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L'impatto della crisi sui mercati del lavoro: l'Italia e i divari territoriali

Gli interventi anticrisi delle Regioni

Possiamo partire osservando quali siano stati gli interventi messi in atto dalle regioni durante i primi anni dallo scoppio della crisi economica. Dai dati si evince che nel 2009-2010 le regioni hanno adottato misure anticrisi considerevoli, mettendo a disposizione risorse lorde per circa 14,5 miliardi di EUR. Al netto dei trasferimenti nazionali, già inclusi nell'ammontare totale del piano nazionale anticrisi, le regioni hanno iniettato nell'economia nuove risorse per un valore di circa 9 miliardi di EUR, pari allo 0,7% del PIL 2009. Tuttavia, la maggior parte delle risorse contenute nel pacchetto sembra provenire più dall'anticipazione di spese già programmate che da nuove spese Le condizioni economiche e strutturali anteriori alla crisi aiutano a chiarire le differenze di entità e composizione dei diversi pacchetti regionali anticrisi. Il contributo relativo (netto) delle regioni divise in due gruppi: Centro-Nord e Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria Sicilia), al finanziamento del pacchetto aggiuntivo risulta proporzionale al rispettivo peso nell'attività economica complessiva (76,1% per le regioni del Centro-Nord, 23,9% per le regioni del Sud). Tuttavia, se si prendono in esame i valori pro capite (Grafico 6), il quadro non appare altrettanto nitido e la differenza tra i due gruppi di regioni tende a ridursi. In effetti, se si escludono gli outlier (in particolare la P.A. Trento), emerge che alcune regioni del Sud, quali Basilicata e Calabria, hanno messo in atto sforzi di ripresa notevoli, ben superiori a quelli di tutte le altre regioni , ad eccezione delle regioni a statuto speciale: Valle d'Aosta (VdA), Friuli-Venezia Giulia (FVG) e Sardegna.

Riguardo alle fonti di finanziamento dei pacchetti anticrisi, si può osservare quanto segue.

I fondi regionali (le risorse discrezionali delle regioni provenienti dai rispettivi bilanci) rappresentano la fonte principale di finanziamento per le regioni del Centro-Nord, considerato il livello più elevato dei redditi e delle entrate fiscali di tali regioni. Risulta che tali regioni hanno compiuto sforzi maggiori rispetto alle regioni del Sud, non solo in valori assoluti, ma anche in termini relativi, investendo in misure anticrisi quote relativamente più ampie dei rispettivi fondi discrezionali sia in rapporto alla spesa in conto capitale delle regioni (2007) sia al PIL (2009): rispettivamente 6,8% e 0,37% per le regioni Centro-Nord a fronte dello 0,9% e 0,30% per le regioni Sud. I fondi strutturali provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo sociale europeo (FSE) sono stati impiegati per il finanziamento della maggior parte delle misure anticrisi delle regioni del Sud, ammontando, in media, al doppio dei contributi provenienti dai fondi discrezionali delle regioni. In tre regioni del Sud: Calabria, Campania e Puglia; i fondi strutturali sono stati utilizzati per integrare i limitati bilanci regionali e i finanziamenti del governo centrale Considerata la diversa natura o il diverso carattere degli interventi messi in atto, il FESR viene impiegato a sostegno dei piani anticrisi sia nelle regioni del Centro-Nord sia nelle regioni del Sud, mentre il contributo del FSE è prevalente nei pacchetti anticrisi delle regioni del Centro-Nord, in particolare attraverso la partecipazione diretta alla Cassa integrazione guadagni (CIG).

I trasferimenti nazionali erogati dal governo con l'obiettivo di finanziare la legislazione regionale e cofinanziare i piani regionali ed europei rappresentano una quota rilevante per entrambi i gruppi di regioni, arrivando a finanziare oltre 1/3 dei rispettivi pacchetti complessivi. Quasi tutte le regioni hanno adottato articolati piani regionali di ripresa e/o leggi anticrisi. Tuttavia, l'entità e la natura delle misure inserite nei pacchetti varia da regione a regione, sulla base dei mezzi finanziari disponibili e delle previsioni relative all'impatto socio-economico della crisi. Le regioni sono state invitate a fornire una classificazione di tutte le misure discrezionali (i.e. le misure finanziate esclusivamente con i rispettivi bilanci) adottate nei piani regionali, sulla base dei destinatari (imprese, famiglie, lavoratori o, più in generale, opere pubbliche) e gli obiettivi dell'intervento (misure anticicliche a breve termine, volte a fornire una risposta rapida alla crisi, o misure strutturali, tese ad accrescere il potenziale di crescita e di occupazione nel medio lungo termine). Come preventivato, la quasi totalità delle misure per la ripresa introdotte dalle regioni è di natura anticiclica. Escludendo gli outlier (P.A. Trento), il quadro è analogo nelle regioni Centro-Nord e Sud, dove le misure a breve
termine costituiscono in media il 70% dell'intero pacchetto.

