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Un altro genere di comunicazione. Il maschilismo nel linguaggio politico e mediatico italiano

Specchi riflessi: giornalismo e politica

Se la comunicazione politica si avvale sempre più del mezzo televisivo, tanto da trasformarlo in parte integrante del suo stesso linguaggio, accade anche che il giornalismo televisivo si ibridi con esso fino ad assimilarne le pratiche. Il giornalista-conduttore, infatti, si appropria di tratti tipici della politica e si fa suo antagonista, valorizzando gli elementi di conflitto come materia di spettacolo. Non è più soltanto conduttore, ma si pone come altro polo di scontro, facendo egli stesso opinione pubblica. L’informazione politica è guidata dalla “logica dei media”, il cui obiettivo principale è quello di conquistare pubblico e profitto e da queste logiche non si distanzia più neanche il servizio pubblico che si trova a competere contro un forte polo commerciale.

Se il pubblico di massa preferisce le soft news il sistema dei media deve tenerne conto. “La logica mediale è infatti sinonimo di competizione tra media […], contenuti che riflettono o solleticano i gusti popolari, sensazionalismo, “tabloidizzazione” dell’informazione, una narrativa che privilegia le storie personali e personalizzate, il conflitto piuttosto che il compromesso, le dimensioni ludiche, il gossip, la semplificazione dei problemi.”

L’informazione politica non sfugge a queste nuove logiche ma diviene, al pari delle altre, un prodotto commerciale. Il giornalismo tende sempre più a spettacolarizzare se stesso giungendo ad essere infotainment; uno spettacolo, dunque, che insieme informa e intrattiene e una forma di commistione di programmi di intrattenimento che fanno della politica il loro argomento principale. L’informazione, nell’adattarsi ai gusti popolari, si drammatizza e la notizia viene mercificata. Si rincorre lo scontro e l’aspetto sensazionalistico delle notizie, la cronaca subisce un processo di serializzazione dirigendosi verso la morbosità dello spettatore e si favoriscono i retroscena della vita pubblica. Il giornalismo si fa controparte sempre più passiva di questo processo, osserva e rispecchia il conflitto diminuendo la trattazione della complessità di un dibattito. Scopo della narrazione giornalistica è suscitare emozione nello spettatore. Annebbiati i confini tra sfera pubblica e privata le notizie ci propongono i retroscena della politica, non più fatti e azioni, ma reazioni e umori.

Rappresentativo è il caso dei talk politici che si rendono salotto della scontro politico della seconda repubblica, caratterizzati da una messa in scena che esalta le contrapposizioni e il contraddittorio e dalla figura di un giornalista-conduttore forte che gestisce lo scontro e prende posizione. Non è raro che la situazione sfoci nella rissa verbale che oscura i contenuti politici finendo a volte per creare casi mediatici o auto-promozionali. Ma più che rispondere alla logica dei media, l’informazione, nello specifico italiano, risponde ai bisogni del potere. Infatti, il giornalismo nostrano tende ad essere subalterno alle decisioni politiche. La Rai è stata oggetto di lottizzazione partitica e il governo ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella decisione delle cariche del consiglio d’amministrazione. Ci sono stati casi di vera e propria estromissione di importanti figure giornalistiche dalla televisione di stato, come quella, in seguito alle dichiarazioni di Berlusconi (l’Editto Bulgaro), di Santoro, Biagi e Luttazzi, messi al bando dalle reti pubbliche, evento che mise in luce come “l’uso criminoso” che essi facevano della televisione rappresentasse una linea politica proibita da seguire e quindi la sottomissione della televisione di stato ai diktat politici.

Ma il potere sulle reti televisive dell’imprenditore-presidente del consiglio non riguardava semplicemente quelle pubbliche, in quanto titolare di un impero televisivo privato. L’anomalia italiana sta proprio in questo, nell’avere avuto e riproposto nel tempo un presidente del consiglio che controllava effettivamente il duopolio televisivo, indirettamente le reti pubbliche e personalmente quelle private, coprendo la maggioranza del consumo mediale degli italiani. Emblematica “l’intervista” nel salone di Domenica Live tra Barbara D’Urso e Berlusconi (16/12/2012) durante la quale quest’ultimo riferisce agli italiani le vicende del cagnolino Dudù e del suo nuovo fidanzamento, senza ricevere l’ombra di un contraddittorio da parte della conduttrice.

Vale la pena ricordare, in riferimento a questo episodio e nel corso della stessa campagna e maratona televisiva di Berlusconi, il suo intervento a Otto e mezzo (08/01/2013), da Lilli Gruber, dove tenta invano di riproporre il suo monologo e di condurre la conversazione sul piano personale; ma la serie incalzante di domande della giornalista e il rifiuto di assecondarlo nel suo tentativo di focalizzare la conversazione sul suo essere divenuto nonno, comporterà la sua polemica e l’insulto verso la conduttrice.

Se i media mainstream riflettono primariamente il disegno politico e la politica si macchia d’immoralità e superficialità, è normale che il confine tra lecito e illecito, tra giusto e sbagliato tenda a svanire e il ritorno di un becero maschilismo, innalzato a topos elettorale dal suddetto Presidente e valorizzato da media assoggettati, trovi una facile via d’accesso all’immaginario collettivo. In fondo, per determinare l’arretramento culturale di un paese e anestetizzarne la capacità critica, è stato sufficiente avere in mano il pieno controllo dei media per vent’anni, annientare il giornalismo attivo e d’inchiesta e ridurre l’informazione politica a dichiarazioni spontanee e interviste concordate.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Un altro genere di comunicazione. Il maschilismo nel linguaggio politico e mediatico italiano

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Sorrentino
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Facoltà di Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione
  Corso: Scienze e tecnologie della comunicazione
  Relatore: Christian Ruggiero
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 217

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