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Il procedimento sommario di cognizione

L’ordinanza di conversione e i suoi effetti

Qualora il giudice all’esito della sua analisi ritenga la causa suscettibile di un’istruzione non sommaria, ai sensi dell’art. 702-ter, comma 3, c.p.c, dovrà disporre la trasformazione del procedimento in rito ordinario, fissando l’udienza ex art. 183 c.p.c.
In via incidentale, occorre precisare che l’udienza di trattazione che si andrà a celebrare nell’ipotesi di conversione del rito, è un’udienza sui generis.

Invero, molte delle attività prescritte dal legislatore all’art. 183 c.p.c risulteranno essere state già espletate nel corso dell’udienza “sommaria”, pertanto, a detta di alcuni autori, tale momento processuale risulterebbe destinato alla sola richiesta delle parti della concessione dei termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.
Parte della dottrina ha quindi ritenuto possibile, al fine di evitare un inutile incombente, che il giudice, nel passare al rito ordinario, “trasformi” seduta stante la “prima udienza sommaria” in udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c, svolgendo in quella sede, tutte le relative attività, quindi anche quelle prescritte dal comma 6 della predetta norma.

Tale interpretazione, indubbiamente forza il dato testuale dell’art. 702- ter, comma 3, c.p.c, purtuttavia essa appare in perfetta sintonia con l’esigenza di una celere definizione dell’iter processuale e peraltro, non implica alcuna violazione del principio del contraddittorio con riguardo al diritto di difesa delle parti. A diverse conclusioni, invece, si dovrà giungere laddove il giudice nel convertire il rito, ritenga opportuno rimettere in termini il convenuto, il cui diritto di difesa, nella fattispecie concreta, risulti indebitamente compromesso.

La su esposta ricostruzione finisce con l’attribuire alla rimessione in termini, carattere di eccezionalità, tesi questa che non è condivisa da alcuni uffici giudiziari.
Già i primi orientamenti giurisprudenziali, infatti, propendevano per un’automatica rimessione in termini, ritenendo opportuno che il giudice dovesse concedere al convenuto un termine ex art. 163-bis c.p.c., nonché un termine ex art. 166 c.p.c., per il deposito di una “nuova” comparsa di costituzione, dando per scontato che il “più ristretto termine” di costituzione nella fase sommaria non potesse consentire al resistente la piena formulazione delle eccezioni e delle richieste istruttorie.

In realtà, tale tesi risulta condivisibile solo se si attribuisce alla scelta del procedimento sommario intrinseche connotazioni abusive.
Se è vero, infatti, che i ritmi serrati del rito in esame possono rivelarsi potenzialmente lesivi del diritto di difesa del convenuto nelle controversie “complesse”, è altresì vero che la lite può trasformarsi da “semplice” a “complessa” proprio a seguito delle difese del convenuto, a prescindere da qualsiasi pronostico del ricorrente.
Va inoltre considerato, che stando all’esperienza pratica, il termine minimo di comparizione previsto dall’art. 702-bis c.p.c viene spesso “allungato” dal giudice nel decreto di fissazione della “prima udienza sommaria”.
Pertanto, dottrina maggioritaria ha sostenuto l’opportunità di evitare formalismi e rigidità, in favore di una valutazione sulla necessità della rimessione in termini del convenuto, operata caso per caso da parte del giudice.

Un ultimo aspetto da considerare con riguardo all’ipotesi di conversione del procedimento sommario in rito ordinario attiene proprio alla natura del provvedimento con cui è disposta la conversione medesima.
Trattasi di un’ordinanza espressamente definita dal legislatore “non impugnabile”. Essa, dunque, non è né revocabile né modificabile.
Tanto, induce a ritenere che un eventuale errore di valutazione da parte del giudice in merito alla complessità dell’istruttoria, oltre a non essere suscettibile di alcuna forma di controllo, sarebbe, altresì, irreversibile, dovendosi escludere la possibilità di proporre avverso la stessa, ricorso in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.
Non può ritenersi vero il contrario: il giudice che abbia optato per l’istruttoria sommaria, infatti, può sempre cambiare idea e passare al rito ordinario.

Invero, può accadere che nel corso dell’istruttoria emerga l’opportunità di compiere accertamenti più approfonditi (come, ad esempio, assumere una testimonianza de relato ai sensi dell’art. 257 c.p.c o la delega di una prova costituenda ad altro giudice, nazionale o straniero e così via), ovvero si verifichino determinati eventi.

In tali casi, la necessità di ricorrere alle forme ordinarie è pressoché assoluta.
In ipotesi di questo tipo, peraltro, non sarà necessario far regredire il procedimento all’udienza ex art. 183 c.p.c potendo esso proseguire nel senso previsto con riferimento allo stato di avanzamento del processo medesimo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il procedimento sommario di cognizione

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Informazioni tesi

  Autore: Mariangela Tieri
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in Specializzazione in Professioni Legali
Anno: 2014
Docente/Relatore: Giuseppe Trisorio Liuzzi
Istituito da: Università degli Studi di Bari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 118

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702 bis
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