Considerando che le misure anticrisi dovevano essere revocate una volta superata la fase critica, i pacchetti discrezionali delle regioni potevano sembrare ben strutturati e in linea con gli orientamenti generali enunciati nel piano europeo di ripresa economica della Commissione. Nell'insieme, al momento di predisporre i rispettivi pacchetti anticrisi, le regioni hanno posto l'accento sul sostegno alle imprese. Nelle regioni a forte vocazione industriale o in cui si trovano grandi distretti industriali (Lombardia, Friuli-V.G., Piemonte, Marche e Molise), è stata destinata una somma consistente, fino al 90% delle risorse discrezionali, al sostegno delle imprese allo scopo di limitare il rischio di una riduzione permanente della capacità produttiva. La crisi sembra essere stata percepita come dominata dal fronte finanziario e non dal crollo della domanda: la maggior parte delle misure previste è stata volta infatti a facilitare l'accesso alle risorse finanziarie per le imprese, in particolare sotto forma di fondi di garanzia (o contro-garanzia), e a rimettere in moto il sistema creditizio. Gli interventi previsti hanno principalmente carattere anticiclico, ad eccezione di alcune regioni (in particolare l'Emilia-Romagna, ma anche la Basilicata), che hanno optato per una riorganizzazione strutturale di settori specifici, una strategia che, nell'insieme, ha permesso di recuperare risorse consistenti. Aiuti sono stati destinati a settori specifici (turismo, chimica e meccanica), ad aree geografiche (depresse) e alle fasce deboli (imprenditoria giovanile e femminile, microimprese, in particolare nelle regioni del Sud) soprattutto con l'obiettivo di compensare l'elevata avversione al rischio da parte degli istituti di credito.

Gli aiuti alle imprese di settori specifici legati alla ricerca e allo sviluppo, erogati dalla maggior parte delle regioni in entrambi i gruppi, risultano appropriati e coerenti con la strategia di Lisbona, che incentiva investimenti in aziende di tecnologia avanzata soprattutto in periodi di crisi. In controtendenza rispetto al dato nazionale dove rappresentavano quasi la metà delle risorse previste dal piano anticrisi del governo, le misure volte a sostenere il funzionamento del mercato del lavoro ammontavano a circa il 10-12% dei pacchetti discrezionali delle regioni. Dall'analisi degli interventi concretamente assunti, si evince come gli stessi possano collocarsi lungo due filoni ideali: l'uno dato dalle misure di sostegno al reddito, l'altro da azioni che invece vorrebbero puntare a un sostegno all'occupazione (e/o all'occupabilità).

