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Albi illustrati e stereotipi di genere nella scuola dell'infanzia

Femminilità e mascolinità nelle rappresentazioni degli alunni della scuola dell'infanzia

Al fine di verificare l’idea che sin dalla primissima infanzia sia evidente nelle bambine e nei bambini il risultato delle attese, delle influenze, delle credenze culturali che comportano in loro un adeguamento ai ruoli di genere socialmente determinati, Martina Cecchi ha condotto nel 2007 l’indagine “Stereotipi ruolizzanti e costruzione dell’identità di genere in una scuola dell’infanzia e primaria”, con l’intento appunto di valutare come le rappresentazioni, unitamente a stereotipi e aspettative sociali, incidano nel percorso di formazione della personalità dei bambini e delle bambine.
L’indagine di tipo qualitativo ha coinvolto, attraverso la rilevazione di conversazioni spontanee e colloqui condotti dalle ricercatrici, gli alunni iscritti all’ultimo anno di una scuola dell’infanzia, dell’età quindi di circa 5 anni; ciò che si è cercato di comprendere è la percezione che le bambine ed i bambini hanno di se stessi e se e quanto avvertano una diversità fra maschio e femmina, questo attraverso la rilevazione del loro pensiero e delle loro percezioni in merito a ciò che significa essere maschio o femmina e in merito alle eventuali differenze che riscontrano tra i due generi.
Sono quindi state poste due domande, “Io sono maschio/femmina perché…” e “Essere uomo/donna significa…”. Cecchi osserva che nella maggior parte dei casi bambini e bambine hanno risposto alla domanda “Io sono maschio/femmina perché…” elencando peculiarità maschili o femminili che altro non sono che differenze di atteggiamenti tra i due generi. Nella loro mente quasi automaticamente, probabilmente inconsapevolmente, quando si è chiesto loro perché sono maschi o femmine si è delineato un paragone con l’altro sesso, la propria identità è stata descritta tramite l’essere differente da un altro soggetto di genere opposto: “Io sono maschio perché non porto la gonna e la canottiera con il pizzo e non gioco con le bambole”.
Per quanto riguarda invece la domanda “Essere uomo/donna significa…” è interessante notare che bambine e bambini spesso hanno risposto chiamando in causa l’attività lavorativa: mentre “Essere uomo significa lavorare per la propria famiglia”, il lavoro femminile è stato interpretato come diverso, ricondotto ai lavori della domesticità dal momento che “Essere uomo significa non occuparsi delle cose di casa tipo non lavare i piatti”.
Nel corso dei colloqui è ritornata più volte, soprattutto tra le bambine, la tematica dell’abbigliamento e della diversità estetica tra uomini e donne: gli uomini “si mettono le cravatte” e “hanno i capelli corti”, mentre le donne “si mettono gli stivaletti col tacco” e a loro “non piacciono le rughe, mentre i maschi se ne fregano”. Centrale il tema del colore: a partire dal grembiule, rosa per le femmine e azzurro per i maschi, i bambini e le bambine hanno notato una diversità nelle mode maschili e femminili attribuendola per lo più ai differenti gusti di maschi e femmine, arrivando però persino ad affermare che “i maschi non possono mettere il grembiule rosa sennò diventano donne”; l’accoppiata “colori chiari-femmine” e “colori scuri-maschi” arriva addirittura ad influenzare i loro comportamenti, per esempio i maschi hanno dichiarato di non utilizzare lo scivolo giallo e rosa perché è “da femmine” attendendo che si liberi quello azzurro.
Altro tema importante è quello relativo al gioco ed ai giocattoli: nei pensieri di bambini e bambine un maschio non può giocare con la bambola, ma “se è un bambolo sì”, mentre “le femmine giocano a mamma e figlia e i maschi vogliono disturbare e giocano con i robot”.
È emersa infine anche l’attività sportiva, che nelle rappresentazioni dei bambini e delle bambine è figurata come una prerogativa per lo più maschile, e comunque come uno dei principali ambiti in cui perdurano differenziazioni in base al genere: essere uomo per esempio significherebbe “non andare a danza” così come essere donna “fare sport diversi, cioè la femmina non fa calcio”, sino ad arrivare ad affermare che “i maschi hanno le gambe più atletiche, le femmine meno atletiche, i maschi hanno i muscoli duri e le femmine molli”.
In definitiva l’indagine condotta da Cecchi è un chiaro esempio di quanto le rappresentazioni riguardanti il maschile ed il femminile dei più piccoli riflettano la tendenza diffusa nella cultura occidentale ad evidenziare le differenze, piuttosto che le similarità, riscontrabili tra i due generi, ma soprattutto di quanto finora sostenuto nel presente lavoro a proposito della forza e della precocità con le quali gli stereotipi di genere influenzino opinioni, comportamenti e scelte di bambine e bambini.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Albi illustrati e stereotipi di genere nella scuola dell'infanzia

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Informazioni tesi

  Autore: Erica Ippolito
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scuola di psicologia e scienze della formazione
  Corso: Scienze della Formazione Primaria
  Relatore: Elena Pacetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 108

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Parole chiave

identità di genere
sessismo
stereotipi di genere
scuola dell'infanzia
libri per l'infanzia
pedagogia di genere
socializzazione di genere
educazione al genere
albi illustrati
modelli di genere paritari

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