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Razionalità limitata dei mercati e revisione critica delle politiche di austerity dell'Eurozona

"Non faremo la fine della Grecia": l'inizio dell'austerità

Come noto, la Grecia è stato il primo paese ad entrare ufficialmente in crisi: a fine 2009 il governo socialista guidato da Papandreou fu costretto ad ammettere che il deficit pubblico del paese ellenico era molto più alto di quanto dichiarato agli organismi comunitari (13% contro il 6,5% ufficiale). La Grecia aveva "truccato i conti" fin dall'entrata nella moneta unica, occultando i buchi di bilancio grazie a complessi strumenti "swap" (derivati) messi a disposizione dalle grandi banche americane. Tale notizia fu ovviamente presa con sconcerto della comunità internazionale degli investitori e i rendimento dei bond si impennarono; in un contesto di fiducia già messo a dura prova dalla crisi subprime, la Grecia fu travolta da un'ondata di sfiducia: in quei giorni ad Atene finì "il dividendo dell'euro". La convergenza dei tassi scomparì e il bond greco si deprezzò con velocità simile ai CDO legati ai mutui subprime: era scoppiata un'altra minacciosa bolla.

La Grecia divenne nel mondo un simbolo di stato inaffidabile e guidato da una classe politica corrotta ed inaffidabile. In realtà i mali storici della Grecia (politica instabile, evasione fiscale, corruzione) erano noti a tutti ma, come si è visto, la bolla aveva ben poco a che fare con essi: il fiume di capitali (che ora si ritirava velocemente) nasceva da una convergenza nei tassi dei bond assolutamente surreale, mentre nella realtà il Paese diventava un importatore cronico e la sua competitività peggiorava di anno in anno. Il boom di Atene poggiava sul denaro in prestito preso dai paesi in surplus e, non appena vi fu uno "shock esterno", la natura di Area valutaria non ottimale dell'Uem si palesò a tutti. La Bce non poteva intervenire direttamente; non vi era un sistema di trasferimento fiscale tra paesi ricchi e paesi "poveri"; il sistema bancario era frammentato ed ognuno badava al suo; di conseguenza, la Grecia rischiava davvero il default (il non rimborso dei soldi presi in prestito) e la speculazione impazzava. Alla fine si decise di procedere per due motivi: il fallimento del sistema bancario greco avrebbe trascinato con sé buona parte dell'Europa, viste le esposizioni delle banche tedesche e francesi; in secundis, un'uscita della Grecia dall'Eurozona avrebbe comportato rischi sistemici di tenuta per tutta l'Area. Si intraprese la strada dei "prestiti condizionati": ad Atene furono concessi aiuti internazionali tramite l'EFSF (il Fondo Salva-Stati, approntato in tutta fretta per sopperire all'inattività BCE, deputato ad acquistare sul mercato gli scottanti bond greci) in cambio di "riforme strutturali" richieste dalla "Troika", composta da Bce, Commissione Europea e FMI. I prestiti alla Grecia, pur fermando il panico da disintegrazione dell'Uem, non fermarono l'effetto contagio che ben presto si fece sentire in Portogallo, Irlanda, Spagna ed, infine, Italia: tutti questi paesi, salvo l'Italia, sono stati costretti in forme diverse a chiedere l'attivazione del fondo EFSF (oggi denominato ESM). In tale sede non si approfondirà l'effetto-contagio in ogni Paese – cosa che richiederebbe una tesi a parte – ma ci si concentrerà innanzitutto nel definire l'espressione "riforme strutturali", che fa riferimento alle seguenti misure:

. Tagli di spesa pubblica in conto corrente e in conto capitale;

. Innalzamento della pressione fiscale;

. Misure di dismissione del patrimonio pubblico;

. Raggiungimento del pareggio di bilancio;

. Taglio del costo del lavoro

Si noti come queste misure siano un ribaltamento sostanziale della teoria keynesiana: per Keynes la spesa pubblica è un fondamentale fattore anti-ciclico in tempi di recessione per far ripartire la domanda aggregata; le riforme strutturali sono invece un'espressione radicale della teoria neoliberista secondo cui lo Stato deve tagliare le sue spese e "dimagrire": solo in tal modo i privati saranno incentivati ad investire. Come si vedrà in seguito, gli effetti dell'austerity sono ben lontani da quanto immaginato dai suoi epigoni, ma è necessario prima vedere come due professori italiani, Alesina e Giavazzi, abbiano contribuito non poco a rinverdire il mito dell'"austerità espansiva".

Questo brano è tratto dalla tesi:

Razionalità limitata dei mercati e revisione critica delle politiche di austerity dell'Eurozona

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Informazioni tesi

  Autore: Giacomo Giglio
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Management Internazionale
  Relatore: Dario Togati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 113

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Parole chiave

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