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Il mobbing in italia

L'esperienza diretta del mobbing: le vittime

I lavoratori che affermano di essere stati mobbizzati sono l'11% del campione di intervistati.

La maggior parte delle indagini realizzate sino ad ora registra una quota di mobbizzati che oscilla tra il 5% e l'8%. Uno scarto positivo del 3% va guardato, dunque, con attenzione.

Il fenomeno è in crescita: in Italia più di un lavoratore su dieci si dichiara vittima di violenze psicologiche ed emotive sul posto di lavoro; se si considera che gli occupati nel nostro paese sono circa ventidue milioni, il conto è presto fatto: più di due milioni di mobbizzati. Certamente è difficile fare stime statistiche su di un fenomeno come il mobbing; rimane il fatto che, per quanto passibili di forti ridimensionamenti, si tratta di numeri consistenti. Tuttavia, è importante guardare cosa si nasconde dietro questa cifra.
Innanzitutto si possono dividere gli intervistati che si sono dichiarati mobbizzati in due gruppi: da una parte gli ex mobbizzati (5,3%, in valori assoluti, si tratta di 104 casi), ossia coloro che ritengono di essere stati coinvolti in passato in situazioni di mobbing; dall'altra i mobbizzati attuali (5,7%, 113 individui), in pratica tutte quelle persone che attualmente pensano di essere vessate sul lavoro.

È possibile tratteggiare un profilo delle persone che attualmente sono vittime di aggressioni sistematiche sul luogo di lavoro? Senz'altro il mobbing può colpire qualsiasi individuo, tuttavia ci sono alcune caratteristiche ricorrenti che descrivono il volto del mobbizzato: uomo, di circa cinquant'anni, sposato, impiegato stabilmente nel settore industriale o nei servizi, in un'azienda di piccole dimensioni o nella grande impresa.
Nello specifico, ad essere interessati dal mobbing sono in maggioranza gli uomini: 60% contro circa il 40% delle donne; nella metà dei casi si tratta di persone nella fase centrale della vita (tra i 35 e i 54 anni); mentre, quasi il 30% si sta avvicinando alla pensione ed infine, dal momento che il mobbing non sembra fare sconti a nessuno, un mobbizzato su cinque (20,5%) ha tra i 18 e i 34 anni. Inoltre, si tratta per lo più di lavoratori coniugati (58,6%), anche se ben uno su tre è celibe/nubile (33,3%): condizioni, quest’ultime decisamente precarie. Difatti, se da una parte si tratta di gestire il trauma in due (laddove non ci siano anche i figli), dall'altra si è da soli o, nella migliore delle ipotesi, si può ricevere sostegno da parenti ed amici.

Passando a commentare le variabili che riguardano la condizione professionale, il quadro è chiaro: la maggioranza dagli attuali mobbizzati (72,6%) è inquadrata con contratti di impiego a tempo indeterminato. Sono, invece, il 20,4% coloro che hanno un contratto a tempo determinato o "atipico".
Quest'ultimo elemento desta un certo interesse: la vulgata riporta che il mobbing è finalizzato ad espellere un lavoratore che, "troppo" tutelato, non può essere mandato via, se non attraverso una guerra di logoramento psicologico ed emotivo. Ciò non sembra essere completamente vero; certo, le briglie contrattuali possono anche rappresentare un fattore scatenante, ma il mobbing sembrerebbe coinvolgere anche coloro ai quali sarebbe sufficiente non rinnovare il contratto di lavoro, infatti, un terzo degli intervistati (27,4%, considerando oltre gli "atipici" anche i "senza contratto") si trova in una posizione contrattuale debole.

Scorrendo ulteriormente il profilo, le pratiche vessatorie si consumano sopratutto nel settore dei servizi (40,7%) ed all'interno delle imprese industriali (31,9%); infine, un mobbizzato su cinque (20,4%) lavora nella pubblica amministrazione. Non è una novità che il terziario avanzato sia il principale contesto delle pratiche vessatorie, mentre a sorprendere è il numero dei mobbizzati che lavorano in un comparto tradizionale come quello industriale; al contrario, il settore pubblico, altro ambiente privilegiato del mobbing, è un ambito nel quale la tensione sembrerebbe abbassarsi. Per concludere, un altro dato, in parziale controtendenza con quanto registrato da altre indagini, è la dimensione dell'impresa: accanto alle imprese di grandi dimensioni (33,6%), il mobbing è diffuso nelle "piccole" aziende: difatti, il 46,9% degli attuali mobbizzati lavora in un'impresa con meno di cinquanta dipendenti.

