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Dalla Gazzetta dello Sport a Tuttomercatoweb - L'evoluzione del linguaggio giornalistico sportivo

Il quotidiano sportivo nell'epoca della televisione

Le possibilità che la televisione offre allo sport sono innumerevoli. Le partite di calcio e le altre manifestazioni sportive possono essere trasmesse in diretta ad un pubblico sempre più numeroso. A livello giornalistico la nascita del piccolo schermo porta alla realizzazione di programmi dedicati allo sport che affiancano le trasmissioni radiofoniche. I quotidiani vengono affiancati da un altro media concorrente, obbligando i vertici delle testate a rivedere il proprio lavoro.

Il Primo giornalista a comprendere il cambiamento che sta attraversando la stampa sportiva è Antonio Ghirelli.
Ghirelli capisce che con la diffusione della televisione il giornalismo scritto deve cambiare il proprio modo di proporre l'evento sportivo, in modo da evitare che le pagine del giornale ripetano quello che gli altri media hanno già proposto il giorno prima. Viene così creato un ibrido tra un quotidiano di risultati e un rotocalco in cui viene inserito il colore e che offre al lettore "il dietro le quinte dell'evento sportivo", uno spazio dedicato agli approfondimenti e alle interviste rilasciate dai protagonisti prima e dopo gli eventi in modo da fornire al lettore un nuovo approccio allo sport. I primi cambiamenti apportati dai quotidiani coincidono con gli avvicendamenti ai vertici delle testate: i due principali quotidiani nazionali, dedicati al panorama sportivo, La Gazzetta ed il Corriere dello sport cambiano guida alla direzione ed iniziano un processo di rinnovamento.
Nel 1961, il direttore della Gazzetta dello sport, Giuseppe Ambrosini, lascia il posto al collega e condirettore, Gualtiero Zanetti, uomo fortemente inserito negli organi di potere della Lega Calcio e del Coni che sposta definitivamente il focus del giornale sul calcio, marginalizzando lo spazio dedicato agli sport minori. Nonostante la grande vetrina lasciata al gioco del calcio, sport i cui indici di preferenza hanno da tempo superato quelli del ciclismo, La rosea resta un quotidiano "di risultati". Modifiche più incisive vengono adottate a partire dal 1966, dal Corriere dello Sport, in ottemperanza alla linea del nuovo direttore Antonio Ghirelli.
Ghirelli intuisce la possibilità di utilizzare a proprio vantaggio le informazioni pervenute dagli altri mezzi di comunicazione fornendo una maggiore descrizione sui "contorni" dell'evento a dispetto della cronaca vera e propria. Le innovazioni apportate dal Corriere riguardano la grafica, resa accattivante da un'impaginazione sgargiante, volta ad ottenere un maggiore risalto nel pubblico. Vengono adottati Titoli ad effetto, differenti da quelli abitualmente usati. Viene utilizzata una maggiore spregiudicatezza anche attraverso l'uso di nuovi neologismi; Celebre quello impiegato l'11 Giugno del 1968, dopo la vittoria dell'Italia agli europei di calcio sulla Jugoslavia: Mazzolissimo, superlativo dedicato a Sandro Mazzola, trascinatore dell'Italia nella finale.

