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Salute, diritto e cultura: l'ostetrica legale e forense nell'approccio alle mutilazioni genitali femminili

Che cos'è un reato culturalmente motivato

Il dibattito tra cultura e diritto si fa sentire ancor di più quando una persona proveniente da un Paese con un certo tipo di cultura e tradizione compie gesti ed azioni ritenuti reati nel Paese in cui immigra. Per questo tipo di crimini esiste un nome coniato ad hoc ovvero "reato culturalmente motivato" che definisce «un comportamento realizzato da un soggetto appartenente ad un gruppo culturale di minoranza, che è considerato reato dall'ordinamento giuridico del gruppo culturale di maggioranza. Questo stesso comportamento tuttavia, all'interno del gruppo culturale del soggetto agente è connotato, o accettato come comportamento normale, o approvato, o addirittura incoraggiato o imposto» (definizione tratta da "Immigrazione e reati culturalmente motivati" di Fabio Basile).

Le MGF rientrano a pieno titolo sotto questa tipologia di reati, poiché ritroviamo una situazione di conflitto tra una norma giuridica che vieta espressamente e punisce tale pratica e una norma culturale che invece la impone e addirittura stigmatizza le bambine che non vi si sono sottoposte.

Esistono due tipi di atteggiamenti giuridici opposti nei confronti dei reati culturalmente motivati che possiamo distinguere nel modello assimilazionista - integrazionista alla francese e il modello multiculturalista all'inglese.
Il primo modello prevede una sorta di assoluta uguaglianza formale dello Stato di fronte alle differenze culturali. In questo caso, quindi, la cultura di appartenenza non assume alcuna rilevanza giuridica: nel privato l'individuo è libero di seguire le proprie tradizioni, ma queste non devono emergere nella sfera pubblica.
Perciò davanti a reati che hanno basi culturali si applica sempre il diritto comune, a riprova della neutralità e laicità dello Stato.
Il secondo modello invece si fonda sul riconoscimento delle diversità culturali, così che l'appartenenza ad un gruppo etnico può costituire il presupposto di un trattamento giuridico differenziato. Questo modello impone la tutela delle minoranze, al fine di preservare una certa armonia razziale e un trattamento paritario con la maggioranza.

L'Italia non aderisce a nessuno dei due modelli precedentemente esposti, in quanto nel nostro Paese la politica nei confronti dell'immigrazione cambia con i governi. Si può però riportare che l'art. 42 del Testo Unico sull'immigrazione vieta ogni discriminazione diretta o indiretta a danno degli immigrati e riconosce importanza alla conoscenza e alla valorizzazione delle espressioni culturali. La Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione prevede l'accoglienza e la regolazione del fenomeno migratorio in un quadro di pluralismo culturale e religioso.
Nonostante questo, possiamo ritrovare anche delle Leggi atte a reprimere pratiche tradizionali non riconosciute all'interno del nostro Paese, basti pensare all'introduzione del nuovo reato di mutilazione degli organi genitali femminili all'art. 583-bis del codice penale. Va anche considerata la quota di immigrazione clandestina presente in Italia, nei confronti della quale lo Stato non riconosce alcun tipo di integrazione, ma anzi la vieta e prevede anche l'espulsione dell'immigrato clandestino qualora identificato.
In una visione più ampia, c'è anche da considerare la posizione dell'Unione Europea nei confronti dell'immigrazione e delle diversità culturali. Anche l'UE prevede con diversi trattati l'integrazione, l'uguaglianza, il rispetto per la dignità umana e vieta ogni forma di discriminazione basata sul sesso, la razza, l'etnia, la religione, le convinzioni personali, l'età o l'orientamento sessuale. Nell'art. 22 della Carta dei diritti fondamentali si legge che l'Unione rispetta la diversità culturale religiosa e linguistica.

Soffermandosi ora sul lato pratico della questione è importante analizzare alcuni casi italiani sul tema MGF, entrambi precedenti l'emanazione della Legge 7/06 "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile".
Il primo caso risale al 1997, Tribunale di Torino: due genitori nigeriani sono stati imputati di lesioni personali gravissime per aver sottoposto la propria figlia di sei mesi ad un intervento di asportazione parziale delle piccole labbra e del clitoride.
Il Tribunale ha però provveduto ad archiviare le indagini, in quanto i genitori avrebbero sottoposto la figlia a pratiche di mutilazione genitale pienamente accettate dalle tradizioni locali (e parrebbe, dalle leggi) del loro Paese.
Il secondo è invece del Tribunale di Milano nel 1999: un immigrato egiziano è stato denunciato dalla moglie italiana per aver sottoposto la figlia di 10 anni ad un intervento di infibulazione durante una vacanza in Egitto. L'uomo, imputato per lesioni personali gravi, è stato condannato a due anni di reclusione con concessione della sospensione condizionale della pena e non menzione della sentenza.
In entrambi i casi, i Giudici sono stati indulgenti rispetto alla gravità del reato commesso su due soggetti minori. Non è quindi facile, neanche per il diritto, confrontarsi con temi così delicati e complessi, tanto che negli Stati Uniti è stata ideata una nuova locuzione per indicare la possibilità di permettere un trattamento giuridico differenziato per chi si macchia di un reato culturalmente motivato. Questo tipo di comportamento prende il nome di cultural defense.
Si tratta di una strategia difensiva che permetterebbe all'imputato di ottenere l'assoluzione o una pena più mite, in ragione della sua appartenenza ad una determinata cultura. Alcuni non si dichiarano d'accordo con questo tipo di approccio, mentre altri ritengono che rappresenti una soluzione al problema dei reati su base culturale. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Salute, diritto e cultura: l'ostetrica legale e forense nell'approccio alle mutilazioni genitali femminili

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Informazioni tesi

  Autore: Elisabetta Uboldi
  Tipo: Tesi di Master
Master in Master di Primo Livello in Infermieristica e Ostetricia Legale e Forense
Anno: 2013
Docente/Relatore: Lore Lorenzi
Istituito da: Università degli Studi di Siena
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 53

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