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Storia e mito nei romanzi di Cesare Pavese

Simboli e strutture inconsce nei romanzi

I temi trattati sinora, rapporto con la storia e la politica, rapporto con l'adolescenza e la paternità, mito dell'infanzia, benché ricorrenti nelle opere pavesiane, non esauriscono il complicato mosaico della poetica sottesa ai romanzi, della quale abbiamo cercato di seguire il filo. Tornando per un attimo a Paesi tuoi, romanzo del quale è stata sottolineata più volte la preminente carica simbolica a partire da un saggio degli anni Sessanta di Giorgio Barberi Squarotti, prima del quale il romanzo era stato annoverato tra il filone del neorealismo, per i motivi politici di cui abbiamo discusso in precedenza. Paesi tuoi si offre in realtà a diverse interpretazioni, da quella incentrata sul contrasto città-campagna, suggerita da Pavese stesso (anche se, a dire il vero, nel romanzo manca una caratterizzazione pregnante della città), a quella di matrice psicoanalitica che considera il viaggio di Berto come metafora del cedimento della coscienza verso le oscure forze del profondo, dell'inconscio. Inoltre, il viaggio segue lo schema classico del ritorno alla madre, e infatti la campagna è da subito costellata di segni materni, tra cui spicca l'insistente analogia tra la collina e la mammella. Che la collina sia un topos che attraversa la produzione pavesiana, è evidente già guardando l'insistenza in cui ricorre sia nei titoli (La casa in collina, Il diavolo sulle colline), che nelle ambientazioni di racconti e romanzi. Fondamentalmente, Pavese trasferisce nel simbolo della collina una proiezione libidica del complesso materno, considerando la mammella nel senso di mamma, seno e quindi ventre. Il ventre della terra, dunque, è associato a quello della madre, tradizionalmente luogo di desiderio e rifugio, come già evidente in Storia segreta, uno dei racconti che compongono Feria d'agosto:

Allora capii che era inutile dirlo e m'accorsi che era vero, la campagna non è solamente la terra ma tutto quello che c'è dentro. Mi venne voglia di starmene là sotto e che fuori piovesse, crescessero gli alberi, passasse la sera e il mattino. «Qui di notte è già buio – pensai – dentro la terra è sempre notte».

Anche la frutta, altro elemento tipico della campagna, è a volte accostata all'immagine della mammella, e assume la rilevante simbologia della fecondità. Berto di Paesi tuoi, a tal proposito, così parla di Gisella:

A mezzogiorno vengono a chiamarmi e si mangiò un'altra volta il minestrone di verdura, e le acciughe e il formaggio. Era così che quelle donne crescevano spesse, ma Gisella, che adesso mi guardava ridendo, sembrava invece fatta di frutta. Perché, una volta finito, chiedo a Talino se non aveva delle mele, e lui mi porta in una stanza dove ce n'era un pavimento, tutte rosse e arrugginite che parevano lei. Me ne prendo una sana e la mordo: sapeva di brusco, come piacciono a me.
– Sono le mele di Gisella, –- fa Talino mentre torniamo a tavola.
– Perché? – chiedo a Gisella. – Covate le mele?
Non capivano mica. Invece il vecchio mi spiega che quando nasce una figlia si pianta un albero perché cresca con lei.


L'attrazione di Berto verso la frutta, che mangia avidamente come un poppante succhia la mammella della madre, è un altro elemento del suo complesso materno, che si nutre nel romanzo anche del simbolo dell'acqua: prima il protagonista invita Gisella ad andare nel fiume a fare il bagno e poi la assimila direttamente all'elemento acquatico, che assolve dunque la doppia funzione di nutrimento, come la frutta, e rifugio, come il ventre materno. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Storia e mito nei romanzi di Cesare Pavese

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Redaelli
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Antonio  Saccone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 147

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