Volendo riassumere, quello del mobbizzato è un identikit preciso: un lavoratore nel pieno della maturità lavorativa, tanto nel senso della stabilità quanto rispetto alla prospettiva temporale; un individuo “biograficamente compiuto", con un ruolo familiare e sociale "forte", un progetto professionale (ma anche di vita) che, in teoria, non dovrebbe trovare più ostacoli nella strada della completa realizzazione ed invece, può arrestarsi e collassare all'improvviso, per un evento imponderabile ed inaspettato: l'ostilità e la ferocia persecutoria di un capo o dei colleghi.

Emergono, poi, alcuni elementi nuovi: per comprendere meglio i fattori di quello che può essere definito come uno spostamento di baricentro del mobbing è utile confrontare la situazione degli attuali mobbizzati con quella degli ex mobbizzati.
Gli ex mobbizzati, o meglio le ex mobbizzate (dal momento che in questo gruppo le donne sono ben il 60,2%), in buona parte lavorano nella Pubblica Amministrazione (31,7%), come dipendenti a tempo indeterminato e hanno attualmente tra i 35 e i 54 anni (quest'ultimo dato non viene rappresentato nel grafico).

Nel tempo il mobbing sembra aver cambiato bersaglio e ambito d'azione, passando dalle lavoratrici pubbliche ai lavoratori della grande industria: il passaggio da una vittima femminile ad una maschile (59,5% gli uomini tra i mobbizzati attuali) farebbe ipotizzare che il mobbing non sia più soltanto uno dei tanti strumenti di discriminazione di genere, quanto una pratica volta ad aggredire tutti coloro che non si conformano alle regole (esplicite e/o implicite) di un'organizzazione; o, più semplicemente, "sono di troppo". D'altra parte, gli atti vessatori tendono a fuoriuscire dall'alveo del "posto fisso" (ovvero la Pubblica Amministrazione), confermando l'ipotesi di una trasformazione interna del fenomeno: sotto questo profilo, "l'entrata in fabbrica del mobbing" è emblematica, nella misura in cui la grande industria è non solo un luogo di produzione, ma simbolicamente rappresenta il lavoro tout court.

E' la sfera produttiva dove, per tradizione, il lavoratore viene tutelato dal sindacato. Pertanto, le molestie sul lavoro cominciano a diffondersi anche, forse soprattutto, negli ambiti in cui la sindacalizzazione è più consistente; tale spostamento testimonia come il mobbing sia un processo strisciante e difficile da individuare; un processo che arriva a colpire quei lavoratori che avrebbero la possibilità di denunciare ai propri rappresentanti sindacali le aggressioni subite.
A fronte di questi importanti cambiamenti, il mobbing dimostra di avere tratti stabili nel tempo.

La vittima degli atti vessatori, in linea di massima, è una persona nel pieno della sua carriera lavorativa, con un'età compresa fra i 40 e i 50 anni; nella fattispecie, è un lavoratore che, ad oggi, è troppo vecchio per riqualificarsi e troppo giovane per andare in pensione; in sostanza, un lavoratore "scomodo" per l'impresa. Difatti, se da un lato presenta un profilo lavorativo sempre meno diffuso (ossia, pienamente tutelato, perciò "costoso" per l'azienda); dall'altro è in una fase biografica che non gli consente di rischiare una nuova avventura lavorativa. Una persona che ha lavorato in un ambiente regolato come la fabbrica difficilmente si adatta ad un mercato del lavoro sempre più flessibile ed instabile.
In conclusione, i mobbizzati (attuali ed ex) sono una quota tutt'altro che residuale dei lavoratori: rappresentano una fetta di forza lavoro oggetto di angherie immeritate, persone che da un giorno all'altro vedono (o hanno visto) crollare una posizione lavorativa salda, venendo risucchiati nel vortice del mobbing. Ma cosa succede dopo che questa frattura esistenziale si è consumata? Quali sono le vie d'uscita? È possibile ottenere un riconoscimento dei torti subiti?

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il mobbing in italia

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Informazioni tesi

  Autore: Emanuele Croce
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Amministrazione, organizzazione e gestione delle risorse umane
  Relatore: Agostino Massa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 151

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