Da una parte quindi troviamo tutte le misure legate agli ammortizzatori in deroga, cioè a quegli strumenti di sostegno concessi in via straordinaria a lavoratori (sospesi temporaneamente o che abbiano perso il posto di lavoro) che secondo la legislazione ordinaria non potrebbero usufruirne, ma anche le misure di integrazione al reddito utilizzate nei confronti di lavoratori già beneficiari di qualche forma di ammortizzatore sociale. Queste tipologie di interventi impegnano nell'azione delle Regioni risorse di non poco rilievo. Dall'esame degli interventi adottati dalle Regioni nel biennio 2009-2010 si capisce come una quota significativa delle risorse destinata proprio agli interventi di sostegno al reddito, abbiano prodotto l'effetto di aumentare ulteriormente la differenza interna rispetto al quadro nazionale degli ammortizzatori sociali. Compaiono innanzi tutto le misure rivolte a integrare gli ammortizzatori sociali previsti a livello nazionale, quindi quelle dirette a sostenere la posizione di soggetti normalmente non percettori di forme di sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro (quali i lavoratori che abbiano cessato la prestazione resa con contratti a progetto) Passando agli interventi più direttamente orientati a sostenere l'occupazione (e/o occupabilità) delle persone, l'iniziativa regionale si è ovviamente indirizzata dapprima verso molteplici forme di incentivazione economica alle assunzioni da parte delle imprese, variamente disegnate e finalizzate alla riassunzione di disoccupati e/o all'impiego di soggetti a forte rischio di esclusione/marginalizzazione nel mercato del lavoro; d'altra parte, l'obiettivo dell'inclusione lavorativa dei soggetti svantaggiati, della stabilizzazione del lavoro flessibile e dello stimolo alle nuove assunzioni è variamente ribadito nelle diverse leggi regionali di riferimento Un altro filone, infine, che viene talora valorizzato a livello regionale nei diversi piani anticrisi è quello del sostegno, dal lato dei lavoratori, alla formazione di alto livello (si veda, ad esempio, il riconoscimento di incentivi per la frequenza di dottorati di ricerca nel Piano anticrisi della Regione Puglia, i c.d. Bollenti Spiriti) e, dal lato delle imprese, ai processi di innovazione con l'adozione di misure destinate alla promozione di attività di ricerca e di trasferimento tecnologico, o alle iniziative imprenditoriali nel settore emergente della green economy. Nell'analisi delle misure anticrisi messe in atto dalle Regioni vanno, poi, considerati anche gli accordi quadro siglati tra le Regioni e le Parti sociali per dare attuazione alle misure che il legislatore nazionale ha previsto per fronteggiare la crisi economica in atto.

Anch'essi si caratterizzano per il coinvolgimento e l'importante ruolo svolto dalle Regioni, alle quali si aggiungono le Parti sociali, nell'individuazione delle diverse regolamentazioni sul tema, a seconda delle esigenze verificate e delle risorse finanziarie disponibili negli ambiti di riferimento. Va ricordato che, a seguito degli interventi legislativi, succedutisi negli ultimi anni, estensivi degli ammortizzatori sociali in favore di alcune categorie di lavoratori precedentemente escluse (apprendisti, somministrati, collaboratori a progetto), si è reso necessario il reperimento di risorse aggiuntive, rispetto a quelle derivanti dal bilancio dello Stato, da destinare agli ammortizzatori sociali.

Da qui il coinvolgimento delle Regioni mediante la destinazione di una parte delle risorse erogate dal Fondo Sociale Europeo per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga. Si chiarisce, infatti, nell'accordo tra il governo e le Regioni, stipulato nel 2009, che il sistema degli ammortizzatori sociali in deroga costituisce uno sforzo congiunto tra Stato e Regioni collegato all'eccezionalità dell'attuale situazione economica. Inoltre, nell'accordo sono stati demandati ad appositi accordi quadro stipulati dalle singole Regioni, d'intesa con le parti sociali, l'individuazione dei lavoratori destinatari dei trattamenti, l'utilizzo temporale degli ammortizzatori sociali e il riparto delle risorse tra le situazioni di crisi occupazionale. L'Accordo del 2009 ha previsto che una parte del Fondo sociale europeo impegnato in ciascuna Regione (o Provincia autonoma) per il 2009 e 2010 potesse essere utilizzato per forme di sostegno al reddito dei lavoratori in Cassa integrazione in deroga, sia pure collegando la misura a interventi di politica attiva del lavoro (quali quelli in materia di orientamento, formazione, accompagnamento), da svilupparsi anche con un coinvolgimento dei servizi per l'impiego.

Questa opportunità è stata prontamente colta dalle Regioni, che hanno messo in campo una variegata serie di interventi a sostegno dei lavoratori, cercando nel contempo di allargare la platea dei destinatari contro gli effetti della crisi. In attuazione del predetto accordo, la Provincia di Bolzano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle D'Aosta e Veneto hanno siglato con le Parti sociali degli accordi quadro finalizzati alla gestione degli ammortizzatori sociali in deroga, riproducendo in molti casi le previsioni normative. Di fatto, pressoché tutte le Regioni e Province Autonome hanno esteso gli ammortizzatori all'insieme dei lavoratori subordinati, a tempo determinato o indeterminato, ivi compresi i soci lavoratori di cooperative, purché con il rapporto di lavoro subordinato, gli apprendisti, i lavoratori somministrati, i lavoratori a domicilio.

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L'impatto della crisi sui mercati del lavoro: l'Italia e i divari territoriali

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Informazioni tesi

  Autore: Giacomo Corradini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze della politica
  Relatore: Marcello  Signorelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 131

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