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La scomposizione della politica migratoria: Stati Uniti e Canada in prospettiva comparata

Verso la politica migratoria moderna: dalla discriminazione all'universalismo

Stati Uniti e Canada sono oggi fermamente votati a politiche non discriminatorie in materia di immigrazione. Nella formulazione di nuove politiche essi evitano di regolare la selezione degli immigrati sulla base di criteri etnici, razziali oppure discriminando individui sulla base del loro paese d'origine. Tuttavia, essi sono arrivati a costruire le politiche per la selezione sulla base questo principio universalistico, secondo il quale gli immigrati sono considerati individui e non rappresentanti di gruppi etnici o nazioni, soltanto dopo averlo inequivocabilmente violato durante il diciannovesimo secolo e parte del ventesimo per mezzo di politiche sostanzialmente fondate su principi discriminatori di tipo razziale (Joppke 2005, 31-33).

Gli Stati Uniti hanno selezionato gli immigrati basandosi sulla provenienza nazionale a partire dal 1924 fino al 1965, anni in cui fu in vigore il National Origin Quota Act. Esso limitava l'immigrazione negli Stati Uniti a 150.000 individui all'anno, distribuiti per ciascuna nazionalità sulla base di un sistema di quote proporzionate al numero di cittadini americani di cui veniva rintracciata l'origine straniera nel censimento del 1920 (Ngai 1999, 67). Venivano inoltre escluse dal sistema delle quote le nazionalità non idonee per la cittadinanza (ad esempio gli asiatici), i discendenti degli schiavi e dei nativi americani e gli immigrati dell'emisfero occidentale.

Questo sistema, stabiliva di fatto un regime sfavorevole per immigrati provenienti dal sud e dell'est Europa, protagonisti delle più recenti ondate migratorie e quindi rappresentati da una quota non realmente proporzionata alla loro presenza attuale sul territorio. In questo modo si prescriveva un calcolo numerico degli immigrati che consentiva di congelare la composizione etnica della società grazie al mantenimento negli anni della stessa proporzione di ogni nazionalità presente nella popolazione censita nel 1920 (Joppke 1998, 40-42).
Il criterio di selezione utilizzato nel regime migratorio statunitense in questi anni mirava dunque ad uno stretto controllo della composizione demografica. Gli immigrati erano ritenuti desiderabili per la loro comunanza etnica con individui bianchi di origine europea, promuovendo così la creazione di una razza americana (Ngai 1999, 70).

Anche il Canada ha adottato politiche migratorie restrittive passando, all'inizio del ventesimo secolo, da provvedimenti per la protezione per gli immigrati dai pericoli della traversata oceanica, dello sfruttamento da parte di capitani o albergatori, a politiche discriminatorie per la selezione e l'ammissione sulla base di preferenze etniche o di provenienza nazionale (Kelley e Trebilcock 1998, 83-93; 132- 36). Due leggi in particolare misero in atto questo cambiamento: l’Immigration Act del 1906 e la sua estensione con l’Immigration Act del 1910. Entrambe furono il frutto di una nuova prospettiva sull'immigrazione per cui la discendenza etnica e il paese d'origine degli immigrati erano considerati un fattore più importante rispetto ad abilità occupazionali, con un'esplicita predilezione ad accogliere immigrati provenienti dal Canada orientale, dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti e a restringere l'immigrazione dal centro e sud Europa (Knowles 2007, 105-7). La prima legislazione del 1906 introduceva, per la prima volta ufficialmente, il concetto di immigrato non desiderabile sulla base non solo di caratteristiche personali e fisiche (malati mentali, epilettici, ciechi, muti, infermi, affetti da malattie contagiose, indigenti, criminali e prostitute) ma prevedeva la rimozione di quegli immigrati che, dopo due anni di permanenza sul suolo canadese, erano dipendenti da fondi pubblici o organizzazioni caritatevoli.

Oltre ad espandere le categorie degli immigrati passibili di esclusione, questa legge conferiva al governo l'autorità di proibire l'arrivo in Canada di qualsiasi classe specifica di immigrati (Kelley e Trebilcock 1998, 135-36). L’Immigration Act del 1910 ampliava le clausole della legislazione del 1906 estendendo la lista degli immigrati estromessi e ampliando la discrezionalità del governo autorizzandolo ad emanare regolamenti che proibivano l'ingresso di immigrati belonging to any race deemed unsuitable to the climate and requirements of Canada or immigrants of any specified class, occupation or character (Immigration Act , S.C. 1910, c.27, s.38). Nonostante la premessa restrittiva delle due legislazioni, l'immigrazione rimase fondamentale per la prosperità canadese e, al contrario delle previsioni, non diminuì drasticamente. In particolare, queste politiche furono efficaci nel ridurre l'immigrazione dall'Asia ma non riuscirono a bloccare i russi dal centro e sud Europa data l'inevitabile necessità di manodopera semi o non qualificata per le manifatture e l'estrazione di risorse minerarie (Knowles 2007, 122-24). [...]

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La scomposizione della politica migratoria: Stati Uniti e Canada in prospettiva comparata

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Informazioni tesi

  Autore: Alice Zanasi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Giliberto Capano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 159

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