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Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nel pubblico impiego privatizzato

L'applicabilità al pubblico impiego del nuovo rito introdotto dalla riforma Fornero

Chiarita la tutela applicabile al dipendente pubblico, occorre ora capire quale rito sia esperibile dal lavoratore che ritenga di essere stato licenziato illegittimamente. La questione sorge spontanea in seguito all'introduzione di un nuovo rito alternativo introdotto dall'art 1. comma 47 e ss. della l. 92/2012: le disposizioni dei suddetti commi «si applicano alle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, 15 e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro».

Il problema interpretativo riguarda nuovamente il significato dei commi 7 e 8 del medesimo articolo, dai quali si desume che le novità introdotte dalla riforma Fornero non sono direttamente applicabili al pubblico impiego a meno che questa eventualità non sia espressamente prevista; a onor del vero, il succitato testo del comma 47 sembrerebbe fugare ogni dubbio in merito all'applicabilità anche al licenziamento del dipendente pubblico – in quanto regolato dallo statuto dei lavoratori – del rito in esame.
Nondimeno la dottrina è estremamente disunita al riguardo, arrivando a configurare l'inapplicabilità del rito nonostante l'applicabilità del novellato art. 18, l'inapplicabilità di entrambi, l'applicabilità del solo rito o infine l'applicabilità di entrambi gli aspetti della riforma.

Come già accennato, ritengo direttamente applicabile al pubblico impiego il nuovo rito predisposto dalla riforma: non solo quale conseguenza logica dell'interpretazione letterale del combinato disposto tra i commi 7 e 47 dell'art. 1, ma anche in quanto fedele all'intentio legis della riforma, nella misura in cui non è ragionevole ipotizzare che l'intervento armonizzante del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione riguardi la previsione di uno specifico rito di impugnazione valido soltanto per il pubblico impiego.

Per quanto riguarda l'applicabilità o l'inapplicabilità di entrambe le novelle, ho già avuto modo di citare diverse sentenze che sposano entrambi gli orientamenti con adeguate motivazioni; al contrario, risulta inaccettabile l'orientamento volto ad escludere l'applicabilità del rito pur ritenendo applicabile il novellato art. 18: non è azzardato infatti asserire che l'introduzione di un nuovo rito del lavoro più celere sia strettamente connessa alla riduzione delle tutele accordate al lavoratore illegittimamente licenziato, al punto da poter configurare i due istituti come legati da un rapporto simul stabunt simul cadent . Merita inoltre di segnalarsi che l'eventuale dissociazione in oggetto potrebbe risultare incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza e del diritto alla difesa in giudizio (rispettivamente, art. 3 e 24 cost.).

Chiarita l'applicabilità del nuovo “rito Fornero” al pubblico impiego, occorrerà ora esaminarne le peculiarità e domandarsi se sia obbligatorio o meramente facoltativo rispetto al rito del lavoro, nonché se sia compatibile con il rito sommario ex art. 700 c.p.c; ad entrambe le domande, come vedremo, sembra potersi fornire una risposta positiva.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nel pubblico impiego privatizzato

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Informazioni tesi

  Autore: Michele Moi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Enrico Maria Mastinu
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 96

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Parole chiave

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