presumibilmente, il fine di ogni processo di cambiamento, non può prescindere dall'apporto degli individui stessi all'interno dei quali essa troverà realizzazione. Gli apprendimenti provocano nell'individuo un duplice processo di crescita (cioè aumento quantitativo delle capacità personali) e maturazione qualitativa delle capacità, poiché l'individuo diviene in grado di pensare e di operare a un livello esistenziale maggiore di prima.
Così, apprendimento, crescita e maturazione divengono gli elementi essenziali di quel processo di cambiamento che, attraverso la formazione, conduce il soggetto a un'evoluzione personale. Dinanzi ad ogni esigenza di cambiamento, l'azienda deve avere ben chiara l'idea che il lavoratore agisce in ogni situazione solo se motivato a farlo e, pertanto, non ci può essere evoluzione in una persona, se essa non è personalmente motivata a cambiare. La motivazione, dunque, strettamente connessa alla dimensione soggettiva dell'individuo e ai suoi valori, è il motore del cambiamento stesso e un'azienda all'avanguardia non può ignorare tale risorsa. Pertanto, in situazioni di conflitto interpersonale nel lavoro è necessario lavorare molto sulla motivazione personale al cambiamento e al miglioramento. Se i soggetti non sono motivati a lavorare per risolvere il problema, l'azione formativa non otterrà risultati soddisfacenti. Nel momento in cui la formazione degli adulti in ambito organizzativo si limita agli aspetti più esteriori e funzionali della vita adulta, come l'acquisizione di conoscenze e abilità prettamente tecniche, essa rischia di essere intesa in senso riduttivo e totalmente priva di quel valore educativo che appartiene alla sua stessa essenza. Da qui l'importanza dell'andare in profondità nel momento in cui si presentano problematiche che coinvolgono gli individui a livello interpersonale, ossia di non dimenticare l'importanza della dimensione soggettiva degli individui e dei valori e percezioni che essi attribuiscono alla realtà lavorativa. Dinanzi a situazioni di contrasto relazionale tra soggetti, operanti in una stessa realtà lavorativa, non ci si dovrebbe limitare a un lavoro di "risanamento" della dimensione esteriore e manifesta del problema, bensì riflettere sulle sue cause profonde, insite nella dimensione soggettiva degli individui e celate, il più delle volte, dietro la corazza dei "ruoli" professionali. Tenendo ben presente l'esistenza di queste due dimensioni del problema, quella manifesta e quella nascosta, si saprà che il conflitto, spesso, non sarà altro che la prima manifestazione di una realtà ben più complessa, la quale richiede di essere conosciuta e compresa, al fine di poter elaborare percorsi formativi adeguati e realmente efficaci. La comunicazione formativa interpersonale svolge un ruolo fondamentale che implica sempre una relazione e uno scambio in cui chi intende comunicare qualcosa, deve possedere la necessaria competenza di questo qualcosa che intende trasmettere. Tra le metodologie e tecniche solitamente utilizzate, è importante richiamare la necessità di un legame tra il counseling e la formazione: una vera e propria sinergia professionale, che consenta di raggiungere, in modo efficace, i comuni obiettivi di risoluzione del conflitto in essere e di prevenzione della recidiva conflittuale. Perché tale sinergia si renda concreta, è necessario pensare le due metodologie in fasi distinte, ma costantemente in dialogo tra loro, in modo da dedicarsi sia a momenti di riflessione individuale sia di gruppo. In questa prospettiva, dinanzi a situazioni di conflitto interpersonale, potremmo ipotizzare un percorso circolare nel quale la fase di partenza è il counseling individuale, in modo che il singolo individuo può essere sostenuto nella comprensione graduale del problema e nell'individuazione della propria parte di responsabilità. La fase successiva è quella in cui la persona si confronta con il gruppo, e qui avvengono l'incontro/scontro tra i punti di vista personali relativi al conflitto. A questo punto, per rielaborare singolarmente le nuove idee (scaturite proprio dal confronto di gruppo) si svolge un successivo momento di riflessione individuale. E così via, in un processo di costruzione e decostruzione di pensieri che la Psicologia sociale definisce "il farsi e il disfarsi delle idee", un percorso in cui il problema è frammentato e le possibili soluzioni sono gradualmente individuate. La suddivisione del percorso in fasi distinte fa sì che le potenzialità dei singoli processi siano utilizzate al meglio.
L'interlocutore sperimenta nella relazione d'aiuto le proprie competenze comunicative, le proprie sicurezze e i propri limiti, le proprie reazioni e le proprie difese giungendo gradualmente ad autoconoscersi. Molto spesso i soggetti vivono una scissione tra ciò che vorrebbero comunicare al counselor e ciò che in realtà riescono a comunicargli; questi casi, che per alcuni aspetti sono vissuti negativamente, rappresentano invece delle ottime occasioni per giungere a una conoscenza di sé più profonda e per riconoscere, obiettivamente e razionalmente, l'eventuale presenza di problemi emotivi e relazionali. Da qui l'individuo, nella misura in cui ne è disposto, può iniziare un vero e proprio processo di cambiamento. Nella relazione d'aiuto, infatti, e per le implicazioni che derivano dal rapporto con l'altro, egli pone alla prova se stesso, verifica le proprie paure, le proprie capacità e i propri limiti e può scegliere di evolversi nelle direzioni volute. Grazie alla profonda relazione a due che si realizza nel processo di counseling, il soggetto sperimenta il sentimento della solidarietà, importantissimo per il proprio percorso di evoluzione e di cambiamento. È attraverso questo sentimento e attraverso l'empatia messa in atto dal counselor, che il cliente si sente valutato e accettato come persona e, di conseguenza, inizia a guardarsi come oggetto degno di considerazione e d'amore da parte degli altri, imparando a valutarsi e a potenziare la propria autostima, fattore intimamente collegato alla crescita. La sinergia tra counseling, come fase di riflessione individuale, e formazione, come fase di riflessione di gruppo, può essere pensata in un rapporto alterno, per usare un'immagine della psicologia gestaltica, di figura-sfondo, in cui le fasi si alternano in primo piano secondo gli spazi e i tempi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il Counseling nel mondo del lavoro: empowerment, progettazione e comunicazione formativa nelle aziende

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Lozzi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Pedagogia
  Relatore: Marianna Mazza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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