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L'incapacità naturale

Il pregiudizio e la malafede

Come abbiamo avuto modo di vedere, il primo comma dell'art. 428 c.c. invalida gli atti compiuti dall'incapace e che gli abbiano arrecato un "grave pregiudizio", mentre il secondo comma dispone che per l'annullamento dei contratti è necessario che, per il pregiudizio che sia derivato o che possa derivare all'incapace, oppure per la qualità del contratto o altrimenti, risulti la "malafede" dell'altro contraente.
Con il termine "malafede" si intende, ai nostri fini, unicamente la consapevolezza che il contraente abbia della menomazione dell'altro nella sfera intellettiva o volitiva.
Discusso, invece, risulta essere in dottrina ed in giurisprudenza il significato concreto e la portata del "pregiudizio", principalmente con riferimento alla sua natura: se solo patrimoniale, oppure anche morale e personale. Dalla più o meno ampia interpretazione che si farà del concetto di pregiudizio, deriverà infatti una maggiore o minore estensione della tutela applicabile all'incapace naturale.
Vi è da dire che la dottrina maggioritaria identifica comunque il pregiudizio nell'area del contenuto patrimoniale o, al più, economico, tanto che "la salvaguardia offerta all'incapace sembra trovare il suo fondamento ed il suo limite nel presupposto che questo risulti in qualche modo danneggiato a causa dei suo stessi atti".
Seppure anche conseguenze negative impattanti la sfera sociale, personale e familiare dell'incapace vengono in rilevo e sono tenute in conto, specialmente con riferimento ad alcune peculiari fattispecie di atti compiuti dall'incapace, quali le dimissioni del lavoratore dipendente.
Tra i giuristi non manca neppure chi suggerisce di verificare la natura del pregiudizio con specifico riferimento al contenuto dell'atto impugnabile, in modo da poterlo riferire ad un danno economico o patrimoniale, piuttosto che morale, sociale, familiare, sulla base della circostanza che l'atto abbia contenuto patrimoniale oppure di altro tipo.
Una interessante chiosa è stata poi riservata all'aggettivazione utilizzata nel primo comma dell'art. 428 c.c., che specifica in maniera singolare come il pregiudizio debba essere "grave", al fine di poter attivare il rimedio della impugnazione dell'atto annullabile. In effetti, "anche se la tendenza a conservare l'efficacia del negozio giuridico, e quindi a convertire la nullità in annullabilità, merita approvazione pur dove in deroga al sistema […], tuttavia può parere eccessivo aver stabilito come ulteriore requisito per l'annullabilità il "grave" pregiudizio derivante dal negozio al suo autore. Perché è chiaro che, se un negozio gli reca un danno "non grave", è soluzione discutibile che questo danno debba rimanere senza riparazione sol perché non è "grave"".
La particolare formulazione dell'art. 428 c.c., ne ha consentito una doppia esegesi, dividendo di fatto la dottrina e la giurisprudenza tra coloro che sostengono che il requisito del grave pregiudizio, previsto al primo comma, sia necessariamente applicabile anche alla materia contrattuale (secondo comma), e coloro che invece sostengono l'autonomia del primo e del secondo comma, per cui la malafede sarebbe il solo requisito necessario per la materia contrattuale, assumendo ovviamente come sottintesa la incapacità del soggetto.
In altre parole, si tratta di stabilire se il requisito del "grave pregiudizio" indicato nel primo comma sia applicabile all'intera massa negoziale, e quindi anche ai negozi contrattuali, oppure sia riferibile solo ed esclusivamente agli atti unilaterali compiuti dal soggetto incapace. […]

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L'incapacità naturale

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Informazioni tesi

  Autore: Domenico Perrone
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2013-14
  Università: Libera Università Mediterranea "Jean Monnet"
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Giampiero Dinacci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 93

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Parole chiave

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vizi del consenso
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l'incapacità naturale
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