Gli anni '70 segnano il definitivo cambiamento del giornalismo sportivo. L'opera d'innovazione iniziata da Antonio Ghirelli al Corriere dello sport, viene proseguita da giornalisti come Girgio Tosatti e Luigi Palumbo. Proprio Palumbo sarà uno degli esponenti di un nuovo giornalismo, etichettato dagli addetti ai lavori come "scuola napoletana". Conosciuto da tutti con il soprannome di "Gino", Palumbo è allo stesso tempo giornalista e manager.
Diventato direttore de La Gazzetta dello Sport nel 1976, capisce che per attirare l'interesse dei lettori ormai saturi della cronaca delle partite di calcio e degli altri eventi sportivi, offerta dalle trasmissioni radiofoniche e dai programmi televisivi, è necessario apportare delle radicali modifiche al quotidiano. Il suo modo di concepire la realizzazione di questo sta nel ricercare l'interesse del lettore che può essere ottenuto fornendo a quest'ultimo qualcosa che la televisione non può dare. Palumbo comprende, a differenza di molti suoi colleghi che la televisione può essere un valido alleato e non una minaccia alla sopravvivenza del quotidiano. Il giornale cartaceo può prendere così spunto dagli episodi più rilevanti offerti dal mezzo televisivo per offrire una gamma di notizie in grado invogliare il lettore all'acquisto. Uno degli esempi più calzanti di questa linea editoriale riguarda un aneddoto capitato allo stesso Palumbo: dopo aver assistito in televisione a una lite tra l'attaccante della Juventus Roberto Bettega e Gianni Brera, nel "salotto" della Domenica Sportiva, Palumbo corre in tipografia per fermare la stampa del giornale e far rifare la prima pagina intitolata: "Clamorosa lite in tv tra Brera e Bettega" con il sommario: "Il campione della Juve accusa i critici di terrorismo nei confronti della società bianconera".
Il nuovo direttore risvolta la rosea come un calzino. Viene rivoluzionata la grafica del giornale con l'introduzione della "pagina vetrina", una novità per la stampa italiana. Nella prima pagina del quotidiano vengono, infatti, inserite grandi titolazioni, volte ad ottenere un forte impatto sul pubblico, lasciando unicamente l'articolo di fondo. La linea direttoriale tocca anche i contenuti degli articoli. Viene dato maggiore spazio a curiosità, retroscena e polemiche, mettendo quindi in risalto la cornice dell'evento sportivo. I cambiamenti apportati da Palumbo riscontrano grande successo nel pubblico. La tiratura viene raddoppiata, passando 160 a 320 mila copie al giorno che portano la rosa a diventare negli anni, il primo quotidiano italiano per media di lettori.
Nonostante il grande successo di vendite, la linea di Palumbo, commerciale e popolare, fa storcere il naso ai giornalisti "esperti" di sport e abituati a descrivere minuziosamente gli aspetti tecnici della partita e le gesta sportive realizzate dagli atleti. Tra questi Gianni Brera, grande firma del giornalismo italiano e profondo conoscitore del mondo dello sport. Proprio tra Brera e Palumbo si "scatena" una guerra tra due modi distinti di raccontare la notizia.
Una polemica condotta a colpi di articoli che tiene banco a cavallo tra gli anni '60 e '70. Brera accusa Palumbo e gli esponenti della "scuola napoletana" di non avere sufficienti conoscenze tecniche per poter scrivere di calcio. Per Brera i giornalisti "napoletani" sono troppo sentimentali e non considerano con la dovuta attenzione l'aspetto tecnico del calcio.
La "crociata" condotta da Brera spacca in due filoni il mondo del giornalismo sportivo: da una parte ci sono i "breriani", giornalisti/intenditori di sport, noti per dare molta enfasi all'aspetto tecnico della partita e dall'altra i "partenopei", più attenti ai retroscena, alle curiosità e agli aspetti antropologici del fenomeno sportivo.
A testimoniare l'astio professionale tra i due, un'affermazione scritta da Brera sul Guerin sportivo al momento della nomina di Palumbo a direttore de La Gazzetta dello Sport: "Sono ansioso di leggere gli strambotti della scuola napoletana, i cui epigoni mi tengono oggi allegro come niente e nessuno. Secondo la scuola napoletana una partita è divertente solo se si segnano molti gol".
Le liti tra i due non furono solo scritte o verbali. Brera e Palumbo vennero pure alle mani, in tribuna stampa, al termine di una partita tra Brescia e Torino a causa di un articolo poco lusinghiero scritto da Brera nei confronti di Antonio Ghirelli: Palumbo chiamò Brera per nome e gli mollò uno schiaffo. Brera rispose prendendo a pugni il "rivale". Alla fine i due furono separati dagli altri spettatori.

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Emanuele Croce
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Interfacoltà di Informazione ed Editoria
  Corso: Giornalismo politico
  Relatore: Silvano Balestreri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 153

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