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Libertà di iniziativa economica - Articolo 41 della costituzione

Iniziativa economica e fini sociali

Come già esposto, la forma dell’articolo 41 presenta apparenti contraddizioni, forme generiche e deroghe legislative che un articolo costituzionale dovrebbe piuttosto risolvere. Nel secondo e terzo comma dell’articolo in esame si fa riferimento al fine sociale e alla utilità sociale come principi guida dell’azione dell’imprenditore e dell’autorità che, come previsto dall’articolo, ne determina i programmi e i controllo per un coordinamento verso un fine comune.

Già dalla sua prima stesura in Assemblea Costituente la forma dell’articolo 41, in particolare il riferimento all’utilità sociale, fu oggetto di un acceso dibattito dovuto alla difficile qualificazione della forma impiegata. Alla definizione di utilità sociale sono state poste numerose interpretazioni, trovando in essa ora l’esigenza di raggiungere i massimi livelli di occupazione, congiungendo l’articolo 41 con l’articolo 4 della costituzione che riconosce e promuove il diritto al lavoro, ora nella visione utilitarista di Bentham secondo cui l’utilità sociale corrisponderebbe alla maggior quantità di benessere per il maggior numero possibile di individui, ora anche come benessere economico collettivo inteso come progresso materiale in condizioni di uguaglianza. Data la difficolta della determinazione di questa formula, si è lasciato che questa operi come “principio valvola” consentendo l’adattamento dell’articolo in esame alle diverse situazioni al mutare dei fatti sociali. In questo modo si è esclusa la rigidità e il rischio di inapplicabilità di tale principio, riconoscendo d’altra parte il ruolo del legislatore nell’individuazione all’interno delle singole fattispecie dello specifico significato di utilità sociale, in base ai fini perseguiti dalla legge e l’idoneità dei mezzi predisposti a perseguirli.

Per quanto sia impossibile dare una precisa definizione di utilità sociale, è possibile trovare una “logica comune”, che ne guidi l’interpretazione, secondo cui sono di utilità sociale quei valori già descritti nella prima parte della costituzione, che coincidano quindi con gli altri diritti e libertà tutelati, quali ad esempio la salute, l’ambiente il diritto al lavoro ecc., diritti che vanno a costituire un “nucleo minimo” dal quale dedurre la nozione di utilità sociale. È proprio da questo postulato che la Corte Costituzionale ha rintracciato il limite posto all’iniziativa economica avente ad oggetto il gioco d’azzardo, ritenuto lesivo per la libertà, sicurezza e dignità dell’individuo (C. cost. 237/1975). Così come ha rinvenuto una ragione di utilità sociale nell’abolizione del lavoro notturno per i formai necessaria a garantirne la salute (C. cost. 21/1964).

In alcuni casi, invece, è stata ritenuta di “utilità sociale”, la tutela di interessi attinenti la sfera puramente economica quali l’incremento della produzione, l’equilibrio tra domanda e offerta che regola il mercato, i principi di concorrenza e competitività delle imprese e la tutela del sistema produttivo. Si è quindi finito per riconoscere nell’utilità sociale la salvaguardia di un sistema economico inteso come “ordine pubblico economico” all’interno del quale l’individuo faccia valere i propri diritti e le proprie libertà. Non va escluso che altre nozioni di utilità sociale possano essere ritenute valide al cambiamento dei sistemi di riferimento, non solo sulla base di differenze settoriali ma anche a causa di evoluzioni dei mercati e dei sistemi in cui l’imprenditorialità opera.

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Libertà di iniziativa economica - Articolo 41 della costituzione

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Informazioni tesi

  Autore: Domenico Pellecchia
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economiche
  Relatore: Egidio Marotta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 22

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