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Al-Jazeera. Oltre i confini del giornalismo arabo

Al-Jazeera: tv di stato qatariota o emittente libera?

Ad appesantire i paradossi di cui abbiamo già trattato, si aggiunge il fatto che Al-Jazeera non è il frutto di un dibattito aperto sorto all'interno di una società civile, ma il progetto scaturito dalla mente dell'emiro, dunque la visione di un singolo, seppur illuminata e mirata allo sviluppo. Secondo il giornalista francese Da Lage, la sua carta vincente è data proprio dall'assenza di un sostrato vivace, che avrebbe inevitabilmente generato delle contese sociali.

Al contrario, proprio il fatto che sia stata generata da una tenuta autoritaria, garantisce alla rete zero opposizione, le permette di operare senza alcuna resistenza da parte della società locale che anzi, di converso, ne trae beneficio.

Il compromesso contraddittorio su cui poggia il più famoso dei network arabi rappresenta oggi il suo punto di forza, ma desta preoccupazione per il futuro. "Penso ad Al-Jazeera come (…) a una cosa sospesa: se un giorno qualcuno taglia il filo, Al-Jazeera va giù e non abbiamo più niente che ci sostenga", confessa Al-Qāssam in un'intervista. La mancanza di un sistema normativo che garantisca al network qatariota l'esistenza e l'intoccabilità al passare dei governi è chiaramente un punto critico. In parole povere, se il governo di Cameron cadesse, la Bbc non ne risentirebbe, ma lo stesso non si può dire dell'emiro del Qaṭar e della sua rete. A metà strada tra una news organization pubblica ed una privata, Al-Jazeera ha introdotto un modello che non ha fatto altro che disorientare ulteriormente gli analisti occidentali, quello per cui essa è un canale semi-indipendente e commercialmente orientato, mentre il suo assetto proprietario rimane nelle mani del governo. Ciò non deve fuorviare: malgrado il suo capitale derivi direttamente dallo stato, esso non può essere definito pubblico, perché non generato da una tassa imposta ai cittadini o da un canone. A questo si aggiunge la difficile distinzione tra patrimonio dello stato e patrimonio della casa regnante, come è d'uso in tutti i rentier state del Golfo. Il peso della famiglia Al-Ṯān si avverte non solo nel finanziamento al canale, che abbiamo visto essere diretto, ma anche nella posizione che essa occupa dentro il maǧlis al-ʾidāraẗ (consiglio di amministrazione) di Al-Jazeera e nella modalità con cui i sui membri vengono nominati. Non a caso come primo raʾīs maǧlis al-ʾidāraẗ (presidente del consiglio di amministrazione) è stato scelto lo šayẖ Ḥamad bin Ṯāmer Al-Ṯān, cugino del vecchio emiro al faẗ bin Ḥamad Al-Ṯān, che da ex collaboratore del Ministero dell'Informazione e responsabile per la censura ha avuto il coraggio di dichiarare:

The Ministery of Information is the Ministery that controls the news media, be it television, radio or newspaper. We don't see that a Ministery of Information has any positive role to play in the future media projects.

I restanti sei al-mustaṣārun (consiglieri) vengono selezionati dal governo, fra personalità ed esperti di media non necessariamente qatarensi. Non stupisce allora il silenzio di cui molti accusano Al-Jazeera in merito ai tristi fatti che coinvolgono il paese che la ospita e la nutre: la problematica dei diritti umani, la discriminazione degli immigrati, le elezioni legislative più volte promesse e mai realizzate, i legami commerciali con Israele, la massiccia presenza degli Stati Uniti sul suolo nazionale, sono solo alcuni dei temi banditi dal palinsesto. Incriminata per essere "lopsided and selective in its coverage", Al-Jazeera ha puntato la sua difesa sulla relativa importanza del Qaṭar sulla scena mondiale, che fa si che gli editori gli assegnino uno spazio televisivo più ristretto.
Tra le storie volutamente ignorate c'è quella della revoca della cittadinanza al clan dei Ghafran della tribù di Al-Murrah, sospettato di aver preso parte ad un fallito colpo di stato e per questo costretto chiedere rifugio alla vicina Arabia Saudita. Un caso recente di manipolazione dell'informazione da parte della dirigenza ha coinvolto lo staff di Al- Jazeera English, costretto a modificare il filmato di un dibattito Nato e a invertire l'ordine degli interventi, privilegiando quello poco significativo dello šayẖ Ḥamad. Parallelamente alle agitazioni che hanno investito all'unisono il mondo arabo, la visione di un'Al-Jazeera che sia estensione della diplomazia di Doha ha trovato conferma nell'esodo sempre più consistente di reporter e anchorman che affligge la rete. Molti degli inviati da Parigi, Berlino, Londra, Mosca, Beirut e ben 22 membri dell'ufficio di corrispondenza egiziano, hanno richiesto le dimissioni puntando il dito contro una rete che, a parer loro, manca di professionalità e si attiene fedelmente all'agenda di stato del Qaṭar. L'amarezza di dover rinunciare alla propria indipendenza giornalistica filtra dalla confessione di Akṯam Sulayman, ex veterano corrispondente da Berlino: "Before the beginning of the Arab Spring, we were a voice for change (…). Now, Al-Jazeera has become a propaganda broadcaster". Relativamente alla copertura della guerra civile di Libia e Siria, che ha visto Al-Jazeera nettamente schierata dalla parte dei ribelli e omertosa dinnanzi alle atrocità commesse da quest'ultimi, Sulayman commenta:

You notice with these cases that it involves governments who have fallen out of favor with Qaṭar's rulers. (…) Now we suddenly find ourselves in a situation in which our reporting is precisely aligned with Qaṭari foreign policy.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Al-Jazeera. Oltre i confini del giornalismo arabo

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Informazioni tesi

  Autore: Linda Salerno
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Studi Comparatistici - Percorso Afro-Asiatico
  Relatore: Souadou Lagdaf
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 152

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