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I miti fondatori nell'iconografia monetale magnogreca: il caso di Taranto e Crotone

Caratteri generali della monetazione magnogreca

La comparsa della moneta in Magna Grecia è pressoché contemporanea alla madrepatria: le prime zecche attive sono quelle achee di Metaponto, Sibari, e Crotone, probabilmente poco dopo la metà del VI secolo a.C., subito seguite da Caulonia e Poseidonia. La moneta magnogreca presenta, tuttavia, caratteri di spiccata autonomia rispetto ai modelli originari. Le più antiche emissioni della Magna Grecia adottano infatti, fin dall'inizio, un tondello più largo, sottile e schiacciato, ed una particolarissima tecnica, l'incuso (dal latino in-cudere, "incavare mediante battitura"), che permette di ottenere, sul rovescio della moneta, la riproduzione in negativo del tipo in rilievo sul diritto, operazione che richiedeva una notevole precisione nell'allineamento dei due conii.
Le città che utilizzano l'incuso sono Sibari, Metaponto e Crotone, seguite da Caulonia, Poseidonia e, per un periodo più limitato, Taranto. I motivi che indussero la scelta di una tecnica così complessa ed originale sono stati oggetto di un vivace dibattito, tuttora aperto. Si è così giunti ad elaborare, nel corso del tempo, le ipotesi più svariate, tra cui l'attribuzione dell'invenzione al filosofo e matematico Pitagora, emigrato da Samo a Crotone ed in seguito a Metaponto, ma l'interpretazione più credibile rimane il desiderio, da parte delle poleis, di ostentare autonomia rispetto alla madrepatria, e di sottolineare così l'appartenenza ad una comune area di circolazione. Sibari, Metaponto, Crotone e Caulonia sono infatti, lo si è detto, colonie achee, ed, in quanto tali, adottano il medesimo sistema ponderale "acheo", successivamente scelto anche da Poseidonia e da Taranto: uno statere di circa g 8,00, diviso in tre dramme di g 2,70 circa, ripreso, ma con una leggera diminuzione ponderale, dall'"euboico-corinzio" di rispettivamente g 8,70 e g 2,90. I rapporti commerciali dell'area achea con la città di Corinto sono infatti frequenti e molto intensi, già dall'VIII secolo a.C.: ad attestarli, il rinvenimento di numerosi vasetti per profumo, prodotto di lusso tipicamente corinzio, particolarmente ricercato.
Le prime zecche attive in Magna Grecia, lo si è visto, sono quelle di Sibari, Metaponto e Crotone, che iniziano a batter moneta quasi contemporaneamente: lo si è dedotto da affinità tecniche e stilistiche, e da un volume di emissioni quasi equivalente. Secondo Stazio, l'adozione della moneta nelle tre città è in qualche modo legata alla guerra che queste poleis intraprendono contro Siris (550 a.C.): egli chiama in causa le esigenze finanziarie del conflitto, oppure il bottino conquistato grazie ad esso.
Per quanto riguarda la cronologia, la documentazione è molto scarsa; l'unico riferimento certo e preciso è rappresentato da un terminus ante quem: la distruzione di Sibari nel 510 a.C. da parte di Crotone, con la conseguente cessazione delle emissioni di queste città.
Secondo C.M. Kraay, all'avvenimento sono da ricondurre altre conseguenze: l'adozione di un tondello di dimensioni ridotte da parte di Crotone, Metaponto e Caulonia, e l'inizio della monetazione incusa a Taranto. La cronologia delle prime emissioni monetali tarentine è in realtà un problema alquanto complesso, che si avrà modo di analizzare nel capitolo ad esse dedicato.
Il passaggio dalla monetazione incusa alla tecnica del doppio rilievo è graduale e si realizza nel corso della seconda metà del V secolo a.C.: secondo Kraay, nel 475 a.C. circa a Caulonia, nel 470 a Poseidonia, nel 450-440 a.C. a Crotone e a Metaponto.
La serie di Metaponto è senza dubbio la più accurata, stilisticamente e tecnicamente parlando. Le emissioni sono abbondanti come quelle di Sibari, ed, al pari di queste ultime, presentano un uso diffuso di frazioni, in particolare di dramme ed oboli, poco attestato, non solo nel resto della Magna Grecia, ma anche in Grecia ed Asia Minore, almeno per questo periodo più arcaico. Ciò sarebbe in accordo con la prosperità delle due poleis, soprattutto di Sibari, e con l'ipotetico sviluppo di dinamiche economiche più articolate.
Le emissioni di Crotone sono invece caratterizzate da una ridotta presenza di frazioni, il che farebbe pensare ad una struttura economica meno complessa.
Per quanto riguarda, invece, le scelte tipologiche, le poleis della Magna Grecia e della Sicilia presentano, al pari della madrepatria, un contenuto essenzialmente religioso: divinità protettrici, i loro simboli od attributi, ma anche culti locali, quali eroi fondatori, personificazioni di fiumi, ninfe.
Nelle monete greche dell'Italia meridionale è inoltre particolarmente frequente la presenza di elementi ambientali, raffigurati con grande cura e precisione, a riflettere l'incanto dei Greci di fronte ad una natura così rigogliosa: cereali, frutti, piante, fiori, adottati non solo come simboli aggiuntivi, ma anche come veri e propri parasema delle città; esemplare è a tal proposito la spiga di Metaponto.
La tipologia iconografica, che per esigenze di riconoscibilità rimane quasi sempre la stessa, presenta a ben vedere una forte variabilità, soprattutto nei dettagli: simboli sussidiari, piccoli oggetti, segni, combinazioni di lettere. La composizione dello spazio monetale è volutamente studiata ed attentamente curata, alla ricerca di un effetto artistico. Significativo è, a tal proposito, il bordo esterno della moneta, che può essere molto elaborato: da semplice linee circolari a linee ondulate, da una corona di punti incorniciata da due linee, ad un motivo a spina di pesce.
Un naturale estro creativo, associato ad un alto livello tecnico: queste le doti che hanno permesso ai Greci di realizzare tipologie iconografiche fisse ed allo stesso tempo "ingeniously varied".

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I miti fondatori nell'iconografia monetale magnogreca: il caso di Taranto e Crotone

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Bracci
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Conservazione dei Beni Culturali
  Corso: Scienze dei beni culturali
  Relatore: Anna Rita Parente
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 130

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archeologia classica
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